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Dall'operaio massa all'intellettualità diffusa. I teorici dell'Autonomia nelle secche del soggettivismo
Da qualche tempo nel variegato e confuso arcipelago dell'Autonomia circolano documenti ed interventi vari che riprendono e, per quanto sia possibile, sviluppano le elucubrazioni del nuovo pensiero economico, la scuola del "Capitalismo Cognitivo", il cui maggior esponente è sicuramente Lorenzo Cillario, autore del libro "L'economia degli spettri" pubblicato lo scorso anno dal Manifesto. Anche da una lettura superficiale dei documenti che circolano in rete si percepisce la sensazione di trovarsi di fronte ad nuovo e malcelato attacco alle basi teoriche del marxismo rivoluzionario; un nuovo assalto alla critica dell'economia politica ed un totale stravolgimento della concezione materialistica e dialettica che la sottintendono. Alla continua ricerca dei nuovi soggetti rivoluzionari, i nipotini di Toni Negri hanno finalmente individuato nell'intellettualità di massa i propri referenti sociali. Dall'operaio massa all'intellettualità massa nel segno della continuità dell'azione mistificante e riformistica dell'Autonomia. Come per incanto per la nuova Autonomia nell'epoca del postfordismo la classe operaia è completamente scomparsa lasciando il posto ad una sorta di magma sociale definito intellettualità diffusa.
L'idea "rivoluzionaria" intorno alla quale ruota tutta l'analisi dei nostri teorici dell'Autonomia è che nell'epoca del postfordismo il lavoro non può essere più considerato l'unica fonte del valore. Dopo 130 anni il Capitale di Marx ha trovato i propri becchini. Con l'arroganza tipica degli ignoranti i nuovi teorici dell'Autonomia pensano di mettere definitivamente in soffitta Marx liquidando in quattro e quattrotto la teoria del valore-lavoro intorno alla quale il vecchio Karl ha imperniato tutta la critica alla società capitalistica. Diamo la parola direttamente ad uno dei nostri Autonomi che nel documento "l'inadeguatezza del tempo come strumento di misura della produzione" testualmente scrive: "è invece definitivamente tramontata la possibilità di utilizzare il tempo di lavoro come strumento di misura del plusvalore" ed ancora "nello specifico, per quanto riguarda il lavoro materiale, ossia il meccanico sfruttamento muscolare di forza lavoro, con l'estensione della produzione dai confini della fabbrica ad una complessa rete produttiva relazionale, i fattori e le variabili da considerare per calcolare quella quantità di valore aggiunto (plusvalore) contenuto in ogni singola merce sono tali che rendono impossibile determinare con precisione la quantità di tempo di lavoro che ogni singolo lavoratore utilizza per ripagare se stesso e quella che costituisce il guadagno del capitalismo (pluslavoro). Invece, per ciò che riguarda il lavoro immateriale, ossia lo sfruttamento dei cervelli della moderna forza lavoro (intellettualità di massa), è evidente l'impossibilità di utilizzare il tempo come strumento di misura del plusvalore. Come è possibile quantificare la produttività di un'idea usando il tempo come unità di misura?" In altri termini lo sfruttamento capitalistico non nasce all'interno della fabbrica attraverso l'estorsione di plusvalore, che si concretizza in lavoro non retribuito, ma come per magia il proletariato contribuisce a valorizzare il capitale soltanto per il fatto di pensare. L'"idea", per quanto geniale possa essere, in realtà non ha alcun valore da un punto di vista economico se questa non trova un'applicazione pratica nel mondo della produzione.
Sostituire il tempo di lavoro socialmente necessario a produrre una merce inteso come strumento di misurazione del valore, significa non solo allontanarsi dal marxismo ma anche approdare alle stesse conclusioni soggettivistiche della scuola marginalista. Il capitalismo non sfrutta oggettivamente il lavoro del proletariato, attraverso il mancato pagamento di una parte della giornata lavorativa, ma è il singolo individuo che si identifica nell'intellettualità di massa a percepire soggettivamente lo sfruttamento del capitale. Uno sfruttamento che nasce dal semplice fatto che l'individuo è in grado di pensare al proprio sfruttamento. Ci troviamo di fronte ad una sorta di soggettivismo di "sinistra" ma pur sempre soggettivismo. Come per i marginalisti non era il lavoro del proletariato a determinare il valore di una merce, ma questo era determinato soggettivamente dal bisogno di ogni singolo individuo, per i teorici del "Capitalismo cognitivo" e per i nostri Autonomi, lo sfruttamento non nasce dal lavoro non retribuito ma dalla percezione soggettiva di questo sfruttamento.
Già Hilferding, in polemica con le concezioni soggettivistiche di Bohm-Bawerk, sottolineava come "il lavoro è il principio del valore, e la legge del valore è una realtà perché il lavoro è il legame sociale che tiene insieme la società scomposta nei suoi atomi, è non perché sia il fatto tecnicamente più rilevante". Abbandonare la teoria del valore-lavoro per affermare che le relazioni sociali, l'intellettualità diffusa, il sapere collettivo siano le nuove linfe dello sfruttamento capitalistico, significa inevitabilmente approdare a concezioni soggettivistiche che in termini politici si traducono in tradimento degli interessi di classe del proletariato. Se il capitale è in grado di autovalorizzarsi senza entrare in relazione con la forza-lavoro, vuol dire che il proletariato è diventato di colpo una classe superflua e che quindi sia ipotizzabile un capitalismo senza classe operaia. Ma se scompare il proletariato, dissolvendosi nell'intellettualità di massa, anche la borghesia perde la sua ragion d'esistere; assistiamo ad una sorta di dominio del capitale e dello sfruttamento senza l'esistenza delle classi sociali. Il capitale si perpetua all'infinito senza temere lo scontro sociale con il proletariato. Quindi lunga vita al capitale purché dia all'intellettualità diffusa la possibilità di esprimere la propria socialità nei centri sociali e garantisca a tutti un reddito di cittadinanza, questo è quello che ci propongono i nostri Autonomi.
Ma appena alziamo gli occhi e osserviamo la dura realtà del capitale, ci si accorge che non solo le classi sociali esistono ancora, ma che gli attacchi della borghesia al mondo del lavoro si fanno sempre più intensi e che quest'intensità aumenta di pari passo con l'aggravarsi della crisi economica.
plBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 1999
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