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Home ›La repressione preventiva del “decreto sicurezza”
In questi giorni (fine agosto) stiamo assistendo a un teatrino mediatico che vede da una parte la Lega Nord e dall'altra le strutture ecclesiastiche scontrarsi accanitamente. Da un lato ci si richiama alla linea dura contro i flussi di clandestini, dall'altro si invoca la più "consona" carità cristiana. Non si sa se gli uni siano più razzisti o gli altri più ipocriti. Un'associazione a delinquere come la Chiesa Cattolica, soprattutto ai suoi vertici, non ha da insegnare proprio niente a nessuno in materia di equità sociale, e basta dare un occhio al suo patrimonio immobiliare e al lusso in cui navigano porporati di ogni dove, per tapparsi il naso dalla puzza.
Le polemiche seguono il decreto Maroni sulla sicurezza che per capire meglio bisogna inquadrare nel contesto di una crisi devastante che, generando insicurezza in materia di lavoro, salario, prospettive future, ha tra i suoi aspetti più deteriori il rischio di mettere i proletari italiani e quelli immigrati gli uni contro gli altri. Comprendere le responsabilità del capitalismo in tutti i guasti che esso si porta dietro come una scia, implica per ora un livello di coscienza di se che al momento la classe sfruttata non sembra avere, e qui entrano in gioco forze reazionarie come appunto la Lega, per la quale questa contrapposizione tra poveri diventa un vero e proprio humus...
Maroni e la sua cricca hanno partorito uno dei loro "capolavori",facendo diventare reato la clandestinità (neonati compresi), facendo allungare i tempi di prigionia nei centri di espulsione, incitando alla delazione di massa, rendendo ancora più burocraticamente contorti i percorsi per ottenere un permesso di soggiorno, quindi un lavoro “regolare”, l’unico che “rende liberi” gli immigrati, cioè consente loro di vivere un po’ meno peggio rispetto alla condizione di schiavitù in cui sono tenuti migliaia e migliaia di immigrati ridotti alla clandestinità dalle leggi, non certo dalla loro libera scelta.
Infine, last but not least, si dà il via alle famigerate Ronde, non per prevenire i reati commessi da immigrati, ma per controllare il territorio: non si sa mai, qualche focolaio di lotta di classe qua e là prima o poi potrebbe accendersi, e allora meglio non farsi trovare impreparati.
Il decreto sulla sicurezza rientra in un quadro generale più articolato, che ha come unico scopo imporre il controllo sociale e la militarizzazione della società, e che tocca i più svariati ambiti, dalle leggi sul consumo di alcoolici alle leggi repressive in materia di stadio. Tutti mascherati con le più "nobili" intenzioni, come colpire l'alcoolismo specie nelle fasce più giovani arrivando ad appioppare a famiglie proletarie di ragazzi di 16 anni multe da 500 euro (e la cocaina dei borghesi di 40??) o la violenza negli stadi, questi provvedimenti hanno come unico filo conduttore quello di stroncare qualsiasi forma di aggregazione, anche non necessariamente politicizzata, del proletariato giovanile e dotarsi di una bella palestra nella quale farsi i muscoli in attesa dell' inevitabile inasprimento dello scontro sociale.
Tra le altre trovate ricordiamo il decreto Amato-Melandri che per colpire la violenza negli stadi è arrivato all'assurdo di vietare inesorabilmente ogni forma di espressione e di colore, bandiere e striscioni compresi, o più recentemente la "tessera del tifoso", una vera e propria schedatura preventiva che non interessa solo determinati gruppi organizzati ma chiunque frequenti uno stadio. Non intendiamo con questo fare del tifoso una classe a se stante, ci premeva sottolineare con questo come con altri esempi il carattere liberticida di tutta una sequela di decreti legge e di proposte nemmeno tanto recenti, se si pensa all'ipotetico inserimento delle telecamere nelle classi scolastiche: anche qui era presente la maschera dietro cui nascondere la sostanza del provvedimento stesso, ossia combattere il bullismo. Nella realtà un tentativo di estendere l'intruppamento sociale anche alle aule di una scuola. LORO, quindi, mettono le mani avanti e si preparano a uno scontro del quale almeno per ora non vi sono i presupposti, se non qualche timido segno di ripresa della lotta di classe.
Gli sfruttati, invece, nel migliore dei casi, si muovono anche in forme genuinamente spontanee ma sempre col rischio che qualche furbo sindacalista ci metta il cappello sopra, vedi INNSE. Cosa aspettiamo ad alzare la testa e a riconoscerci come classe? Cosa aspettiamo a infrangere le catene sindacali o parlamentari e a mettere in discussione questo sistema che ormai è marcio fino all'osso?
IBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
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