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Home ›Il capitalismo è nudo: non copriamo le sue vergogne
Costretti a “votare” le imposizioni e i ricatti del capitale o a diminuirsi il salario per non perdere il lavoro, gli operai sono sotto il tiro incrociato di “imprenditori” e “banchieri”. La crisi - strutturale e non “finanziaria” come i borghesi pretendono - colpisce da ogni parte la classe operaia e il proletariato in generale.
Ma qualcosa in più va detto oltre alle denunce delle “aggressioni” alla Fiat e in centinaia di grandi, medie, piccole aziende e cooperative; oltre alla solidarietà con le lotte in corso ed oltre ai vaghi appelli e richiami “riformistici”. Occorre una seria analisi del presente stato di cose, per elaborare un piano di obiettivi al di là di lacci e laccioli sia democratici che dittatoriali. Una linea, un programma che ci dia certezza e forza per uscire da questa valle di “sacrifici e insicurezza” e che si contrapponga a “disponibilità e impegni necessari per rispondere agli stimoli del mercato”… (come recitano i mass-media).
C’è chi dice che la colpa della crisi sarebbe del “potere economico e politico liberista”: ma non sono i governi, e le loro politiche, i reali responsabili delle nostre intollerabili condizioni di lavoro e di vita, illudendosi che basterebbe cambiare gli uni e le altre per risolvere tutto. La verità è che si stanno allargando davanti a noi le contraddizioni violente, le crisi e catastrofi che il capitalismo cova dentro di sé.
Non c’è un “padronato” meno parassitario, aggressivo, arrogante e reazionario. In qualunque forma (privata o con “nazionalizzazioni” magari gestire… dagli operai!) il capitale vive solo strappando quanto più profitto sia possibile dallo sfruttamento della forza-lavoro. Ciò lo costringe a ricercare il massimo sviluppo della produttività, a spese di una progressiva degradazione del lavoratore, l’esaurimento delle sue forze vitali e una riduzione dei salari e della manodopera impiegata.
È una pericolosa illusione credere che il capitalismo arrivi al suicidio piegandosi al rispetto della “dignità” e “stabilità” del lavoro… salariato. Dunque, lottiamo per difenderci, per non precipitare sempre più in basso. Ma questo solo come condizione indispensabile per passare noi all’attacco, per la conquista di un modo di produrre e distribuire unicamente sociale, grazie a quella potenzialità scientifica e tecnologica che fin da oggi ci consentirebbe di lavorare tutti per poche ore soddisfacendo i bisogni nostri e dell’intera umanità. E non per sviluppare questo marcio sistema e aumentare i “consumi” di merci spesso inutili pagate col denaro di magri salari o sussidi di integrazione!
Occorre andare oltre obiettivi che da decenni ci imprigionano nella conservazione di un sistema che altro non può darci che miseria, sacrifici e distruzioni (il fantasma della guerra incombe sul mondo intero). Le “riconquiste” di cui qualcuno ci parla, a base di maggior reddito (ma noi conosciamo solo il salario col quale il capitale ci schiavizza!), di pensioni (i giovani non ne avranno più!), sanità (a pagamento!), trasporti (privati!) e - dulcis in fundo - paradisiaci diritti politici, sociali e sindacali (per il bene “economico” del Paese e del Capitale!), servono solo a tenerci buoni, a non superare certi limiti, continuando a farci pagare la crisi del capitalismo senza mai colpire chi la provoca inginocchiato sugli altari del dio profitto.
Il potere economico e politico soffoca sempre più la conflittualità di classe, “democraticamente” (come a Mirafiori!) o violentemente; reprime la disperazione e la rabbia proletaria, manovrata da pratiche sindacali impotenti persino a una minima difesa delle nostre già pessime condizioni, con partiti di falsa sinistra pronti a collaborare proprio per quello “sviluppo” del capitale che ci sta strangolando.
Perché la nostra “difesa” sia efficace, occorrono lotte organizzate dal basso, con scioperi non preavvisati un mese prima e non limitati per settori e aziende isolate. L’unità e la solidarietà nella lotta sono fra le nostre armi migliori. Ma soprattutto per non disperdere forze e impegni occorre la presenza attiva e la guida di una organizzazione politica al servizio esclusivo dei nostri interessi di classe sfruttata e oppressa; per indirizzarci verso un superamento radicale della società borghese e del suo regime economico, per la conquista del potere politico necessario al proletariato per la sua totale emancipazione.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #02
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