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Home ›Riassestamenti in atto, in campo socialdemocratico
Lo scontro Cossutta Bertinotti esprime la lacerazione delle anime socialdemocratiche
"Svolta o rottura” dice Bertinotti. “Spingiamo in ogni caso per la svolta” , “tiriamo la corda, ma senza romperla”, dice Cossutta. Nel momento in cui scriviamo la polemica si acuisce in modo spesso poco trasparente per la base.
Si è di fatto in presenza di due diversi modi di sentire la “politica di sinistra”. Vediamo cioè la espressione, qui conflittuale, delle due anime della socialdemocrazia: quella di governo dell’esistente e quella di opposizione rappresentativa degli oppressi dentro gli equilibri sociali e politici dati.
Normalmente, nella storia della società e della politica borghesi, queste due anime convivono felicemente: sia quando la socialdemocrazia è nel governo, sia quando aspira a entrarci. Senza tornare indietro nella storia, spesso complicata dal protagonismo della classe operaia (gli oppressi), e limitandoci alla storia repubblicana d’Italia, il “governo nazionale” di recente memoria vedeva il PCI nell’area di governo con la brillante auto-caratterizzazione di “partito di lotta e di governo”.
C’era evidentemente qualche margine per governare l’esistente, facendo finta in qualche modo di rappresentare gli interessi e la lotta degli “strati deboli” della società. La presa in giro era già al parossismo, ma funzionava.
Quel che è accaduto poi (accelerazione dello strappo dall’esperienza stalinista, implosione dell’Urss, e, soprattutto accelerazione della crisi di ciclo e restringimento degli spazi di mediazione fra capitale e lavoro) ha determinato una prima scissione delle due anime della socialdemocrazia: il Pds da una parte e Rifondazione dall’altra. Ma trattandosi sempre e comunque di socialdemocrazia, è inevitabile che ora anche in Rifondazione si ripresenti, con forza e tendenze scissionistiche, l’anima di governo, rappresentata al vertice da Cossutta.
In fondo già la scissione dei Comunisti Unitari era espressione di questo fenomeno di ri-emergenza, con la differenza che allora il partito era riuscito a presentarla come una operazione di “epurazione”, di cui soprattutto la “sinistra interna” andava fiera (vedi le dichiarazioni degli esponenti di quest’ala su Falce Martello), mentre Cossutta è un’altra cosa. a) È il fondatore; b) rappresenta la originaria maggioranza, c) è personaggio di primo piano della politica nazionale.
Perché questo confliggere delle anime, prima quietamente conviventi fin negli stessi individui (da Togliatti a Berlinguer)? È la dinamica del capitale a spingere l’una contro l’altra; è il fatto che gli spazi di mediazione sono annullati, cosicché stare al governo significa necessariamente attaccare direttamente, esplicitamente, brutalmente la classe operaia e gli strati deboli: saccheggiare il salario operaio a vantaggio del capitale, slegare il lavoro dipendente da qualunque regola d tutela, tagliare i servizi per spostare le entrate dello stato al pagamento del debito e quindi della rendita. E ciò è immediatamente contraddittorio, anche agli occhi più miopi, con la difesa dei lavoratori dipendenti e degli strati deboli della società. Chi preferisce continuare a rappresentarli (per finta, si intende) e rimanere nelle istituzioni come ben remunerato tribuno delle plebi (ed è il caso della probabile nuova maggioranza di Rifondazione) non può continuare a stare in area di governo senza perdere la sua caratteristica - e i voti che gli competono. Qui è il punto, infatti.
Bertinotti vorrebbe mantenere legati al voto (e, incidentalmente, al suo partito) quanti sono stati mazziati da questo governo, hanno percepito le mazzate e comunque hanno finora votato. “Rischiamo di allontanare dal confronto e dalla lotta democratica gli strati deboli e poveri della società” dice esplicitamente.
Cossutta, agitando lo spauracchio delle destre, preferisce continuare nell’appoggio all’Ulivo e magari entrare direttamente nel governo, difendendo il difendibile - cioè il nulla - a costo di abbattere tutte le resistenze attive in Italia al crollo della partecipazione elettorale, già ampiamente verificatosi in tutti gli altri paesi europei.
Cosa ha tenuto sinora le grandi masse di lavoratori e poveri legate come comparse nel teatrino delle elezioni? La pretesa forte rappresentanza degli oppressi da parte del PCI prima, del Pds e di Rifondazione poi. Ma già le ultime elezioni hanno fatto registrare un calo della partecipazione. Quel che è seguito nella società fa presagire il crollo, tantopiù se anche in Rifondazione prevale l’anima di governo.
In fondo, si può esprimere a chiacchiere quel che si vuole, ma essere nel governo significa spartirne le responsabilità e quando queste si fanno pesanti, anche agli occhi appannati dei poveri, assorbiti dalle fatiche e dagli stenti della vita, diventa difficile strapparli alle difficoltà del quotidiano per elevarli all’altezza del voto... al governo.
Non sappiamo come andrà a finire, anche perché le possibilità sono molteplici e fortemente connesse alle soggettività degli attori.
Fra le possibilità c’è anche la rottura di Rifondazione in due spezzoni, uno con Cossutta in area di governo e su una parabola che lo riconduce al ricompattamento col Pds; l’altro con Bertinotti che a quel punto, accentuerebbe la “attenzione” al “movimento”. E quest’ultimo ha già fatto i suoi passi in piena autonomia per ricostruire “un nuovo soggetto comunista”. L’ala di lotta della socialdemocrazia si è già scissa da Rifondazione (i fuoriusciti toscani) e si è federata con un’ala del neo-sindacalismo (Slai-Cobas) in quella Confederazione di comunisti/e autorganizzati/e che aspira a costituirsi proprio a nuova-Rifondazione per occupare lo spazio politico che la Rifondazione di Cossutta tende ad abbandonare.
Non è un caso che sia confluiti nella Confederazione gli stalinisti di Nuova Unità e del circolo Pietro Secchia di Roma. Lontanissimi da ogni impostazione e critica marxista della formazione sociale, più espressione di sopravvivenze che di rinnovate capacità di analisi, sono tutti accomunati dal permanente obiettivo socialdemocratico: rappresentare qualcosa all’interno di istituzioni che per l’interesse di classe proletaria occorre invece abbattere.
Ci rendiamo conto benissimo che qui sta l’altro grande problema, al quale peraltro la dialettica materialistica dà risposta. Il “problema” è che le masse sfruttate e oppresse cercano (e votano) quella rappresentanza molto più di quanto badano al proprio interesse storico.
L’inversione di tendenza, e il corrispondente aprirsi delle possibilità rivoluzionarie, si ha nei momenti eccezionali e di svolta della storia, da preparare e ai quali prepararsi da parte dei pochi, che riescono a vedere oltre gli steccati imposti dalla formazione sociale borghese.
Resta il fatto che stando all’interno di quegli steccati, facendo politica nel senso proprio del termine (noi facciamo non politica, ma milizia rivoluzionaria), nulla si fa contro lo stato presente e, nella migliore delle ipotesi, si resta inerti di fronte agli attacchi crescenti del capitale.
La socialdemocrazia, nelle sue diverse sue anime in tutti gli aspetti, partitici o confederali che siano, rimane “dentro” e si rende complice.
m.jrBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-settembre 1998
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