You are here
Home ›A dieci anni dall'11 Settembre
Il decennale dell'11 Settembre ci consente di fare un breve bilancio del tragico evento e dei dieci anni di storia imperialistica che ne sono seguiti.
Innanzitutto va rilevato come la versione ufficiale dei fatti, codificata dalla Commissione 11 Settembre, aperta e chiusa con una fretta almeno sospetta, non stia in piedi. Il “non ne sapevamo nulla, siamo stati colti di sorpresa al punto da non poter rispondere tempestivamente agli attacchi” è falsa. Tra luglio e i primi di settembre del 2001 sono decine gli avvisi che arrivano alla Casa Bianca da parte dei servizi segreti di tutto il mondo che insistono su attentati ad obiettivi sensibili (tra cui le Torri Gemelle) attraverso dirottamenti di aerei civili. La versione dello schianto di un aereo contro il Pentagono è un insulto all'intelligenza umana. Nessun aereo, tanto meno un Dc 8, sarebbe potuto entrare nel ministero della difesa provocando un foro del diametro di 5 metri, lasciando intatto il cornicione e le finestre esterne al foro e “gassificandosi” nel nulla.
Ma non è qui il punto, comunque siano andate le cose: come recita l'impossibile versione ufficiale, come sostengono i complottisti che il tutto sarebbe nato dalle mente dello stesso governo americano, o che sapevano e hanno lasciato fare... l'11 Settembre ha presentato su di un piatto d'argento l'opportunità per l'imperialismo americano di perseguire degli obiettivi energetici con l'uso della forza in nome della lotta al terrorismo. Ha inoltre potuto usufruire della allora recente implosione dell'imperialismo sovietico e della inconsistenza di quello europeo. In rapida successione, mentre tutti i fattori della futura crisi economica e finanziaria andavano costruendo ben altri disastri, mentre i teorici di “palazzo” quali Kagan e Wolfowitz mettevano nero su bianco la linea politica dell'aggressivo governo Bush (gli Usa hanno il diritto di perseguire i loro interessi in qualsiasi area del mondo e di difenderli con l'uso della forza senza dover rendere conto a nessuno), partono le due campagne petrolifere in Afghanistan (2001) e in Iraq (2003). Si potrebbe dire che al di là della confezione che si vuole dare all'11settembre, se non ci fosse stato se lo sarebbero dovuti inventare.
I dieci e sette anni di guerra che sono seguiti hanno prodotto centinaia di migliaia di morti civili, indicibili sofferenze per le popolazioni, miseria e fame per milioni di proletari che le guerre le hanno solo subite, stretti nel ferrea morsa degli interessi imperialistici.
Che poi le cose siano andate diversamente da come il governo americano se le aspettasse fa parte di un'altra storia. Sia in Afghanistan che in Iraq l'imperialismo americano, nonostante l'enorme dispendio di uomini, mezzi e capitale finanziario, è rimasto a bocca asciutta. L'attuale amministrazione ha dovuto rivedere le vecchie ambizioni. Il presidente Obama sta smantellando progressivamente la presenza militare americana nei due teatri di guerra. La crisi economica e quella finanziaria hanno dato il colpo di grazia a quello che è stato per decenni l'imperialismo più forte e vorace. Il dollaro continua ad essere la divisa ufficiale per gli scambi internazionali, ma regge male lo scontro con l'euro e lo yen. Molti paesi, tra i quali la Cina, l'India, alcuni del Sud America e dell'area petrolifera medio orientale, invocano la necessità di una nuova divisa internazionale che sostituisca il dollaro, mentre la speculazione si orienta sulle materie prime, sull'oro e su altri beni di rifugio.
In conclusione, l'11 Settembre con il suo tragico fardello di vittime innocenti,sarebbe dovuto essere il trampolino di lancio dell'imperialismo americano nel tentativo di consolidare il controllo internazionale del petrolio e del gas naturale, di riaffermare il ruolo del dollaro sul mercato monetario internazionale per continuare a drenare parassitariamente plusvalore dai quattro angoli della terra, per continuare a surrogare una economia al collasso, basato sul debito e sulla speculazione. Nei fatti si è trasformato nel suo contrario. La crisi da bassi saggi del profitto ha continuato a procedere indisturbata gonfiando la già operante speculazione, la quale non ha fatto altro che spostare sul terreno finanziario l'effetto deflagrante della crisi che, a sua volta, è ritornata sul terreno che l'aveva stimolata, quello dell'economia reale, creando così le condizioni per la più grave crisi mondiale del secondo dopoguerra.
L'11 Settembre che oggi la società borghese internazionale si accinge a commemorare è il simbolo di una società capitalistica decadente, in crisi economica e d'identità politica. È una commemorazione che piange lacrime di coccodrillo sui quasi tremila morti delle Torri Gemelle, che inneggia alla vittoria sul terrorismo internazionale per nascondere il vero senso delle guerre, il suo fallimento economico, la sua arroganza politica e la impellente necessità di far pagare il prezzo di tutto questo al proletariato mondiale.
FD, 2011-09-11Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Inizia da qui...
ICT sections
Fondamenti
- Bourgeois revolution
- Competition and monopoly
- Core and peripheral countries
- Crisis
- Decadence
- Democracy and dictatorship
- Exploitation and accumulation
- Factory and territory groups
- Financialization
- Globalization
- Historical materialism
- Imperialism
- Our Intervention
- Party and class
- Proletarian revolution
- Seigniorage
- Social classes
- Socialism and communism
- State
- State capitalism
- War economics
Fatti
- Activities
- Arms
- Automotive industry
- Books, art and culture
- Commerce
- Communications
- Conflicts
- Contracts and wages
- Corporate trends
- Criminal activities
- Disasters
- Discriminations
- Discussions
- Drugs and dependencies
- Economic policies
- Education and youth
- Elections and polls
- Energy, oil and fuels
- Environment and resources
- Financial market
- Food
- Health and social assistance
- Housing
- Information and media
- International relations
- Law
- Migrations
- Pensions and benefits
- Philosophy and religion
- Repression and control
- Science and technics
- Social unrest
- Terrorist outrages
- Transports
- Unemployment and precarity
- Workers' conditions and struggles
Storia
- 01. Prehistory
- 02. Ancient History
- 03. Middle Ages
- 04. Modern History
- 1800: Industrial Revolution
- 1900s
- 1910s
- 1911-12: Turko-Italian War for Libya
- 1912: Intransigent Revolutionary Fraction of the PSI
- 1912: Republic of China
- 1913: Fordism (assembly line)
- 1914-18: World War I
- 1917: Russian Revolution
- 1918: Abstentionist Communist Fraction of the PSI
- 1918: German Revolution
- 1919-20: Biennio Rosso in Italy
- 1919-43: Third International
- 1919: Hungarian Revolution
- 1930s
- 1931: Japan occupies Manchuria
- 1933-43: New Deal
- 1933-45: Nazism
- 1934: Long March of Chinese communists
- 1934: Miners' uprising in Asturias
- 1934: Workers' uprising in "Red Vienna"
- 1935-36: Italian Army Invades Ethiopia
- 1936-38: Great Purge
- 1936-39: Spanish Civil War
- 1937: International Bureau of Fractions of the Communist Left
- 1938: Fourth International
- 1940s
- 1960s
- 1980s
- 1979-89: Soviet war in Afghanistan
- 1980-88: Iran-Iraq War
- 1982: First Lebanon War
- 1982: Sabra and Chatila
- 1986: Chernobyl disaster
- 1987-93: First Intifada
- 1989: Fall of the Berlin Wall
- 1979-90: Thatcher Government
- 1980: Strikes in Poland
- 1982: Falklands War
- 1983: Foundation of IBRP
- 1984-85: UK Miners' Strike
- 1987: Perestroika
- 1989: Tiananmen Square Protests
- 1990s
- 1991: Breakup of Yugoslavia
- 1991: Dissolution of Soviet Union
- 1991: First Gulf War
- 1992-95: UN intervention in Somalia
- 1994-96: First Chechen War
- 1994: Genocide in Rwanda
- 1999-2000: Second Chechen War
- 1999: Introduction of euro
- 1999: Kosovo War
- 1999: WTO conference in Seattle
- 1995: NATO Bombing in Bosnia
- 2000s
- 2000: Second intifada
- 2001: September 11 attacks
- 2001: Piqueteros Movement in Argentina
- 2001: War in Afghanistan
- 2001: G8 Summit in Genoa
- 2003: Second Gulf War
- 2004: Asian Tsunami
- 2004: Madrid train bombings
- 2005: Banlieue riots in France
- 2005: Hurricane Katrina
- 2005: London bombings
- 2006: Anti-CPE movement in France
- 2006: Comuna de Oaxaca
- 2006: Second Lebanon War
- 2007: Subprime Crisis
- 2008: Onda movement in Italy
- 2008: War in Georgia
- 2008: Riots in Greece
- 2008: Pomigliano Struggle
- 2008: Global Crisis
- 2008: Automotive Crisis
- 2009: Post-election crisis in Iran
- 2009: Israel-Gaza conflict
- 2020s
- 1920s
- 1921-28: New Economic Policy
- 1921: Communist Party of Italy
- 1921: Kronstadt Rebellion
- 1922-45: Fascism
- 1922-52: Stalin is General Secretary of PCUS
- 1925-27: Canton and Shanghai revolt
- 1925: Comitato d'Intesa
- 1926: General strike in Britain
- 1926: Lyons Congress of PCd’I
- 1927: Vienna revolt
- 1928: First five-year plan
- 1928: Left Fraction of the PCd'I
- 1929: Great Depression
- 1950s
- 1970s
- 1969-80: Anni di piombo in Italy
- 1971: End of the Bretton Woods System
- 1971: Microprocessor
- 1973: Pinochet's military junta in Chile
- 1975: Toyotism (just-in-time)
- 1977-81: International Conferences Convoked by PCInt
- 1977: '77 movement
- 1978: Economic Reforms in China
- 1978: Islamic Revolution in Iran
- 1978: South Lebanon conflict
- 2010s
- 2010: Greek debt crisis
- 2011: War in Libya
- 2011: Indignados and Occupy movements
- 2011: Sovereign debt crisis
- 2011: Tsunami and Nuclear Disaster in Japan
- 2011: Uprising in Maghreb
- 2014: Euromaidan
- 2016: Brexit Referendum
- 2017: Catalan Referendum
- 2019: Maquiladoras Struggle
- 2010: Student Protests in UK and Italy
- 2011: War in Syria
- 2013: Black Lives Matter Movement
- 2014: Military Intervention Against ISIS
- 2015: Refugee Crisis
- 2018: Haft Tappeh Struggle
- 2018: Climate Movement
Persone
- Amadeo Bordiga
- Anton Pannekoek
- Antonio Gramsci
- Arrigo Cervetto
- Bruno Fortichiari
- Bruno Maffi
- Celso Beltrami
- Davide Casartelli
- Errico Malatesta
- Fabio Damen
- Fausto Atti
- Franco Migliaccio
- Franz Mehring
- Friedrich Engels
- Giorgio Paolucci
- Guido Torricelli
- Heinz Langerhans
- Helmut Wagner
- Henryk Grossmann
- Karl Korsch
- Karl Liebknecht
- Karl Marx
- Leon Trotsky
- Lorenzo Procopio
- Mario Acquaviva
- Mauro jr. Stefanini
- Michail Bakunin
- Onorato Damen
- Ottorino Perrone (Vercesi)
- Paul Mattick
- Rosa Luxemburg
- Vladimir Lenin
Politica
- Anarchism
- Anti-Americanism
- Anti-Globalization Movement
- Antifascism and United Front
- Antiracism
- Armed Struggle
- Autonomism and Workerism
- Base Unionism
- Bordigism
- Communist Left Inspired
- Cooperativism and autogestion
- DeLeonism
- Environmentalism
- Fascism
- Feminism
- German-Dutch Communist Left
- Gramscism
- ICC and French Communist Left
- Islamism
- Italian Communist Left
- Leninism
- Liberism
- Luxemburgism
- Maoism
- Marxism
- National Liberation Movements
- Nationalism
- No War But The Class War
- PCInt-ICT
- Pacifism
- Parliamentary Center-Right
- Parliamentary Left and Reformism
- Peasant movement
- Revolutionary Unionism
- Russian Communist Left
- Situationism
- Stalinism
- Statism and Keynesism
- Student Movement
- Titoism
- Trotskyism
- Unionism
Regioni
Login utente
This work is licensed under a Creative Commons Attribution 3.0 Unported License.
Comments
Ottimo articolo: impostazione lineare e chiara analisi delle conseguenze geopolitiche internazionali degli attacchi dell'11/09. Vorrei però porre l'accento su un versante della questione che mi sembra sia tralasciato, nello scritto sopra, ovverosia le ripercussioni politiche degli attentati sulla società e l'opinione pubblica statunitensi.
È infatti necessario considerare che, oltre ad essere stati sfruttati dal governo USA come "trampolino di lancio dell’imperialismo americano nel tentativo di consolidare il controllo internazionale del petrolio e del gas naturale" « spettro del comunismo » internazionale assimilata all'implosione dell'URSS).
Spero inoltre che la renitenza ad accettare senza riserve la prospettiva complottista (perché poi parlare di complotto quando siamo di fronte ad una comune "politica governativa"?) non derivi da un'assurda fiducia nel "buon senso" (se non peggio) dei nostri governanti, statunitensi e non. Vorrei tra l'altro ricordare che l'establishment statunitense non sarebbe nuovo a trovate di tal genere (si ricordi, ad esempio, la questione degli attacchi a Pearl Harbor...).
Gli unici terroristi siedono nella Casa Bianca.
Nel commento sopra manca una parte, non pubblicata.
Tra "[...] gas naturale" e "« spettro del comunismo »..." c'era scritto:
"― come è stato giustamente sottolineato ―, gli [auto]attentati in oggetto hanno costituito un ottimo pretesto [magistralmente architettato] per:
a) introdurre nuove misure di controllo sociale (si veda, ad esempio, l'immissione sul mercato statunitense, proprio nel periodo successivo al crollo delle torri gemelle, di documenti identificativi dotati di microchip che garantiscono la rintracciabilità del portatore); b) costruire quasi dal nulla, mediante un'incessante opera di propaganda mistificatoria attuata dai media, una nuova figura di "nemico pubblico" (Bin Laden, "terrorismo islamico") nei cui confronti indirizzare il malcontento sociale, in modo da garantire un sano ― quanto reazionario ― "attaccamento alla nazione", minacciata da oscuri nemici esterni. (Quest'ultima misura era quantomeno necessaria, dopo la presunta dissoluzione dello...".
Pur non essendoci prove (ma una considerevole mole di indizi) anch'io penso che il governo americano fosse a conoscenza degli attacchi e abbia lasciato fare. Anzi, penso addirittura a una sorta di "convergenza di interessi" fra borghesia americana e il settore della borghesia araba responsabile degli attentati.
Basta rispondere alla nota domanda: qui prodest? A chi ha giovato l'11 settembre?
Alle borghesie occidentali e mediorientali che hanno rafforzato il proprio controllo sulle masse oppresse, trascinandole ancora una volta sul terreno del nazionalismo e della guerra.
Io pure credo che in parte ci sia qualcosa di vero nelle teorie "complottistiche". Del resto non è una novità il fatto che le borghesie si organizzano in associazioni cospirative per i propri interessi particolari, è una pratica tipicamente borghese. Certo, bisogna sempre comprendere che aldilà degli elenchi di fatti ed eventi vi è una società da combattere.
Non ha molto senso spulciare gli attacchi nel particolare, il punto è capire il senso complessivo della strategia americana, di come tremila morti abbiano permesso ai borghesi a stelle e strisce di rilanciare a suon di missili la presenza americana in Medio Oriente. Dopo dieci anni possiamo affermare che gli USA sono più deboli ed isolati. Hanno perso un nemico con cui trattare e dividere a due la torta, l'URSS. Sono dilaniati da una crisi economica che ha pochi precedenti, non hanno alleati sicuri. Stanno in piedi solo perchè i possibili concorrenti hanno essi stessi gravi problemi. Il mondo del capitale è malato, sarebbe l'occasione giusta per far saltare il banco ma il proletariato vegeta in uno stato di letargia perenne e noi comunisti siamo ancora troppo pochi
secondo me non è solo l'occasione giusta per far saltare il banco.
il socialismo è l'unica prospettiva praticabile.
dal mio punto di vista a rivoluzione proletaria è inevitabile, l'unica variabile quanto tempo ci vorrà e quante catastrofi causerà il capitale nel frattempo... ai comunisti la responsabilità di ridurre al minimo i tempi del passaggio.
Credo sia limitante ridurre la funzione dei comunisti a catalizzatori della Rivoluzione. Questa ricorda molto l'impostazione di Plechanov rispetto al ruolo del Partito. I comunisti e l'impianto teorico comunista sono una condizione per il passaggio al socialismo indispensabile. Certamente però esiste la possibilità della transizione al socialismo, ed è quella a mio avviso che rende "inevitabile" la contraddizione interna al Capitale che si risolve con la crisi e la distruzione di capitale stesso, oppure con la rivoluzione e con la transizione al socialismo.
Interessantissima obiezione.
Karim, non si tratta di katalizzare (aumentare la velocità di un processo comunque in atto) quanto di dirigere la classe alla conquista del socialismo, unica reale alternativa alla barbarie alla quale tende il sistema. In questo senso il socialismo è inevitabilmente il prossimo stadio di sviluppo della specie umana, non ci sono alternative (inevitabilità), visto che l'unica alternativa praticabile in questo sistema è devastazione generalizzata fino alla distruzione della specie stessa. Ma questa non è un alternativa, è semplicemente la FINE. (potremmo discutere se questo è veramente l'ultimo ciclo di accumulazione del capitale, ma nessuno può dare una risposta, quindi, come rivoluzionari, non credo che la cosa ci possa interessare più che tanto)
Insomma, il socialismo è inevitabile, ma esso può affermarsi solo a condizione della presenza del partito. Senza il fattore partito il processo rivoluzionario non è che sarebbe più lento, semplicemente non ci sarebbe. Dipende invece dalla presenza soggettiva del partito, dal suo radicamento nella classe, dalla sua capacità di agire, (oltre che dai fattori oggettivi legati a crisi e ripresa delle lotte) non solo il verificarsi del processo rivoluzionario, ma anche la velocità, profondità ed estensione con le quali il processo rivoluzionario si verificherà.
La posizione da te criticata è propria non solo di plecanov, ma anche della CCI.
PS se vuoi continuare il discorso magari apriamo un topic nel forum.
Tengo a precisare, far saltare il banco vuol dire rilancio dell'iniziativa autonoma del proletariato fino alla rivoluzione. Le condizioni materiali, incacrenimento crisi, si stanno materializzando, ma per una serie di fattori il proletariato o tende al torpore (Itallia, Germania, Giappone per es.) oppure mancando di una prospettiva anticapitalista e di un partito che se ne faccia vessillifero, un partito comunista, finisce per legarsi ad una fazione borghese che, inevitabilmente, strumentalizza la rabbia al proprio interesse. Fa, insomma, da carne da cannone. Come in Libia, Egitto o Tunisia. In anni passati operai del tessile in Egitto hanno dato esempi egregi di Lotta di classe cacciando anche, e non è poco, i venduti del sindacato.
Vasco più che di autonomia parlerei di indipendenza politica e organizzativa del proletariato.
Diciamo le stesse cose con parole diverse.