Anche il G20 spara a salve e brancola nel buio

È un terremoto quello che sta squassando l’ordine economico globale seguito al trionfo capitalistico dopo il tracollo del “socialismo reale”. La crisi, spacciata come finanziaria, infierisce sul proletariato e lascia ogni giorno rovine fumanti che destabilizzano banche e mercati finanziari, gli stessi che avrebbero dovuto ridare ossigeno e forza a un capitale in fuga dai settori produttivi per motivi sui quali gli esperti hanno calato il sipario ed ora non sanno più che… pesci pigliare. Il momento è drammatico: lo si nota fra le righe del comunicato uscito dalla riunione dei G20 a Washington, con l’ennesimo allarme per debiti sovrani, fragilità del sistema finanziario, “crescita” inesistente, disoccupazione socialmente pericolosa ecc. Le “misure di intervento” sono state rimandate ma si tratterebbe di ipotesi di rafforzamento del Fondo Salva Stati (a questo punto anch’esso da… salvare) sperando in una ripresa americana ed europea di cui non si vedono segnali. Una fantasiosa “azione comune” galleggia sulle urgenze di capitalizzazione delle banche, in difficoltà nel rispondere alle regole di Basilea3, le quali prevederebbero l’applicazione di vincoli alla patrimonializzazione e interventi tecnici nel ripristino delle riserve obbligatorie su base monetaria. E la liquidità scarseggia.

Da notare che un tentativo di protezione dell’euro comporterebbe un esborso di almeno 3mila miliardi di euro: così ritengono anche i big del G20, poi smentendo l’intervento perché… “prematuro”. Al momento, l’europeo Fondo Salva Stati avrebbe in cassa 440 miliardi di euro, insufficienti anche solo per “pilotare” il fallimento della Grecia. Se poi ci si dovesse rivolgere al mercato - come qualcuno suggerisce - la matassa speculativa si imbroglierebbe ancora di più.

La nota del G20 (non “prevista” e diffusa alla sera dopo una lauta cena) assomiglia ai proclami di un esercito in stallo, col proposito di una “risposta forte e coordinata internazionalmente affrontando le rinnovate sfide dell’economia globale (…) con azioni per incrementare la flessibilità dell'Efsf e per massimizzare il suo impatto". (Il segretario del Tesoro Usa, Geithner, l’ha chiamata “potenza di fuoco”, ma al momento si spara a salve…) I meccanismi (e le polveri da usare) restano comunque misteriosi, e le “decisioni concrete” (nessuno sa quali) si limitano, per così dire, a menar il can per l’aia…

A proposito: nell’ultima riunione informale dell’Ecofin a Wroclaw in Polonia coi ministri economici dell’Ue (alcuni contrari anche all’utilizzo dell’Efsf), Tremonti ha invocato ancora gli eurobond (cioè un debito consolidato europeo) esaltando la “piattaforma” (?) dell’Italia per il pareggio di bilancio, sulla quale disegnare un progetto decennale in “tre dimensioni…”. Il ministro svedese Borg ha invitato l’Italia a mettere almeno in pratica le misure annunciate… prima di quelle a “tre dimensioni”! Qualcuno si è chiesto: ma chi garantirà il rimborso degli eurobond? C’è il rischio di far circolare salsicciotti come i famosi subprime

Quanto agli invocati interventi della Bce, la sua decisione di acquistare titoli di Stato italiani e spagnoli risale al 7 agosto, con quattro voti contrari: il tedesco Stark, il presidente della Bundesbank (Jens Weidmann) e i due governatori di Olanda e Finlandia. La Merkel, e in definitiva il governo tedesco e quello francese, ha espresso parere favorevole. Lo spostamento di posizioni, che sulla questione erano state negative soprattutto da parte tedesca, sembra sia dovuto a pressioni esercitate dalle lobby industriali tedesche, preoccupate per la tenuta delle esportazioni nazionali. Ma va anche detto che tuttora permangono resistenze alla “nuova linea flessibile e pragmatica”. Le successive e clamorose dimissioni di Stark (uomo di fiducia della Bundesbank) furono date a mercati finanziari aperti, sollevando contraccolpi nelle Borse, nelle quotazioni euro-dollaro e nello spread (altalenante verso l’alto…) tra Btp e Bund. Piazza d’Affari e le altre Borse europee andarono in tilt con pesanti perdite. Il tutto a riprova (ma non c’era bisogno) del forte senso di responsabilità che gli esponenti della classe dominante, in ogni paese del mondo, non mancano di dimostrare, sia in campo politico che economico e finanziario.

Oltre a questa spirale che avvolge il mondo finanziario trascinandolo verso un fondo senza fine, c’è la situazione economica generale che da molti “osservatori” borghesi è paragonata ormai alla Grande Recessione degli Anni Trenta. Basti dire che nel solo triennio 2007/2009 i principali Paesi Ocse hanno registrato tracolli del Pil, che vanno dal meno 10,9% dell’Irlanda allo 0,99% della Norvegia. In “classifica” troviamo l’Italia che ha perso 6 punti; il Regno Unito 5 punti; Germania 4; Francia 3. In Italia, inoltre, il “reddito” delle famiglie crollava di oltre 3 punti. Il 17% dei proletari, nel 2008, ha avuto notevoli difficoltà ad arrivare a fine mese; l’11%ha avuto problemi a riscaldare la casa; l’8% non è riuscito a fare un pasto completo. La produzione industriale è scesa del 27,2%; il Pil è diminuito del 7%; fino ad agosto 2010 sono andati persi 764.000 posti di lavoro. Ed ecco l’invocazione, quasi generale, per aiuti statali (l’Efsf dovrebbe salvare non solo gli Stati in difficoltà ma anche le Banche, per le quali circolano voci di eventuali, possibili nazionalizzazioni…) Ci si chiede: con quali risorse? E se la Grecia fallisce (cosa per molti quasi scontata) chi pagherà i Cds, le assicurazioni contro i rischi di fallimento? Chi li ha emessi? Sembra alcune banche europee: pagheranno quindi con i soldi invocati e ricevuti dallo Stato? Questo sarebbe in fondo il “socialismo dei capitalisti”.

DC

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.