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Home ›L'amara conclusione della vicenda Ansaldo
Come i Sindacati e certi alternativi guidano la protesta operaia secondo gli interessi del capitale
Da quando, nel 1991, l'Ansaldo iniziò una massiccia operazione di alleggerimento delle proprie maestranze, tutti gli accordi recano in calce le firme della Direzione e dei Sindacati Fim, Fiom e Uilm. Nel solo stabilimento di Legnano furono espulsi 1.570 lavoratori; in seguito, nel 1997, 980 operai finirono a zero ore, mentre altri 115 restavano in fabbrica per i servizi generali ma trasferiti alle dipendenze della ditta Manital. Sempre con l'approvazione del Sindacato.
Il più recente piano di ristrutturazione prevedeva altri 2.050 esuberi, di cui 1.200 nella ex Franco Tosi di Legnano, fabbrica assorbita nel '90. Scioperi, blocchi stradali e ferroviari furono organizzati dai Sindacati reclamando ristrutturazioni, sì, ma con "soluzioni non traumatiche". Ovvero, avanti con prudenza, prendendo in giro fino all'ultimo gli esuberi, quasi tutti in età matura per lo sfruttamento capitalistico. Tant'è che, siglati da accordi con le RSU di Legnano, sono proseguiti gli stillicidi di centinaia di operai a zero ore, prepensionamenti e chiusure alterne dei reparti. Contemporaneamente venivano vendute, per un loro miglior sfruttamento, alcune produzioni e servizi aziendali già in fase di smantellamento (turbine industriali, carpenteria, manutenzioni, sistemi informativi e tecnici).
Durante le ultime trattative fra azienda e Sindacato si approdava a 1.145 esuberi più 620 congiunturali; poi tutto si bloccava sulla distinzione, per alcune centinaia di operai, fra eccedenze strutturali e congiunturali.
Il fronte sindacale e politico che ha guidato la protesta operaia ha sfoggiato le consuete posizioni social-opportunistiche, recriminando sulla subalternità del capitale nazionale verso quello estero e sul processo di privatizzazione: meglio sarebbe uno sfruttamento statale, un piano energetico nazionale, nuovi modelli di sviluppo, intelligenti politiche industriali e altre trovate dello stesso tipo. Fra gli alternativi, si è fatto notare lo Slai-Cobas invocando "maggiore democrazia" (a parole) nelle assemblee, per poi (nei fatti, volenti o nolenti) subire la Cassa Integrazione Straordinaria, scelta da padroni e Sindacati per ...cause di forza maggiore. Tutti uniti, insomma, nella "lotta dura", ma contro le privatizzazioni e in favore delle statizzazioni (o viceversa, quando lo Stato imprenditore va in fallimento). Tutti uniti, ma nel reclamare piani alternativi per essere competitivi sul mercato, suggerendo consigli agli industriali perché facciano meglio il loro mestiere!
C'è persino chi, dietro l'etichetta leninista, chiede "la sperimentazione di una riduzione degli orari di lavoro" e rimprovera i lavoratori perché non si pongono "coscientemente nella dimensione internazionale della lotta operaia"...
Con simili atteggiamenti, l'ideologia e la politica borghese in seno al proletariato non corrono alcun pericolo, trovando sempre chi è pronto a mascherarle con un demagogico sinistrismo per ingannare la classe operaia e svendere i suoi veri interessi a un nemico dal doppio volto, privato o statale, nazionale o europeo. Accusando poi di "indifferentismo o settarismo" chi - come noi - lotta coi lavoratori non per diffondere altre illusioni, falsi obbiettivi e irrealizzabili proposte, ma per affermare in tutte le occasioni ciò che gli altri si guardano bene dal chiarire fra i proletari. I comunisti non sono contro le rivendicazioni, anche minime; sono sempre per la lotta in difesa dei salari e dei posti di lavoro. Ma chiaramente e contemporaneamente denunciano la provvisorietà e parzialità dei risultati che si possono strappare ai capitalisti.
Il capitalismo è in crisi e non può concedere più nulla; può soltanto togliere. Non esistono altri spazi di mediazione, di delega, di ipotetici nuovi poteri contrattuali gestiti da nuovi "organi di classe" delegittimanti l'attuale potere dei Sindacati, organi dichiarati della conservazione capitalistica. Non è possibile contrastare gli attacchi del capitale e il collaborazionismo sindacale senza smascherare la logica delle compatibilità capitalistiche, senza mostrare l'impossibile conciliazione degli opposti interessi presenti nella società borghese. Questo va detto, salvo accodarsi a Rifondazione che, anche lei, vorrebbe il riconoscimento legittimo dello scontro sociale per meglio controllarlo e dosarlo quale indispensabile "sale della democrazia"!
Ecco infine l'accordo che ha concluso l'ultima riprese delle trattative con l'intervento del ministro del lavoro, negli stabilimenti Ansaldo di Legnano, Genova e Gioia del Colle. Sono confermate 800 eccedenze strutturali (operai espulsi definitivamente dalle aziende); 895 eccedenze congiunturali (rientro assicurato fra 2 anni).
Questa "conclusione positiva" viene approvata con soddisfazione da tutti, Rifondazione in testa: "il prezzo pagato è forse ancora troppo alto", ma ne vale la pena perché un accordo con l'Enel "apre spiragli per un rilancio dell'Ansaldo sul mercato" (Liberazione, 19/7). Inoltre la Finmeccanica ricapitalizzerà con 890 miliardi l'Ansaldo energia, cercando di attirare acquirenti o collaboratori privati.
Riorganizzazione ed efficienza: è la politica industriale del capitale che i Sindacati appoggiano convinti di presidiare il mercato. "Per salvare l'azienda e per darle una prospettiva bisogna pagare un prezzo in termini di esuberi", sentenzia il signor Ferrara, segretario Fiom. Ed è cos'ì, aggiunge l'amministratore delegato dell'Ansaldo, che "si affronta la riorganizzazione e il rilancio dell'azienda".
Un'altra conferma della critica e della azione che i comunisti devono condurre fra i proletari.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio-settembre 1998
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