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Home ›La lotta dei minatori delle Asturie
Erano stati duramente respinti l'altro ieri, 6 giugno, ricacciati dentro Ciñera de Gordón, piccola località a metà strada circa tra Oviedo e Leòn. La Guardia Civil spagnola era arrivata in forze per sgomberare un blocco stradale organizzato sull'autostrada N-630 da martedì scorso, nei pressi del paesino incastrato tra i monti asturiani, fra Oviedo e León. Ma la risposta dei minatori non si è fatta attendere. Imbracciati nuovamente gli scudi e sostenuti dagli abitanti del paese, sono partiti all'assalto della Guardia Civil che si era piazzata fuori dal centro urbano della località. Dopo essersi macchiati di pesantissime azioni repressive, con inseguimenti folli all'interno di centri abitati, una vera e propria caccia all'uomo, le forze dell'ordine borghese hanno deciso infine di andarsene a causa della resistenza a tutto campo, sia nell'autostrada che ai bordi del paese. La loro fuga è stata festeggiata con un lungo applauso della popolazione locale che ha espresso così solidarietà e vicinanza a questo gruppo di minatori, di lavoratori, di proletari in lotta.
La grande forza di questi lavoratori, rispetto alla quasi totale inazione del proletariato spagnolo non deve, però, stupire. Questi lavoratori sono gli ultimi esponenti di una lunga e antica tradizione di lotta di classe la cui massima espressione si ebbe nel 1934, data che, seppur per un breve periodo, fece tremare i pilastri dell'ordine capitalistico iberico. L'evento chiave, ricordiamo, esplose nelle Asturie all’alba del 5 ottobre del 1934. Qui il proletariato più cosciente, rappresentato dai minatori (alcuni fortemente sindacalizzati) si ribellò al governo formatosi a Madrid; ma la rivolta non era contro determinate forze politiche, era contro lo stesso sistema capitalista, tant'è che nella breve vita dell’esperienza asturiana tentarono di dare vita a una nuova organizzazione economica e sociale. Esperienza che, purtroppo, e per forza di cose, non ebbe alcun reale seguito, subendo una durissima repressione.
Ma torniamo ai fatti. Nelle scorse settimane i lavoratori delle miniere di carbone e di altri settori presi di mira dai tagli draconiani del governo Rajoy (che rientra nel piano di austerity propinatoci dal capitale) hanno scioperato, organizzato cortei locali e blocchi stradali, alcuni di loro si sono rinchiusi nei pozzi, scontrandosi con la polizia e con la stessa Guardia Civil. Migliaia di minatori in lotta che si oppongono con forza ai tagli decisi dal governo, tagli che mettono la parola fine a decine di migliaia di posti di lavoro e condannano alla desertificazione economica intere province del nord della Spagna. Sfruttate finché servita e poi gettate nel cestino. E per tutta risposta sabato scorso in diecimila erano calati su Madrid, portando con loro uno striscione molto significativo: “Noi non siamo indignati, ne abbiamo proprio le palle piene”, evidente riferimento al movimento democratico-pacifista spagnolo 15M. L'accoglienza che hanno ricevuto nella capitale? Arresti, manganellate e pallottole di gomma come piovesse.
Ma i minatori non si sono lasciati intimidire. Essendosi resi conto dell'inutilità delle manifestazioni “politically correct” (il Partido Popular non ha voluto sentire ragioni e ha deciso di mantenere il piano prestabilito), la lotta si è inasprita: sciopero generale a tempo indeterminato e selvaggio, blocchi stradali fissi sulle principali arterie stradali e autostradali delle Asturie, combattiva regione autonoma sull’oceano atlantico, nel nord. Sono cominciati così una serie di blocchi selvaggi dei binari del treno, delle strade statali e delle autostrade in numerosi punti, con una tecnica “mordi e fuggi” che sta mettendo a dura prova le cosiddette forze dell’ordine. L'ultimo scontro si è verificato proprio sull'autostrada N-630, dove i minatori hanno riportato una vittoria sulle forze repressive borghesi grazie anche al sostegno dei cittadini del paesino di Ciñera de Gordón.
Tra i mass media, il silenzio su questa “ribellione” è a dir poco assordante. Ma non ce ne stupiamo. In questi anni di crisi i focolai di rivolta proletaria, per quanto fragili e senza una chiara direzione politica, sono moltissimi. E questo discorso vale in particolare per alcuni regioni dello stato spagnolo che, qualora la protesta dei minatori montasse, provocherebbe un probabile effetto domino non indifferente. Effetto domino inevitabile che però, senza appunto una chiara e netta direzione politica, senza un partito rivoluzionario, non sarebbe sinonimo di vittoria a tutto campo, anzi. La storia ci insegna che senza una direzione politica la lotta perderebbe collante e cadrebbe nella repressione borghese più feroce, come purtroppo avvenne per gli eventi del 1934.
MRBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #06-07
Giugno-luglio 2012
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Comments
Io mi son messo a tradurre quest'articolo, ma mi sono appena accorto d'un punto problematico. Nel testo, se lo capisco bene, c'è scritto che la Guardia Civil era stata ricacciata dentro il paesino. A me invece sembra molto più probabile che chi era costretto a entrare nel paesino (fuggendo) fossero i minatori e che solo dopo essere stati sostenuti dalla popolazione locale questi sian riusciti a respingere la guardia civile che dai bordi cercava di penetrare il centro del paese (dove appunto eran fuggiti i minatori). Anche questo articolo sembra avvalorare la mia interpretazione: elmundo.es
Ciao "Un ossu". In realtà il testo dice proprio quello che intendi tu. Se rileggi bene, ti accorgerai che chi viene rispedito nel paesino sono proprio i minatori cacciati dai blocchi stradali, che poi grazie al sostegno popolare tornano all'assalto della Guardia Civil che si era posizionata poco fuori il centro abitato.
Hai ragione. In errore m'aveva tratto il grassetto: ERANO STATI DURAMENTE RESPINTI ... LA LORO FUGA... Invece ora mi rendo conto che il soggetto della frasi iniziale sta nel titolo. Grazie della risposta.
Infatti :)
Di niente!