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Home ›La vittoria dei grillini a Parma
Dietro la vittoria dei grillini a Parma c'è stata sicuramente la spinta di quel pezzo di "città indignata" che nei giorni degli scandali di Vignali (sindaco PdL della giunta precedente) si era riversata sotto i Portici del Grano a chiedere che venisse "fatta pulizia". La campagna elettorale nasceva in un contesto disastroso: almeno 600 milioni di debito pubblico che gravano sui settori più deboli della collettività, una città stuprata da opere pubbliche che sono servite esclusivamente per prosciugare le “casse cittadine” e che in parte sono ancora incompiute, e soprattutto una città messa in ginocchio anche nel mercato del lavoro, con punte di disoccupazione, a cominciare da quella giovanile, mai toccate finora.
E in campagna elettorale non si può certo dire che il vincitore avesse avversari “credibili” o agguerriti: c'era stato il ritorno di Elvio Ubaldi (primo sindaco del centro-destra, eletto nel 1998) riesumato da chissà quale museo con l'improbabile slogan “Ritorno al futuro”. C'era il PD che con Bernazzoli contava già di avere la vittoria in tasca ma chissà perché, con la poltrona di presidente della provincia ben salda sotto le natiche nel caso gli fosse andata male.
Alla fine l'ha spuntata la politica che si ammanta di antipolitica ma che in realtà c'è dentro fino al collo, perché quando fondi un partito è chiaro che fai politica, la politica che dice di essere fatta dalla gente, argomento di qualsiasi partito politico. Anni fa era la Lega a sbandierare l'odio contro i partiti e la corruzione romana, poi abbiamo visto la fine che ha fatto (cosa ampiamente scontata, per altro).
Grillo si è sempre fatto portavoce delle istanze che provenivano dal basso, ma di quel “basso” faceva salire a galla solo tutta la confusione ideologica che lo contraddistingueva, la stessa che impedisce al proletariato di fare passi avanti nel riappropriarsi del suo programma storico. L'occhiolino strizzato alle frange No-Tav, l'attenzione posta sull'ecologia e sulle forme di energia alternativa, l'ossessione per la pulizia in parlamento, gli anatemi contro il capitalismo delle banche hanno attirato al Movimento 5 Stelle tante simpatie e lo hanno rivestito di un apparente radicalismo. Chi vorrebbe un inceneritore sotto casa? Chi non ha mai almeno una volta nella sua vita maledetto il petrolio, con quello che lo paghi quando fai il pieno alla tua macchina o con le guerre che scatena da sempre? Chi, a parte i disinformati e gli indifferenti, non è istintivamente solidale con le popolazioni valsusine che difendono - certamente, in un'ottica interclassista - dai predoni imprenditorial-politici e dai tumori il loro territorio e i loro polmoni? Chi non ce l'ha a morte con Equitalia, al giorno d'oggi e specie dopo il giro di vite - in gran parte mediatico, però - messo in atto da Monti, contro alcune frange borghesi e proletarie?
Ma attaccare gli effetti senza denunciarne le cause si inserisce appieno nel filone del riformismo, che pur denunciando apertamente il capitalismo lo fa solo attaccandolo nei suoi aspetti più ripugnanti o visibili e proponendone una gestione più etica e trasparente, messa nelle mani di "gente onesta". Si gioca sempre tutto li: onestà verso disonestà. Populismo puro. Si è scomodato addirittura Francois Hollande, neoeletto presidente francese nel descrivere i grillini come un pericoloso movimento populista. Sul pericoloso, cominciano a diventarlo ora, per i partiti borghesi tradizionali, ma sul populista non ci piove. Intanto anche gli antipolitici con le migliori intenzioni sono costretti a interloquire coi poteri forti, tra i quali di disonesti ce n'è più di uno.
Il nuovo sindaco si è recato di recente all'Unione degli Industriali di Parma, e il suo omonimo, Paolo Pizzarotti, altrimenti detto il re del mattone, che negli anni più recenti (con capitali più o meno leciti) ha reso Parma una colata di cemento e può vantare appalti dalla Tav al ponte sullo Stretto, ha affermato che il neo-sindaco dice cose “impensabili nel 2012”, non perché proponga di instaurare la dittatura del proletariato a Parma, ma perché dice di mettere il bastone tra le ruote a un settore, sia pure importante, della grande borghesia parmense, quella, appunto, cementificatrice ad oltranza. Ma, nella sede dell'Unione Parmense degli Industriali, vista la solidarietà di classe e di interessi, sono in molti gli scettici. Intanto, già dopo qualche settimana il vincitore non solo ha litigato col suo leader maximo sottolineando che “A Parma ho vinto io, non Grillo”, ma non è ancora riuscito a mettere in piedi uno straccio di consiglio comunale.
Nuovo che avanza? A noi sembra di essere nella Brescello del dopoguerra, con Peppone in Comune e gli agrari sempre al loro posto. Tanta paura da parte di questi ultimi, ma nella sostanza, rapporti di forza immutati.
IBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #06-07
Giugno-luglio 2012
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