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Home ›Il movimento degli indignados a Roma
Appunti per l'intervento
Il movimento
A partire dalla nascita del movimento 15-M a Porta del sol, Madrid, il movimento di indignazione si è diffuso in molti paesi. Indignados è ormai diventato termine di uso comune per indicare gli individui e i movimenti di protesta contro politiche sociali ed economiche sempre più devastanti.
Roma, come altre città, ha risposto all'esperienza spagnola dando vita, dalla fine di maggio, ad assemblee popolari che ben presto hanno individuato Piazza San Giovanni quale punto di riferimento. Queste assemblee si tenevano dapprima quotidianamente, poi si è deciso di dare una cadenza bisettimanale alle assemblee generali, lasciando così spazio nel resto della settimana alle diverse commissioni che nel frattempo si erano costituite.
Le commissioni sono gruppi di lavoro che nascono per aggregare i singoli partecipanti all'assemblea generale - sulla base dell'interesse individuale - a settori di lavoro specifico. Ci sono commissioni che vivono per il tempo necessario a svolgere un determinato compito e commissioni che, una volta nate, hanno continuato a lavorare seguendo un particolare settore.
Caratteristiche
Il movimento nasce con l'intento di dare voce a chi è mosso da “un malcontento, di un senso di precarietà e infelicità” (1), nelle assemblee degli indignados si interviene a titolo individuale, il movimento infatti si riconosce nell' “assenza di bandiere, rifiuto della violenza, decisioni prese sulla base del voto di piazza”. I paletti politici individuati sono stati tre: non violenza attiva, rifiuto del sistema fondato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, a-partiticità.
Da subito c'è stata una netta critica della ricerca della visibilità mediatica, nonchè il rifiuto ad “andare ai palazzi del potere”. Se dapprincipio erano presenti gruppi e individui classicamente riformisti, il movimento - opportunamente stimolato da interventi specifici - ha saputo rispondere caratterizzandosi in maniera abbastanza netta a favore del superamento del sistema della democrazia rappresentativa e dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, tanto che alla domanda “ma in pratica cosa proponete?” la risposta è “che le assemblee si estendano e prendano esse stesse posizione, attraverso il protagonismo popolare, rispetto ai vari motivi che causano l'indignazione”.
Caratterizzazioni di classe
La crisi sta colpendo in maniera molto dura sia i settori proletari della società che i ceti medi e piccolo borghesi. Il movimento rispecchia questa realtà. I primi a mettersi in moto sono sempre gli appartenenti alla piccola borghesia in via di proletarizzazione: dotati di maggiori strumenti culturali, della coscienza che deriva dal cercare di mantenere una posizione sociale in corso di sgretolamento, con grosse illusioni legate alla possibilità di cambiare pacificamente il sistema, la piccola borghesia è molto presente in queste prime risposte spontanee alla crisi ed è stata presente in maniera maggioritaria nelle assemblee degli indignados romani. Questa componente ha saputo porsi come referente del movimento, nato essenzialmente dalla spinta degli studenti fuori sede spagnoli, trovando il suo trait d'union in una visione neo-umanista della società. Questa visione si caratterizza per essere anti-sistema, nel negare il conflitto tra capitale e lavoro come contraddizione fondamentale del sistema (raramente definito capitalista), nell'individuare la forma assembleare come mezzo per costruire forme di relazioni sociali differenti, la cui diffusione dovrebbe rendere possibile una transizione pacifica dal sistema della produzione per il profitto ad un sistema che metta al centro l'uomo. Questa visione ha come perno la filosofia della non violenza attiva e l'impegno per una rivoluzione etica.
La componente proletaria, minoritaria, è stata attratta a questo movimento dalla sua assemblearità e orizzontalità, dall'assenza dei soliti politicanti e sindacalisti, dall'impressione esercitata nell'immaginario dal movimento spagnolo. L'intervento dei rivoluzionari si è caratterizzato per l'avere difeso una visione classista della società, per il rifiuto della forma sindacato come strumento per l'organizzazione delle lotte, per l'invito alla lotta alla crisi ed al sistema capitalista nel suo insieme, per la rivoluzione non “etica”, ma sociale, politica ed economica. Questa componente ha dato vita alla Commissione Lavoro (2).
Intervento politico
Se il tema della democrazia diretta come naturale forma organizzativa delle assemblee, l'anti-sistemicità, l'anti-istituzionalismo sono stati i motivi che hanno permesso alle due componenti di convivere, la teorizzazione della non-violenza è invece il terreno che meglio esprime le divergenze. Da un lato chi professa la possibilità di una contrapposizione non-violenta al sistema attraverso la costruzione di relazioni sociali differenti, le quali si imporranno nel crollo del sistema fino a diventare maggioritarie; dall'altra la visione che condanna la violenza della società di classe, ma che riconosce nella violenza proletaria un fattore inevitabile della dinamica sociale: la violenza capitalista si esprime quotidianamente attraverso la fame, la miseria, i licenziamenti, le forze dell'ordine, il brutale peggioramento delle condizioni di esistenza proletarie. La, legittima, violenza proletaria si esprime nelle lotte di difesa, negli scioperi, nell'opposizione determinata alle politiche padronali, fino all'atto necessariamente autoritario della conquista rivoluzionaria del potere politico e dell'esclusione della borghesia da ogni diritto (dittatura del proletariato) come fase necessaria volta all'affermazione di una società senza classi ed alla definitiva estinzione dello Stato.
Si tratta di una battaglia politica volta a sottrarre prima di tutto i proletari, ma non solo, che si muovono in questo ambito alle influenze piccolo-borghesi, riconoscendo al contempo la forma-assemblea, retta dai principi della democrazia diretta, come necessaria forma di organizzazione delle lotte immediate della classe e come principio organizzativo del futuro potere proletario, il quale si strutturerà attraverso il potere ai consigli territoriali dei lavoratori.
Conclusione
Massima attenzione va rivolta a queste esperienze - non parliamo solo degli indignados - le quali rappresentano una prima risposta spontanea alla crisi e al contempo, per la prima volta da anni, permettono ai rivoluzionari di avere un ambito non controllato da forze istituzionali e/o organizzate, nel quale intervenire con la loro politica di classe. Altre esperienze si produrranno in futuro e, speriamo, maggiormente caratterizzate in senso proletario. Il lavoro di costruzione del partito passa anche attraverso il chiaro intervento in queste situazioni, piccolo sintomo della nuova fase che va aprendosi: quella della crisi generalizzata del capitale e della lotta aperta di classe contro classe.
DiegoBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
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