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Algeria
La sponda meridionale del Mediterraneo sta vivendo settimane di scontri e lotte in tutti i principali Paesi. La fuga del presidente della Tunisia è solo l’esempio più vistoso di come il peggioramento delle condizioni di vita del proletariato nordafricano stia portando a rivolte sempre più frequenti ed intense. Ad Algeri il 4 gennaio scorso, più di 900 portuali sono scesi in sciopero ad oltranza. Il loro intento è proseguire nella loro azione di lotta fino alla piena soddisfazione delle loro rivendicazioni che vanno contro le nuove misure definite di compensazione e di riorganizzazione degli esuberi. Che è solo un eufemismo per nascondere il vero obiettivo: licenziare.
Il numero di lavoratori impegnati per nave è già stato ridotto da 12 a 10 ma questo è solo l’inizio. Lo sciopero ha paralizzato una buona parte del porto con il traffico commerciale letteralmente sconvolto. Il sindacato aziendale UGTA che, all’insaputa dei lavoratori, aveva siglato l’accordo sugli esuberi ha immediatamente sconfessato lo sciopero. Il presidente del sindacato Halim Boukezoula ha infatti dichiarato che per la sua organizzazione l’accordo siglato è irrinunciabile. Solo in un secondo momento, vedendo l’alta partecipazione e la determinazione degli scioperanti, il sindacato si è attivato ma solo per trovare un accordo tra direzione e manifestanti. Il piano contro cui si muovono i portuali di Algeri è incentrato su una maggiore “flessibilità” della forza lavoro, ad esempio prevede lo scambio degli straordinari con ore di riposo. È certo poi che molti dei 360 lavoratori con funzioni di manutentori il cui contratto viene rinnovato annualmente saranno lasciati a casa alla fine di questo periodo. Il 7 gennaio i lavoratori in lotta hanno rilasciato una dichiarazione in cui affermano chiaramente di non avere alcuna fiducia nel sindacato.
È chiaro come l’attività di mediazione del sindacato sia a favore degli interessi padronali. Come sempre nelle lotte che tendono a difendere realmente gli interessi del proletariato il primo scontro è proprio tra questa escrescenza burocratica ed i lavoratori che riprendono in mano la difesa delle loro condizioni di vita senza più affidarsi al meccanismo della delega sindacale.
TomFrancia
Mercoledì 12 gennaio hanno avuto inizio una serie di scioperi nei principali porti francesi. Promotore dello sciopero è stata la CGT che intende contrastare la politica delle organizzazioni padronali che mirano ad una forte riduzione del personale del settore portuale. A turno secondo il tipo di lavoro, prima gli scaricatori, poi i manutentori tutti i lavoratori hanno bloccato a turno l’attività delle banchine nella gran parte dei principali porti. L’obiettivo immediato della CGT è quello di far riaprire al governo il tavolo delle trattative che dopo due anni si era arenato senza esito. A Fos sul mediterraneo l’attività degli scali merci è stata totalmente paralizzata. Nel nord a le Havre è stata totalmente bloccata l’attività del porto containers. Anche e Rouen il porto fluviale a nord di Parigi il traffico merci e container è stato completamente bloccato. Navi bloccate cariche di merci anche a Saint-Nazaire sull’Atlantico. La lotta dei portuali si è fatta particolarmente accesa a Marsiglia dove i lavoratori dei bacini Est hanno bloccato le porte di accesso al porto. Il blocco che non doveva toccare il traffico passeggeri ha creato, per scelta delle compagnie di navigazione, però anche disagi su questo fronte ed alcune navi sono state dirottate sulla vicina Tolone.
Non è un caso che il settore portuale in tutta Europa sia fortemente colpito dalla crisi e dalle conseguenti ristrutturazioni. Negli ultimi vent’anni, grazie anche ad un economia in crisi sempre più lanciata verso il contenimento del costo del lavoro la delocalizzazione delle attività produttive ha portato ad un enorme sviluppo dei traffici commerciali.
Da due anni a questa parte l’aggravarsi della crisi ha da un lato ridimensionato il volume delle merci scambiate e dall’altro imposto un ulteriore contenimento dei costi dei trasporti che si sta concretizzando con licenziamenti e peggioramenti continui delle condizioni di lavoro dei portuali.
TomGrecia
Sciopero dei lavoratori dei trasporti. Tutto il mese di gennaio è stato costellato da scioperi e proteste in Grecia: hanno cominciato il 13 i lavoratori del trasporto pubblico urbano con uno sciopero di 24 ore per protestare contro i piani del governo per la ristrutturazione del trasporto pubblico. Il giorno dello sciopero, in cui Atene è rimasta paralizzata dal traffico, il governo del PASOK, il partito socialista greco, ha approvato una legge che sancisce la concentrazione di compagnie di trasporto urbano, alza le tariffe dei biglietti in alcuni casi del 40%, stabilisce dei tetti salariali e riduce il personale di 1500 unità trasferendolo o ricollocandolo. Sul trasporto pubblico grava un deficit di centinaia di milioni di euro che si allarga ogni anno. Il disegno del governo dovrebbe diventare legge ufficiale il mese prossimo.
Le misure di austerità decise dal governo dopo la concessione da parte di Unione Europea e Fondo Internazionale di un prestito di centodieci miliardi di euro hanno fatto altre vittime: il 10 febbraio saranno in sciopero i dipendenti pubblici e persino nel mondo delle professioni si sta avviando una mobilitazione: architetti, avvocati e farmacisti, categorie fin qui meno colpite, sono entrate in conflitto con il governo negli ultimi mesi per le misure approvate di deregolamentazione dei rispettivi settori. Farmacisti e avvocati hanno cominciato uno sciopero di tre giorni a rotazione. Un’altra categoria in procinto di mobilitarsi è quella dei ferrovieri
Intanto i dati macroeconomici indicano una forte tendenza all’aumento del tasso di disoccupazione e, nonostante la riduzione del passivo di bilancio, un aumento del rapporto tra debito e pil che potrebbe arrivare nel 2011 al 150% del PIL, se non si interviene prima con azioni di ristrutturazione del debito.
MBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #02
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