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Home ›La guerra delle telecomunicazioni
La guerra per la conquista di Telecom da parte di Olivetti/Tecnost dimostra in modo inequivocabile che la sbandierata libera concorrenza è solo un concetto puramente astratto, privo di contenuto concreto. Nel campo di battaglia delle telecomunicazioni si fronteggiano infatti gli eserciti del grande capitale finanziario che per mesi ha segretamente tessuto le alleanze ed elaborato le strategie che hanno portato alla attuale situazione di scontro aperto.
In difesa della Telecom è schierato un blocco compatto di società finanziarie, bancarie e assicurative composto tra l'altro dalla Cariplo, dall'Imi-San Paolo, dall'Ifi-Ifil, dal Credito Italiano, dal Monte dei Paschi, dalla Credit Swisse, dalla Comit, dalla Banca d'Italia ecc. Sul fronte opposto figurano invece oltre alla Olivetti con le suoi intricati intrecci societari la Bell, la Fingruppo, la Chase Manhattan, la Donaldson, la Lehman Brothers, la Unipol, la Falk, Interbanca e Mediobanca.
Di fronte a tale potenza di fuoco il governo, il ministero del tesoro, principale azionista di Telecom, e la stessa Consob non hanno potuto fare altro che stare a guardare lasciando sostanzialmente campo libero alla cordata capeggiata da Olivetti di tentare di impossessarsi di un gruppo altamente strategico nel campo della telefonia che a sua volta controlla altre società strategiche nel campo dell'informatica, telecomunicazioni come come Italtel (Telecom-Siemens Ag), Sirti e Finsiel.
Ma la battaglia per il controllo della Telecom è soprattutto uno dei tasselli del grande affare delle telecomunicazioni mondiali. In tutti i paesi avanzati, in questi mesi, si moltiplicano fusioni, alleanze accordi per conquistare fette sempre più vaste del mercato internazionale del settore.
Il colosso telefonico At&t per esempio, sta per acquistare la rete di televisione via cavo Tci e contemporaneamente sta per concludere un patto globale con British Telecom, la Vodafone di recente, ha assorbito l' operatore di telefonia cellulare Airtouch e infine, proprio in Italia sta entrando sul mercato Wind, il terzo gestore di telefonia mobile, gia presente nella telefonia fissa e secondo provider italiano di Internet in concorrenza diretta con Telecom, Tim, Omnitel, Infostrada.
Comunque finisca la guerra, chi ne pagherà il conto saranno però ancora una volta i lavoratori. Se Olivetti riuscirà ad impossessarsi di Telecom venderà Omnitel e Infostrada e chiuderà la Op computer licenziando più o meno direttamente 1200 dipendenti, poi avvierà un processo di ristrutturazione in Telecom per far fronte ai debiti. Se invece vincerà Telecom, rischieranno il posto di lavoro i dipendenti dellaItaltel, Finsiel, Sirti, Meie e Emsa. Inoltre in Olivetti ci saranno pesanti ricadute come già avvenne all'indomani del fallimento della scalata alla Societé Générale de Belgique.
In questo quadro risultano del tutto ridicoli gli appelli di Rifondazione e dei sindacati che chiedono trasparenza, piani di sviluppo e salvaguardia dei livelli occupazionali ben sapendo che l'unica certezza che il capitale è disposto a dare è quella dei licenziamenti e dello sfruttamento sempre più intenso. Proprio le telecomunicazioni sono infatti all'avanguardia nella sperimentazione di forme di sfruttamento estremamente raffinate grazie tra l'altro agli accordi e contratti sottoscritti dal sindacato. Nelle principali società del settore, il lavoro operaio è ormai completamente affidato a ditte esterne, più o meno grandi, legate esclusivamente alle commesse della casa madre. Dalla Telecom è nata per esempio Atesia, una società creata in origine per effettuare ricerche di mercato che progressivamente ha allargato le proprie attività e oggi ha settanta-ottanta dipendenti diretti e mille operatori con partita Iva. Questi lavoratori formalmente autonomi, affittano dall'azienda la postazione (telefono e computer) e lavorano in proprio, nei locali della società committente e sono pagati in base al numero di telefonate effettuate dietro presentazione di fattura a fine mese. In questo modo l'azienda risparmia salari, contributi previdenziali, ferie, liquidazione ecc. Ma Atesia non è l'unico caso, c'è per esempio la Datel, società legata al contratto d'area di Crotone che dal punto di vista societario non è un'emanazione di Telecom, visto che l'ex monopolista pubblico vi ha solo una piccola quota ma lavora per Tim, ha circa 250 dipendenti assunti alle condizioni previste dal contratto d'area, nettamente inferiori a quelle del contratto nazionale delle telecomunicazioni. Una delle attività dei lavoratori Datel è lo smistamento di tutta la corrispondenza scritta che gli utenti spediscono alla Tim.
Nella stessa Tim intanto le nuove assunzioni sono tutte a termine e a tempo parziale mentre nella sede di Roma, al servizio 119, lavorano circa 120 lavoratori interinali.
Ma ormai in tutta la Telecom dipendenti dei servizi alla clientela sono per la maggior parte lavoratori a tempo parziale e per arrotondare i bassi salari sono costretti a fare lo straordinario. Un part time prende circa 900.000 lire al mese, con lo straordinario arriva a un milione e quattro, un full time prende circa un milione e sette. È questo il modello organizzativo flessibile caratteristico del terziario e della grande distribuzione che rapidamente si sta espandendo ad altri settori: l'azienda crea una rete di società che utilizza in modo flessibile portando fuori parte della produzione o di servizi, tagliando drasticamente i costi e costringendo i lavoratori spesso ex dipendenti, per campare, ad autosfruttarsi all'inverosimile. I profitti si moltiplicano e non c'è neppure il fastidio di ricorrere ai licenziamenti in caso di crisi.
LPBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 1999
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