Si infrangono gli idoli... Si aprono i "discorsi"

Tra gli ectoplasmi degli economisti, intellettuali e opinionisti di una non meglio qualificata "Sinistra critica" si riscopre "la dinamica della crisi già vista in anticipo da Marx", e si chiedono (ma qui Marx c'entra come i soliti cavoli a merenda) "strategie industriali non soffocate dal breve periodo e nuove regole democratiche per il governo delle imprese". Per chi sperava in qualche ravvedimento... programmatico, oltre la conservazione riveduta e corretta del capitalismo, è servito.

Ma non basta. Il Manifesto, patrocinando tale critica costruttiva e prendendo atto degli sconvolgimenti finanziari internazionali, si spinge fino a citazioni del vecchio Marx: "Il capitale industriale è l'unico modo di essere del capitale in cui la sua funzione non sia soltanto l'appropriazione di plusvalore, rispettivamente di plusprodotto, ma contemporaneamente la sua creazione. (...) Il processo di produzione appare invece soltanto come un termine medio inevitabile, come un male necessario per far denaro. Ma tutte le Nazioni a produzione capitalistica vengono colte periodicamente da una vertigine nella quale vogliono far denaro senza la mediazione del processo di produzione". E bravi! Noi lo andiamo ripetendo da decenni di fronte all'apparente e mistificante autonomizzazione del capitale, laddove i suoi fantasiosi processi di autovalorizzazione sembrano diventati l'elemento essenziale. L'illusione del denaro che produce denaro; il capitale come un potere sociale estraniato, che si pone di fronte e contro la società. Un mostro animato che per sopravvivere deve come un vampiro "impregnarsi costantemente di lavoro vivo come anima". (Marx) Venendogli meno questa linfa per lui vitale, a causa delle contraddizioni insite nel suo processo di accumulazione, le sue ali si appesantiscono, il respiro sempre più affannoso. Il comunismo, cari signori, non sarà quindi un "rilancio" del capitale industriale (e dello sfruttamento della forza-lavoro) bensì la completa negazione del capitalismo, modo di produzione e distribuzione, e di tutte le categorie economiche che lo caratterizzano. Ma questo, ancora una volta, è esattamente il contrario dei desideri e delle illusioni che i "discorsi" del Manifesto inseguono, capovolgendo la critica dell'economia politica di Marx e spacciandola per una pezza d'appoggio alle loro divagazioni ideologiche attorno a cure ricostituenti per la "creazione" di plusvalore. Approdando al nostalgico richiamo di una maggiore attenzione al processo di produzione più che a quello della circolazione; invocando "l'etica e la cultura della responsabilità", con un mercato regolamentato da giusti rapporti di scambio dopo che i contrasti fra capitale e lavoro siano stati addomesticati per garantire finalmente sviluppo economico ed equità sociale. Insomma, ci si chiede nelle sedute spiritiche coi fantasmi del riformismo, perché non si dovrebbe creare (ecco a che serve il capitale e il comando dei suoi gestori!) prima il necessario plusvalore per farlo poi, con un controllo etico, circolare sui mercati finanziari come sostegno al capitale industriale e mai a suo discapito?

E qui sorge un'altra dubbiosa domanda: ingenui, stupidi o forcaioli?

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.