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Home ›Guerra civile in Siria e contorni imperialistici
Come tutte le guerre civili, anche quella siriana vede lo scontro tra fazioni borghesi per il controllo dell'economia e per la gestione del potere politico. A Damasco il potere politico è gestito da quarant'anni dalla famiglia El Assad nella persona di Bashar, figlio di Afez, capo militare, capo politico del partito Baath e iniziatore della dinastia presidenziale. La gestione del potere è sempre stata dittatoriale, violenta. Qualsiasi opposizione, di destra o di sinistra, è stata repressa nel sangue. Le elezioni una farsa allestita all'interno del partito a favore della famiglia Assad. Nulla di nuovo dunque che Bashar el Assad continui la feroce tradizione di repressione iniziata decenni fa dal padre con la strage di Hama del 1982, nella quale furono trucidati migliaia di musulmani. Il potere si difende ad ogni costo e, a maggior ragione, se i giochi sono inseriti in un contesto come quello delle “primavere arabe” che hanno visto la caduta di teste eccellenti come quelle di Alì in Tunisia e Mubarak in Egitto. L'opposizione è variegata e politicamente complessa, si va dalle varie fazioni dei Fratelli musulmani ai partiti politici di “sinistra”, sino a formazioni nate nel corso degli ultimi avvenimenti con ispirazioni politiche ibride, in parte laiche e in parte religiose, più o meno definentesi democratiche, che invocano la fine del regime, regolari elezioni e una revisione radicale della costituzione come il CNS (Coordinamento nazionale siriano) di Burhan Ghalioun, e il CNSCD, nato da una sua costola e rappresentativo di una fazione borghese residente all'estero. In palio la ridefinizione del potere politico, la gestione delle poche ricchezze: un po' di petrolio, miniere di sali minerali, fosfati e uranio. Tutto sarebbe secondo le tradizionali dinamiche di uno scontro interborghese se non fosse che la Siria è al centro di contrastanti tensioni imperialistiche che ne fanno una pedina strategica di primaria importanza per il Medio oriente e non solo.
Molti paesi dell'area, come la Turchia, l’Arabia Saudita, il Qatar, armano e finanziano alcuni gruppi all’interno della Siria che partecipano attivamente alla guerra civile. Anche il cosiddetto Esercito Siriano Libero con a capo “Riyad Alasad”, esiliato da anni in Turchia, riceve ordini e soldi dai servizi segreti militari turchi. Il governo americano fa altrettanto con l'aggiunta dell'invio in loco di esperti militari e consiglieri politici. Contemporaneamente, l'Arabia saudita e gli Emirati arabi Uniti se da un lato hanno interesse a che il regime di Assad cada, dall'altro devono strettamente controllare gli aneliti laicisti e le formazioni religiose con cui si muovono gli insorti, affinché il risultato finale non metta in discussione l'impianto istituzionale su cui si basano le loro monarchie assolute. Per la Turchia, che tanto opera sia all'interno delle forze che interpretano la guerra civile, sia ai confini della Siria, il discorso è più complesso. Ankara si trova ad essere la pedina energetica più importante del Mediterraneo, il naturale crocevia di gasdotti e oleodotti che dalla direttrice nord, Russia e Kazakistan, come dalla direttrice est, Iran e Iraq, arrivano sulle sue coste meridionali. In più sia il South Stream che il concorrente Nabucco hanno bisogno dall'appoggio turco per entrare in funzione. In una simile condizione la Turchia non può permettersi il lusso di avere delle turbolenze ai propri confini con l'aggiunta che, se a procurare squilibri nell'area è il regime siriano, reo di aver usato la questione curda contro Ankara, la conclusione è ovvia.
Sul fronte opposto, a difesa di Assad, si schierano la Russia, la Cina e l'Iran, che sino ad oggi hanno impedito che le sanzioni colpissero il regime di Damasco e che, soprattutto, la Siria potesse fare la fine della Libia o dell'Iraq. La Cina e soprattutto la Russia hanno sempre visto nella Siria l'ultimo baluardo contro la presenza Nato in Medio oriente e nel basso Mediterraneo, una sorta di argine alla presenza americana nel cuore energetico del Medio oriente, divenuto tanto più strategico dopo la disintegrazione della Yugoslvia e il successivo annichilimento della Serbia. L'Iran intrattiene rapporti commerciali e di transito petroliferi con Damasco che gli permettono di fare affari e di rompere l'isolamento che subisce da anni nell'area e non può accettare passivamente che il suo miglior partner venga eliminato dallo scenario politico ed energetico locale. Siamo in presenza dei soliti maneggi imperialistici con l'aggiunta, non secondaria, che la crisi interazionale, ben lungi dall'essere conclusa, esaspera la concorrenza tra i vari attori imperialistici, ne stimola i già voraci appetiti così come mette in fibrillazione gli egoismi borghesi domestici, come in Tunisia ed Egitto.
Inevitabilmente, quando all'interno dello scenario di crisi irrompono le masse, gettate allo sbaraglio dalle sempre più affamanti condizioni di vita, ai limiti della sopravvivenza, dove l'unica certezza è data dalla disoccupazione crescente e da un processo di pauperizzazione che sembra non avere limiti, senza che ci sia nemmeno l'embrione di un partito della classe, senza un abbozzo di programma rivoluzionario, l'ennesima tragedia è alle porte. Ben che vada, i lavoratori siriani proveranno il piacere di vedere il tiranno fare la fine di Gheddafi o quella meno cruenta di altri rais, come nei casi tunisino ed egiziano. Si cimenteranno nell'esercizio elettorale che li consegnerà nelle mani di una nuova borghesia sedicente democratica, nelle vesti di un islamismo più o meno radicale, ma con le stesse propensioni economiche e politiche. Nel peggiore dei casi, che allo stato attuale delle cose appare per essere quello più probabile, sono destinati a diventare carne da cannone per il macello imperialista che sta operando all'interno della guerra civile. Senza un programma politico, senza un partito di classe non si esce dagli schemi del nazionalismo borghese e dalle gabbie dell'imperialismo di turno. La tragedia siriana non fa eccezione.
FDBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #06-07
Giugno-luglio 2012
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