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Home ›Il papa critico di Marx, la rivoluzione culturale di Lenin e noi
Nella sua lettera enciclica “Spe Salvi” del novembre 2007 il Papa sentì il bisogno di indicare nel marxismo una falsa speranza per l’uomo, evidenziando il suo errore fondamentale. Tale errore, manifestatosi dopo la rivoluzione bolscevica, è così formulato:
“Egli [Marx - ndr] ha dimenticato che l’uomo rimane sempre uomo. Ha dimenticato l’uomo e ha dimenticato la sua libertà. Ha dimenticato che la libertà rimane sempre libertà anche per il male. [...] Il suo vero errore è il materialismo: l’uomo, infatti, non è solo il prodotto di condizioni economiche e non è possibile risanarlo solamente dall’esterno creando condizioni economiche favorevoli.” (1)
Lasciamo volentieri alla Chiesa cattolica l’assurdo mistificatorio di un messaggio che pensa di salvare l’uomo dopo la sua morte e di una fede che è tale proprio perché non potrà mai essere messa alla prova; però, rileviamo che la Chiesa come la borghesia imperialista europea, giapponese ed americana si siano schierate in maniera liberamente determinata, a tempo debito, per il “male”. Noi non pensiamo affatto che l’uomo sia solamente il prodotto di condizioni economiche, si dovrebbe invece dire il prodotto di rapporti sociali in una determinata formazione sociale, perché:
“Secondo la concezione materialistica della storia il fattore che in ultima istanza è determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale. Di più non fu mai affermato né da Marx né da me [Engels - ndr]. Se ora qualcuno travisa le cose, affermando che il fattore economico sarebbe l’unico fattore determinante, egli trasforma quella proposizione, in una frase vuota, astratta, assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura ... esercitano pure la loro influenza sul corso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano la forma in modo preponderante. Vi è azione e reazione reciproca di tutti questi fattori, ed è attraverso di esse che il movimento economico finisce per affermarsi come elemento necessario in mezzo alla massa infinita di cose accidentali.” (2)
Ed ancora:
“L’evoluzione politica, giuridica, filosofica, religiosa, letteraria, artistica, ecc. riposa sulla evoluzione economica. Ma esse reagiscono tutte, tanto l’una sull’altra, quanto sulla base economica. Non è che la situazione economica sia la sola causa attiva, e che tutto il resto non sia che effetto passivo. Esiste, al contrario, azione reciproca sulla base della necessità economica, che in ultima istanza s’impone sempre.” (3)
Ma soprattutto sono gli uomini a fare la loro storia in un ambiente determinato che li condiziona, determinazione che non può eliminare l’azione degli uomini sull’ambiente stesso, per modificarlo.
Comprendere questa necessità economica, che in ultima istanza si impone, equivale a comprendere verso cosa si sta muovendo la società. Il comunismo non può risanare in termini assoluti le miserie, i limiti e le sofferenze umane, è soltanto una nuova formazione sociale un nuovo modo di porsi e risolvere i problemi della vita, un modo di produrre e riprodurre la vita fondato sulla soddisfazione dei bisogni umani. Dove non il lavoro morto accumulato in mezzi di produzione, il passato, comanda sul lavoro vivo, il presente, ma al contrario il lavoro vivo comanda su quello morto. Un modo di produrre e riprodurre la vita che non ha bisogno dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo. Il comunismo non è così la Vita, sarà un modo storico di vivere, e l’uomo nella società comunista non sarà l’Uomo, il comunismo non è la Comunità.
La volgarizzazione e la semplificazione del comunismo a speranza in una società “migliore”, della “salvezza”, seppur necessaria per una sua più immediata comprensione, non ne è la sostanza.
Non sulla fede ci basiamo, bensì sulla scienza, e la società deve essere giunta ad un grado di sviluppo, in generale non in particolare, che permetta la transizione alla proprietà comune dei mezzi di produzione. Questo salto rivoluzionario è stato compiuto nel 1917 in Russia, salto non intempestivo seppur in nazione arretrata, che il capitalismo era giunto alla sua fase imperialista. Ma l’evento più grandioso della storia del 1900 ha coinvolto solo alcuni settori del proletariato europeo, complice la socialdemocrazia, ma la socialdemocrazia c’era anche in Russia. Non cerchiamo alibi alle nostre mancanze alle nostre responsabilità.
Su questo punto già Rosa Luxemburg fu estremamente chiara nel suo scritto “La rivoluzione russa”. La Russia bolscevica rimase sola ed accerchiata.
Lo stato operaio-contadino, non ancora il semi-stato proletario, intriso della lotta fra le classi, come del resto lo è il semi-stato, fu sovrastruttura che cercò di orientare la struttura economica sulla base delle condizioni date. L’orientamento dato da Lenin di resistenza in attesa dell’aiuto del proletariato europeo, in primis tedesco, arrivò fin dove poteva arrivare: al capitalismo di stato quale più avanzata forma di organizzazione della produzione, a concessioni al mercato ed ai contadini che dovevano essere invogliati a produrre per le città, alla dittatura del partito che si fece stato. E adesso leggiamo l’ultimo Lenin in un suo scritto (4), “Sulla cooperazione” del 6 gennaio 1923:
“I nostri avversari ci hanno detto più volte che noi intraprendiamo un’opera insensata nel voler impiantare il socialismo in un paese che non è abbastanza colto. Ma si sono ingannati; noi abbiamo cominciato non da dove si doveva cominciare secondo la teoria (di ogni genere di pedanti), e da noi il rivolgimento politico e sociale ha preceduto il rivolgimento culturale, la rivoluzione culturale di fronte alla quale pur tuttavia oggi ci troviamo. Ora a noi basta compiere questa rivoluzione culturale per diventare un paese completamente socialista; ma per noi questa rivoluzione culturale comporta delle difficoltà incredibili, sia di carattere puramente culturale (poiché siamo analfabeti), che di carattere materiale (poiché per diventare colti è necessario un certo sviluppo dei mezzi materiali di produzione, è necessaria una certa base materiale).”
mrSegue sul prossimo numero: leftcom.org
(1) Benedetto XVI, “Spe Salvi”, pag. 44, Libreria Vaticana 2007.
(2) Lettera di Engels a J. Bloch (21.IX.1890) in K. Marx, F. Engels, “Scritti sull’arte”, pag. 63, Laterza 1978. Anche in K. Marx, F. Engels, “Sul materialismo storico”.
(3) Lettera di F. Engels a H. Starkenburg (25.I.1894), pag. 68-69, ibid.
(4) Si veda anche “XI congresso del Pc(b)r, Rapporto politico del Comitato Centrale del Pc(b)r”, 27 marzo 1922; e “Meglio meno, ma meglio”, 2 marzo 1923, Opere scelte, vol. VI, Ed. Riuniti.
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