All'Atesia passa la legge 30. Anche grazie alla CGIL

Da co. co. co. a progetto ma la musica è la stessa

L'opposizione alla legge 30 (o legge Biagi), quella che, come tutti sanno, estende la precarietà più selvaggia e di fatto legittima le peggiori forme di lavoro nero, era - ed è - il cavallo di battaglia della "nuova" CGIL, di un sindacato, cioè, che avrebbe ritrovato la propria identità e quindi il ruolo di intransigente difensore degli interessi dei lavoratori. In realtà, si è sempre trattato di un grosso equivoco o, meglio, di uno specchietto per le allodole, una trappola tesa dal sindacato in questione, da settori consistenti della sinistra "per bene" e relativi organi di stampa, in cui sono caduti in molti. Il rifiuto da parte di Epifani di firmare il Patto per l'Italia - sottoscritto invece da CISL e UIL - di cui la legge Biagi è una pietra angolare, rispondeva semplicemente a ragioni strumentali, non certo a ragioni di principio. In pratica, non si respingeva - né si respinge - la logica di fondo, che consiste nell'adeguare il più velocemente possibile l'uso della forza-lavoro alle mutevoli esigenze delle aziende, operanti in un'epoca in cui l'incertezza e la concorrenza più aspra dominano i mercati, ma ne contestava solamente le forme in cui prende corpo e, non da ultimo, chi la applica oggi, cioè lo schieramento politico attualmente al governo.

In breve, "l'opposizione" della CGIL è servita a rincuorare e a non disperdere (fino a un certo punto) quel "popolo di sinistra" pieno di insoddisfazione e disincanto nei confronti di un centro-sinistra scialbo e senza nerbo. Così almeno appariva e appare agli occhi di molti elettori di sinistra, quando, invece, la sua scarsissima grinta è data unicamente dal fatto che, nella sostanza, il centro-sinistra condivide la strategia politica anti-proletaria del centro-destra e non gli dispiace affatto che anche quest'ultimo faccia un po' di lavoro sporco sul "fronte del lavoro". Basta un minimo di informazione e di senso critico per capire che la legge 30 è lo sviluppo della legge Treu, così come "l'infinita" riforma pensionistica di Maroni (di Maroni?!) è la prosecuzione di quelle dei governi precedenti.

La CGIL, insomma, per ragioni di opportunità politica può aver cambiato un po' di pelo, ma il vizio le è rimasto tutto, il vizio di firmare accordi che, regolarmente, dietro le infiocchettature con cui i sindacalisti decorano il bidone, sono appunto un colossale bidone. Solo là dove, localmente, l'incendio operaio rischia di sfuggire al controllo dei pompieri sindacali, costoro si impegnano a "strappare" qualcosa in più della solita miseria, affinché il focolaio di lotta di classe sia isolato e spento, con gran sollievo di padroni e politicanti vari. Valga per tutti l'epilogo della lotta di Melfi, per il quale il padronato dovrebbe fare un monumento alla FIOM

Ma per tornare a CGIL e legge 30, l'accordo sottoscritto dai confederali (nessuno escluso) con la Telecom per il call-center Atesia di Roma (vedi il Manifesto 25-5-04), dimostra anche agli increduli che tutta questa opposizione alla legge non è poi così dura come ce la vogliono dare a bere.

All'Atesia sono impiegati oltre quattromila lavoratori, fino a ieri tutti co. co. co. - collaboratori coordinati continuativi - pagati quindi a cottimo e in balì a della precarietà più assoluta (niente ferie, malattia, pensione, ecc.). D'ora in avanti, invece, l'Atesia passa a un'altra società, la Cos (ma la Telecom rimane socio di minoranza), che rileverà circa il 70% del personale, il quale sarà in gran parte assunto come dipendente, e lo stesso vale per il restante 30% rimasto alla Telecom.

Tutto bene, dunque? Niente affatto, perché, in primo luogo, la "stabilizzazione" dei dipendenti procederà gradualmente e dopo le "necessarie verifiche" effettuate di anno in anno (campa cavallo...); intanto, tutto rimane com'è fino a dicembre. Secondariamente, i fissi - si fa per dire - saranno assunti secondo alcune delle tante modalità contrattuali previste dalla legge 30. In particolare, ai più giovani verranno applicati contratti da apprendista, ai meno giovani contratti di inserimento e di "somministrazione a tempo determinato", che prevedono salari decisamente più bassi del normale; ammesso che oggi si possa stabilire cosa sia normale nel mondo del lavoro. Terzo e ultimo, ben 1350 "collaboratori" della nuova Atesia si trasformeranno da co. co. co. in lavoratori "a progetto", le cui differenze sostanziali rispetto a prima sono ben poche; tra queste, un quanto mai vago impegno a dar loro la precedenza nel caso di assunzione a tempo indeterminato.

Come al solito, la CGIL, al pari degli altri sindacati, canta vittoria e si prepara a convincere i lavoratori del call-center di quanto sia vantaggioso il nuovo contratto, vantandosi anzi di aver piegato una "controparte" che avanzava soluzioni di gran lunga peggiori. È il solito gioco delle parti (tipo quello del poliziotto cattivo e del poliziotto buono), ed è probabile che questo accordo passerà, perché evidentemente ancora i lavoratori non riescono a vedere alternative concrete ai pifferai sindacali, anche se gli ultimi - finora sporadici - episodi di lotta ci dicono che la classe operaia sta dando qualche segno di insofferenza e verso la musica e verso i suonatori.

cb

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.