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Home ›Il radical riformismo al lavoro - Sulla manifestazione di Bologna contro il finanziamento alla scuola privata
In merito alla manifestazione svoltasi a Bologna il 27 febbraio contro i finanziamenti alla scuola privata, si deve innanzi tutto osservare che anche la sinistra riformista si è ormai ampiamente adeguata all'andazzo dominante, secondo il quale i fatti non sono più quelli effettivamente accaduti, ma quelli interpretati - cioè distorti! - dai mezzi di informazione. In breve, i partecipanti al corteo, benché numerosi, erano decisamente lontani dai 50.000 strombazzati dal Manifesto.
Ciò che ci ha colpito è stata anche la relativamente scarsa presenza della componente studentesca, almeno paragonata alla posta in gioco, dato che gli studenti proletari hanno tutto da perdere dal salto di qualità progettato e parzialmente attuato dal governo in merito al finanziamento della sistema scolastico privato. È una nuova e scontata conferma del carattere superficiale, inconsistente e, perché no?, goliardico dei movimenti studenteschi di protesta che da qualche anno a questa parte, puntuali come l'influenza, agitano la scuola prima delle vacanze di Natale. Perché scontata? Perché, completamente separati da una prospettiva anticapitalistica, privi di ogni riferimento organizzativo di classe, al massimo si lasciano guidare dalle forze della socialdemocrazia se non dal qualunquismo più sfrenato, per cui, incapaci di comprendere le cause del "disagio", dopo qualche giorno di vana agitazione si dissolvono nel niente. Del resto, tutto questo è una faccia della più generale assenza della lotta di classe di parte proletaria.
Abbondante, invece, la presenza dei gruppi del radical-riformismo, com'è naturale, visto che una parte di essi avevano organizzato la manifestazione. Conseguentemente, dai volantini raccolti predomina la solita impostazione socialdemocratica e sindacalista, che non disdegna nemmeno di invocare il rispetto della Costituzione, mentre propone il solito inutile e dannoso attivismo ossia lo sciopero per lo sciopero, giusto per legittimarsi come "duri" di fronte ai lavoratori; uno sciopero a freddo, calato dall'alto - in perfetto stile confederale - su una categoria nel complesso passiva e addormentata. Questo sindacalismo in formato mignon, per es. l'Unicobas, mentre lamenta la sua esclusione dagli organi ufficiali del riformismo ossia dal Manifesto o da Liberazione, non perde l'occasione per fare un po' di marketing, distribuendo il modulo per delegare la scuola-padrone a riscuotere le trattenute sindacali dei propri (e futuri) aderenti: niente male, per chi, come gli anarchici animatori di quel sindacatino, vede nella delega la fonte di ogni disgrazia proletaria.
Oltre a queste brevi considerazioni c'è poco da aggiungere, se si esclude l'episodio, del tutto marginale, di tensione tra la polizia e un piccolo spezzone del corteo, il quale si è caratterizzato come la solita innocua processione socialdemocratica, allietata - si fa per dire - dal folklore del nuovo liberal-riformismo ossia le ormai famigerate Tute bianche. Insomma, le uniche voci coerentemente rivoluzionarie erano le nostre e quelle dei giovani compagni dei GLP (ma ciò era ampiamente prevedibile...). Di seguito pubblichiamo il testo del volantino distribuito nel corso della manifestazione.
Laicismo o lotta di classe?*
Il fatto che il governo abbia respinto la legge della regione Emilia R. sul finanziamento alle scuole private non significa proprio nulla: si tratta solo di una momentanea battuta d'arresto di un processo in corso che punta a rivoltare come un guanto la scuola pubblica. I motivi? Da una parte, la Chiesa che chiede ancora più soldi (molti di più dei tanti che da sempre riceve) per tamponare il forte calo delle iscrizioni nei suoi istituti; dall'altra, l'esigenza del padronato di utilizzare al meglio ogni organo del suo stato per non disperdere, anzi, aumentare la quota di ricchezza rapinata ai lavoratori salariati. Sono le leggi spietate della crisi capitalistica che lo esigono e non la "cattiveria" di questo o quel governo, tant'è vero che, di destra o di "sinistra", tutti i governi perseguono la stessa politica ferocemente antioperaia. In breve, lo smantellamento della scuola pubblica rientra nel più generale attacco al cosiddetto stato sociale ossia al salario differito, essendo pre-pagato dalle trattenute in busta paga e dalle tasse, sistematicamente evase, invece, dalla borghesia.
L'autonomia scolastica, che trasforma la scuola in una specie di azienda, i numerosi accordi a livello nazionale e regionale promossi da ministero P.I. sul cosiddetto sistema formativo integrato (tra presidi - associazioni padronali - enti pubblici e religiosi - sindacati) tendono a mettere le scuole a completa disposizione delle imprese, da tutti i punti di vista. Cominciando dalla gestione della forza-lavoro. Gli accordi del luglio '93, il Patto per il lavoro del '96, la legge Treu '97 sull'occupazione giovanile e, ultimo, il Patto sociale del dicembre '98 - le tappe principali della catastrofe proletaria - prevedono esplicitamente che le imprese si occupino dell'istruzione tecnico-professionale, per es., attraverso gli stages e l'apprendistato, finanziato, per di più, dallo stato.
Il tutto, ovviamente, con il concorso determinante del sindacalismo confederale, il quale, mentre si prepara a cogestire il nuovo sistema "formativo" (ma in parte è già una realtà) ha fatto e fa ingoiare aumenti salariali ridicoli, il taglio di oltre centomila posti di lavoro, l'aumento dello straordinario, l'ulteriore precarietà dei supplenti e, non ultimo, il divieto, nei fatti, di scioperare "legalmente". Insomma, se è il padrone che bastona, è il sindacato che lega le mani ai lavoratori.
E i cosiddetti sindacatini antagonisti? Smorte ombre di (vere) lotte che furono, si ergono a estremi difensori della Costituzione borghese, invocando democrazia e laicismo, quando la vera posta in gioco è, appunto, un'ulteriore messa a punto dei meccanismi di sfruttamento e oppressione della forza-lavoro, occupata, disoccupata e precaria.
Per questo, mentre riconosciamo la natura comunque di classe della scuola statale, respingiamo ogni forma di intervento che miri a rimodellare con i soldi dei proletari la scuola della borghesia, laica o religiosa, pubblica o privata.
Lanciamo dunque un appello alle componenti proletarie della scuola (studenti proletari, personale non docente, docenti e precari che vivono con il solo stipendio della scuola) affinché si liberino da tutte le vecchie incrostazioni corporative e interclassiste dominanti, ritrovando la coscienza di essere parte di un'unica classe comprendente tutti coloro che vivono di salario, una classe che solo se lotta unita può strappare qualche vittoria, seppure parziale e temporanea, e che solo con il rovesciamento rivoluzionario del capitalismo si potrà definitivamente liberare.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 1999
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