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Home ›Una panoramica sul manager Marchionne e sulla Fiat
In sintesi dalla stampa quotidiana, il Manifesto e il Giornale compresi...
I successi come manager internazionale del Signor Marchionne sono in stretta dipendenza con sviluppi e profitti della Chrysler. Nella fabbrica di Detroit si gioca in grande dopo un travagliato passato con minacce di fallimento poiché nessun imprenditore americano aveva sostituito la tedesca Daimler, produttrice della Mercedes Benz, ritiratasi nel 2007 perdendo miliardi di dollari. Marchionne ha afferrato al volo, a titolo gratuito, la fabbrica con l’aggiunta di una dotazione del 20% delle azioni e la possibilità di acquisire prima il 35% e poi la maggioranza del pacchetto azionario (ora detenuto dal sindacato dell'auto), una volta ripagato il debito di oltre sette miliardi di dollari ai governi americano e canadese.
Il “rilancio”, dunque, come obiettivo: nel 2010 la Chrysler ha prodotto circa un milione di auto (e veicoli leggeri). Marchionne ora parla di arrivare a 2.800.000 entro il 2014 e con l’ulteriore obiettivo di un sei milioni di unità fissato per l'alleanza Fiat-Chrysler. Il ruolo della Fiat in Italia appare del tutto complementare a fronte dei risultati, fatti e non parole, che il governo Usa si aspetta. Nel disegno strategico di Marchionne, il ramo più importante del gruppo è quello brasiliano, dove la Fiat è il produttore numero uno, precedendo Volkswagen e General Motors. Per la fabbrica di Betim alla periferia di Belo Horizonte, che è una delle più grandi fabbriche automobilistiche del mondo, la Fiat ha stanziato investimenti per un aumento della capacità produttiva fino a un milione di unità. Un'altra fabbrica sarà costruita nello Stato di Pernambuco per 200 mila unità. Un primato - sul mercato brasiliano - da un milione e duecento mila auto (il doppio di quelle costruite nel 2010 in Italia) con la Chrysler a capofila dell'alleanza con Fiat.
Se i due terzi del piano produttivo sono affidati alla Chrysler e al ramo brasiliano della Fiat, all'Europa spetta un ruolo di supporto con diverse variabili. Per la Polonia si parla di una produzione di 600.000 unità a Tychy. Il "progetto Serbia" (l’accordo col governo serbo conferisce i due terzi della proprietà a Fiat e un terzo allo Stato) prevede a regime la produzione di 200.000 unità negli stabilimenti ristrutturati della vecchia Zastava. Altre 100.000 unità sono in produzione a Bursa in Turchia. Ciò che rimane del grande progetto "globale" Chrysler-Fiat (a partire dalle 600.000 unità attuali, ma l'Alfa Romeo dovrebbe passare alla Volkswagen) potrà essere distribuito fra gli stabilimenti italiani, circostanze e convenienze permettendo. Molto probabilmente (piano degli investimenti in Italia, se ci sei batti un colpo!) della vecchia Fiat italiana rimarrà ben poco; la sua marginalizzazione è abbastanza evidente. La globalizzazione del capitale indubbiamente fa le sue vittime, anche se al momento Toyota, Volkswagen, Ford e Gm, Psa e Renault non seguono le strategie di Marchionne, col risultato che - rispetto al milione di auto Fiat vendute sul mercato europeo - i francesi hanno venduto tre milioni e i tedeschi sei milioni. Ultimo “cioccolatino”: gli analisti internazionali (fra cui Barclay’s) prevedono per il 2011 perdite Fiat in Italia per 874 milioni di euro. Traslocando in Serbia o in Polonia si potrebbe avere invece un aumento del 40% del valore del titolo in Borsa (e naturalmente un allettante aumento del “reddito” di Marchionne…)
Quanto alla concorrenza in costi del lavoro, alla Volkswagen il salario lordo di base degli operai della linea di montaggio sarebbe di 2.700 euro al mese; quello degli operai della manutenzione di 3.300-3.500 euro. (dati del Sole-24 Ore). Euforici i Sindacati tedeschi che occupano anche il 50 per cento dei seggi del Consiglio di sorveglianza (come in tutte le grandi imprese tedesche), dove si discutono strategie e investimenti dell’impresa. Molto meno lo sono gli operai. Quanto al “modello” americano scelto da Marchionne (con gli operai in condizioni da schiavitù moderna e… democratica), lo stesso sembra aver messo in ginocchio l'Afl-Cio, il “fu” potente sindacato americano e oggi ridotto all'8% di iscritti nel settore privato. Merita un accenno fra tagli, sacrifici e schiavizzazioni delle condizioni di lavoro - uno sguardo alla “busta paga” che il capitale elargisce al bravo Marchionne. Confrontando il suo “reddito” con la paga dell’operaio Fiat, debitamente torchiato e imbrigliato come animale da soma, e conteggiando nel compenso privilegiato anche le stock option, il reddito di Marchionne nel 2011 potrebbe toccare i 100 milioni di euro. Più di quello di 6.400 operai degli stabilimenti Fiat. Sono ben 276.600 euro al giorno, domeniche comprese. Indignati - ma non tanto… - si dichiarano alcuni reggigoda, in abiti antagonistici-riformistici, del capitalismo. Con i meccanismi e gli automatismi dei bonus e delle stock option (ah, perversità dell’animo umano! piange qualcuno…) si moltiplicano i “redditi” legandoli a determinati (e ben manipolati) parametri e obiettivi di bilancio, andamenti dei titoli e quant’altro.
C’è persino, fra gli stipendiati del capitale, qualcuno che finge di protestare (probabilmente per farsi “ritoccare” la mancia): ci vorrebbe “un limite”: che diamine, non si può esagerare - leggiamo nientemeno che sul Giornale berlusconiano - se non altro per motivi… filosofici e valori… etici e, in seconda battuta, per il… buon funzionamento dell’impresa e del mercato evitando il pericolo di creare distorsioni! E col timore - non espresso pubblicamente - che qualcuno delle “caste inferiori” non perda la testa e butti giù dal piedestallo quella superiore casta di manager e finanzieri che si crogiolano su montagne di ricchezza, dettando legge o versando ipocrite lacrime sulle condizioni di vita di milioni di esseri umani.
DCPS. A proposito di “redditi”, abbiamo letto che quelli di Matteo Renzi, sindaco di Firenze e “bimbo promessa” della “sinistra” sarebbero parecchio cresciuti in cinque anni. Nel 2003 il futuro sindaco dichiarava un reddito di 14 mila euro. La dichiarazione 2008 saliva già a 80 mila euro (97 mila euro nel 2006). Dai dati patrimoniali il giovane Renzi risulta inoltre proprietario al 50% di un fabbricato a uso abitativo, di un fondo commerciale e di un garage. Infine un pacchetto di 200 azioni privilegiate Fiat (valore circa mille euro). Onore al merito e benvenuto nella “casta” superiore!
La “sinistra più a sinistra della… sinistra costituzionale” intanto si agita per “salvare l’economia del Paese e il futuro industriale dell’Italia” che potrebbe essere… roseo unicamente “con un intervento diretto dello Stato, sotto il controllo diretto dei lavoratori”… Sono obiettivi strategici – come la nazionalizzazione della Fiat -- lanciati da “rivoluzionari” di stampo trotschista (Falce e Martello), ma non solo. Tutti più o meno preoccupati dal fatto che nel mondo si producano 90 milioni di auto ma se ne vendano solo 60 milioni.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #02
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