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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Irlanda
Nel paese europeo che era portato come modello di sviluppo dell’economia liberista degli anni ’90 la crisi sta provocando scontri di classe sempre più frequenti. Quest’estate l’Irlanda è stata percorsa da una serie di lotte che hanno riguardato diversi settori. I lavoratori della Peel Ports, che gestisce il traffico portuale in diverse città d’Europa, stanno protestando in molte città; la ditta ha preso da poco in gestione il porto di Dublino e lo sciopero è iniziato quando molti lavoratori, soprattutto quelli più combattivi e politicizzati, non sono stati riconfermati e hanno perso il posto di lavoro, anche i lavoratori riassunti hanno comunque avuto un contratto molto peggiorativo, con un salario ridotto del 18%. Alla protesta si sono aggiunti, con un picchetto davanti alla sede centrale, anche i dipendenti della Deutsche Bank, che detiene il 49,9% della Peel Ports. Anche i dipendenti dei DIY store sono scesi in piazza in diverse città, la catena di abbigliamento e accessori sta infatti chiudendo diversi punti vendita nella nazione, lasciando senza lavoro centinaia di dipendenti. Il problema è che finora ha chi è stato licenziato non è stata data nessuna indennità, né un servizio per ricollocarsi sul mercato del lavoro. Circa 300 centri di salute stanno progettando di iniziare uno sciopero ad oltranza se la Health and Safety Executive (HSE) proseguirà nel suo progetto di centralizzazione di tutti i servizi a Dublino. Questa nuova organizzazione fortemente centralizzata avrebbe gravissime ripercussioni sulle persone che devono usufruire dei servizi, con un forte allungamento dei tempi di attesa, confusione e gravi problematiche di accesso ai servizi. In campo sanitario, stanno riformando anche l’organizzazione del pronto intervento, con gravi peggioramenti per i lavoratori; una dei cambiamenti più critici è quello che non richiede più la presenza di un paramedico alla centrale delle ambulanze, che risponda al telefono, ora è previsto invece che il paramedico risponda al telefono da casa sua; questo comporta prima di tutto gravissimi ritardi negli interventi e inoltre il fatto che il personale sarebbe pagato soltanto nel momento in cui riceva una chiamata.
Cina
Nella provincia di Henan la durissima lotta dei lavoratori siderurgici della Linzhou Steel Corporation ha costretto il governo a sospenderne la privatizzazione. Più di 3000 operai hanno iniziato ad alzare al testa già a marzo, facendo cortei e giornate di sciopero; ai primi di agosto hanno iniziato a scioperare e a manifestare per molti giorni davanti ai cancelli della fabbrica, con violentissimi scontri a metà mese contro la polizia; infine hanno tenuto in ostaggio all’interno della fabbrica per vari giorni un funzionario statale. L’episodio è avvenuto giusto poche settimane dopo un’altra protesta, alla Tonghua Iron and Steel, i cui operai sono arrivati ad uccidere un dirigente dopo il passaggio dalla proprietà pubblica a un privato. Queste non sono che alcune dimostrazioni della crescente rabbia della classe operaia cinese, che continua ad innalzare lo scontro contro il regime, a causa della crescente crisi economica che rende le condizioni di vita di milioni di proletari insopportabili. Alla Linzhou Steel i lavoratori sono stati appoggiati da un gran numero di concittadini e hanno sospeso le proteste solo quando il governo ha dichiarato la sospensione della cessione della fabbrica ai privati. Gli operai si ritrovano anche con vari mesi di salari arretrati e i nuovi proprietari hanno proposto un contratto da 1090 yuan all’anno, molti di loro raccontano che dopo aver lavorato 20 anni nella stessa fabbrica, hanno ricevuto 20.000 yuan (circa $2900) l’ultimo anno e una lettera di licenziamento.
L’interruzione della privatizzazione della Linzhou Steel ha preoccupato parecchio il regime cinese del fermento sociale che sta aumentando in tutto il paese, la crisi sta fomentando tensioni sociali sempre più aspre e alcuni funzionari iniziano a temere che la situazione possa esplodere e iniziano a richiedere indennizzi e politiche sindacali per tenere buoni i lavoratori. Nell’ultimo anno, dopo anni di crescita, la Cina ha subito un radicale calo nell’occupazione e una forte crisi economica; solo da gennaio, gli investimenti all’estero sono diminuiti del 21%, ma il governo è soprattutto preoccupato della possibile esplosione di ribellione della classe operaia in tutto il paese.
TNBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
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