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Home ›La controriforma della contrattazione
Tempo fa avevamo scritto che il contratto degli statali avrebbe fatto da apripista allo scardinamento del sistema della contrattazione, e così è stato. Se richiamiamo quella anticipazione, non è per autolodarci (cosa di cui ci importa meno di zero), né per metterci in testa un cappello a cono da maghi della politica (di ciarlatani ce ne sono già troppi), ma solo per sottolineare che, una volta capita la logica sindacale, si possono fare “previsioni” che non si discostano molto dalla realtà o che si discostano meno di altre formulate secondo i canoni della scienza (?) borghese.
A onor del vero, non fummo i soli a ipotizzare ciò che è poi effettivamente accaduto, ma fummo tra i pochissimi a farlo inquadrando la questione nell'ambito della crisi strutturale dell'economia capitalistica e della natura del sindacato. L'accordo del 22 gennaio è stato paragonato a quello del luglio 1993: da un certo punto di vista è vero, perché i due accordi registrano ed esprimono l'aggravarsi della crisi e, dunque, la progressione dell'attacco padronale al proletariato.
Infatti, dall'estate di sedici anni fa, le difficoltà economiche si sono ingigantite e il padronato ha ancor più bisogno di aumentare lo sfruttamento della forza-lavoro, cioè di renderla uno strumento duttile, flessibile più di quanto non lo sia già ora, totalmente funzionale alle esigenze dell'impresa.
È stato inoltre completamente recuperato - anche formalmente - il principio del corporativismo fascista, secondo il quale non esisterebbe conflitto inconciliabile tra forza-lavoro e capitale, ma comunità di interessi, da tutelare e da promuovere. Sia chiaro, nella sostanza è da un bel pezzo che sindacati e “sinistra” si muovono su questo terreno - l'interclassismo fascista ha avuto molti scolari diligenti - di nuovo c'è, forse, il linguaggio esplicito.
Quali sono, nello specifico, i punti qualificanti del nuovo sistema contrattuale, che programma scientificamente l'impoverimento e un'ancora più spinta frammentazione del lavoro salariato? Sono diversi, c'è solo l'imbarazzo della scelta. Intanto, la durata economica del contratto nazionale è portata da due a tre anni, con conseguenze facilmente immaginabili: è prassi normale che i contratti non vengano rinnovati alla loro scadenza, dunque, i tempi dell'eventuale rinnovo si allungheranno ulteriormente.
Già questo costituisce una perdita secca del potere d'acquisto degli stipendi; se poi si aggiunge che non sono nemmeno previste le vecchie “una tantum”, ma solo meccanismi fumosi di “recupero”, il quadro si rabbuia. Prima fregatura. Seconda, non in ordine di importanza, al posto dell'inflazione programmata compare un “indice previsionale” calcolato su media europea da un fantomatico organismo “al di sopra delle parti”; si accettano scommesse sulla neutralità di questo organismo: siamo sicuri di vincere.
A seguire, viene ridimensionato il punto di calcolo dell'inflazione, secondo alcune valutazioni fino a un 30% in meno per gli statali; per esempio, se ogni punto si concretizzava, mettiamo, in 18 euro in più in busta paga, d'ora in avanti i 18 euro ce li possiamo scordare. Sempre in tema di inflazione, la signora Marcegaglia, in combutta coi suoi complici/servi sindacalpadronali, ha ottenuto che l'aumento dei prezzi energetici venga “depurato” dagli “indici previsionali”, il che vuol dire che se un domani il prezzo del petrolio torna a salire (e prima o poi accadrà), tale aumento verrà scaricato totalmente sui nostri salari, perché i padroni non scuciranno un centesimo: per loro, il rincaro degli idrocarburi sarà solo una diceria. Ma non è finita.
Il contratto nazionale, di fatto, viene svalutato a favore - si fa per dire - dei contratti aziendali e territoriali. Infatti, mentre al primo verranno destinati deboli aumenti economici, per di più prendendo come base di calcolo i minimi salariali, gli aumenti veri dovrebbero essere ottenuti con la contrattazione decentrata, tenendo però conto dei risultati conseguiti in termini di produttività-competitività aziendale e degli incentivi fiscali concessi dal governo.
Ora, a parte il fatto che solo una parte di lavoratori pratica questo tipo di contrattazione, chi è che stabilisce se l'azienda ha centrato gli obiettivi prefissati? Forse che ai lavoratori vengono consegnati i libri contabili e le chiavi della cassaforte? A peggiorare le cose, è previsto che i contratti decentrati possano derogare dal contratto nazionale: detto in altro modo, ai padroni sarà concesso di abbassare il salario, allungare l'orario di lavoro, indebolire le già deboli misure di sicurezza, appesantire i carichi di lavoro senza dover rendere conto a nessun altro che non siano i manutengoli sindacali.
A tutti questi elementi estremamente tossici, va aggiunta la costituzione o il rafforzamento dei loschi enti bilaterali (padroni-sindacati), che avranno lo scopo di gestire in maniera centralizzata, dall'alto, eventualmente anche i contratti di categoria, ma, più in generale, la forza-lavoro, soffocando sul nascere ogni possibile conato di conflittualità.
A tale proposito, è prevista la certificazione dei sindacati “maggiormente rappresentativi”, solamente ai quali spetterà la proclamazione degli scioperi (alla faccia del diritto individuale allo sciopero), e l'istituzione di un periodo di moratoria in cui, nella sostanza, sarà vietato scioperare. Insomma, l'attuale fascistoide normativa anti-sciopero, in vigore nei servizi pubblici, verrà estesa anche al privato e resa più rigida.
C'è ancora qualcuno che trova eccessivo l'aggettivo fascista applicato alla controriforma della contrattazione? E la CGIL, si è trasformata in una tigre antipadronale? Si mettano il cuore in pace coloro che si illudono su di una improvvisa svolta di Epifani&Co.: se non ha firmato, è per una serie di motivi già illustrati in precedenza (vedi BC10-2008), tra cui la presenza al suo interno di più “anime” che, per il momento, la trattengono da uno sbracamento totale in stile CISL-UIL.
Ma se finora è mancata la sua firma sul documento del 22 gennaio, la CGIL, proprio in virtù della sua storia, è una delle “madri spirituali” dell'accordo medesimo: è quello che diremo nelle assemblee dei lavoratori convocate dal più grande sindacato italiano, indicando, come sempre, la risposta all'aggressione padronale nella ripresa della lotta di classe aperta, non in grigie, sterili e persino controproducenti consultazioni referendarie.
cbBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio-marzo 2009
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