Marcos a Città del Messico - Sempre avanti... verso Rousseau

Chi credeva di aver trovato nel "sub-comandante" Marcos, nel neo-zapatismo e nell'Esercito zapatista di liberazione nazionale la nuova forma dell'antagonismo e della lotta alle moderne forme del capitalismo impropriamente chiamate neo-liberismo deve essere rimasto piuttosto deluso dal momento culminante della Marcia su Città del Messico. Nonostante fosse accompagnato da folte delegazioni di suoi ammiratori nel mondo, che alla sua "lotta" hanno ispirato il proprio essere contro... il neo-liberismo, l'EZLN ha concluso la marcia dalla Selva Lacandona a Città del Messico dichiarando finita l'epoca delle rivoluzioni e celebrando la consolidata possibilità di sedere al tavolo delle trattative col governo messicano.

Trattative per che cosa? Per il riconoscimento dei diritti delle comunità indigene. Che è un obiettivo civile rispettabilissimo, beninteso, anche se ci pare lontano le mille miglia da qualunque altro preteso... antagonismo. Le capacità mediatiche di Marcos sono state largamente premiate: squadrette e squadroni di antagonisti nel mondo hanno marciato insieme a lui verso Città del Messico per la costruzione del tavolo delle trattative, mentre pensavano alla rete mondiale contro la globalizzazione per fermare, o quantomeno ostacolare le possenti dinamiche del capitale.

Domanda intrigante: sono Marcos e l'EZLN uno dei nodi, fra l'altro dei più grossi e visibili, di quella "rete anti-globalizzazione" infiltrato nei giochi istituzionali di uno stato multietnico, come articolazione della strategia che dovrebbe cambiare il mondo, oppure è quella rete di protestatari che si è messa al servizio di una manovra politica di una formazione "nazionalista" nello stato del Messico. Che fra l'altro dichiara finita l'epoca delle rivoluzioni? La risposta per noi è scontata (1).

Ma vale la pena osservare il bagaglio ideologico di Marcos e della sua manovra.

Ci soccorre, per la sintesi, la intervista che Gabriel Garcia Marquez ha fatto a Marcos a Città del messico e che è stata pubblicata da La Repubblica del 25 marzo, significativamente titolata Marcos "Addio alle armi". Condotta con la perizia letteraria del grande scrittore colombiano, l'intervista spazia dalla originalità della lotta zapatista ai suoi obiettivi, dai contenuti ideologici ai caratteri di quella personalità per cui gli stalinisti di sempre hanno creato un nuovo culto. Ma ecco quanto vi si legge:

Il mondo e la società messicana nel concreto, è composta da diversi. Tra questi diversi bisogna costruire una relazione sulla base della tolleranza e del rispetto. Queste cose non le ha mai dette nessuna organizzazione politico-militare degli anni 1960 e 1970.

Leggere questo e sentirsi ributtati alla fine del '700, a Rousseau e al suo Contratto sociale è tutt'uno. Possibile che tanto modernismo, tanto sforzo di superamento dei limiti della guerriglia degli anni 1960 e 1970 non generi altro che un ritorno all'illuminismo borghese del 1700? Si è possibilissimo, anzi è normale. Le nuove forme dell'antagonismo del e attraverso il terzo settore, non sono forse un ritorno all'utopismo cooperativistico, pre-marxista e di pochissimo posteriore all'illuminismo classico? L'ideologia borghese ha già dato tutto quel che poteva dare, la vera novità è impossibile; al più si torna all'antico, tanto antico da essere stato dimenticato (così sembra nuovo).

Ma perché siamo tanto cattivi da parlare di ideologia borghese, per Marcos come per le Tute Bianche filo zapatista? Perché l'ideologia borghese, nelle sue più disparate forme, è l'ideologia dominante alla quale sola può opporsi la scienza (non ideologia!) della 'critica dell'economia politica' e in fondo della rivoluzione proletaria. Certo, esistono zone grigie, dai caratteri non univocamente definibili, ma quella roba lì sta tutta nella ideologia borghese, tant'è che ne ricalca le espressioni, seppure antiche. Un ultima notazione, forzata dalla lettura della suddetta intervista, è relativa alla sproporzione... dei sostegni di solidarietà. In una ipotetica gara per chi più riceve solidarietà dandone meno, vince con gran distacco il sub-comandante, il quale dice a Gabriel Garcia Marquez:

In tutti i discorsi che abbiamo fatto durante la marcia abbiamo spiegato alla gente che non possiamo né dirigere, né appoggiare altre lotte. Sappiamo che in Messico ci sono molte ingiustizie, molte ferite, molte proteste ma noi siamo stati onesti. E abbiamo spiegato alla gente che non potevamo occuparci anche di queste. Siamo venuti per la legge degli indios.

In altri termini, un centinaio di Tute bianche - per quanto riguarda l'Italia - si sono ritenute in dovere di andare fino in Messico ad appoggiare Marcos nella sua marcia per la legge degli indios, nel corso della quale Marcos spiegava alla gente che non vuole e non può appoggiare altre lotte, non si dice, che so, a Napoli ma neppure in Messico! L'infatuazione per lo zapatismo e il sub-comandante dovrebbe cessare, non foss'altro che per questo sovrano non cale per le ingiustizie e le ferite in Messico. Ma non c'è da illudersi: il mito certamente in calo del neo-zapatismo e di Marcos segue una serie d'altri e ne precede un'altra. Stalin, Mao, HoChi Min, Castro, Guevara, Sandinisti, Zapatisti... Chi non riesce ad approdare e saldamente ancorarsi al materialismo storico, se lascia Dio, Cristo la Madonna e i Santi, deve pur darsi un salvatore della anima sua raminga e vuota.

mjr

(1) Per una analisi più completa del neo zapatismo nell'esperienza del Messico e del Chiapas, vedi "Messico, Chiapas e zapatismo" in Prometeo 14 V serie, dicembre 1997.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.