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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Brasile
Nel Brasile che si avvicina alle elezioni si stanno manifestando forti tensioni sociali. Il governo Lula che era stato salutato con grande favore dalla sinistra riformista in tutto il mondo, sembra non aver fatto molto per difendere il salario dei lavoratori. Sono frequenti gli esempi di mobilitazioni in difesa del potere di acquisto.
Nel mese scorso esse hanno interessato due settori fondamentali per l’economia del paese sudamericano.
Migliaia di operai metalmeccanici della Volkswagen, Renault e Volvo hanno iniziato uno sciopero il 20 settembre. Il giorno seguente i lavoratori hanno respinto la nuova proposta di aumento salariale avanzata dagli industriali che si era attestata attorno al 4%, mentre le loro richieste erano ben superiori e collegate al reale andamento dell’inflazione.
Da quel momento è stato decisa la prosecuzione dello sciopero. Tutti e tre gli stabilimenti si trovano nella periferia di Curitiba, la capitale dello stato brasiliano di Parana, nel complesso impiegano quasi ottomila lavoratori e rappresentano un’importantissima realtà industriale perché coprono sia il mercato nazionale sia quello estero con la produzione di autovetture, autobus e camion.
Contemporaneamente quasi diecimila operai della General Motors di San Paolo (il principale stabilimento di auto del Brasile) hanno interrotto il lavoro per 24 ore chiedendo l’adeguamento dei salari al costo della vita.
Anche il settore della canna da zucchero, centrale per le esportazioni del Brasile, ha vissuto in settembre un momento di forte tensione.
Il 15 settembre scorso, dodici mila tra tagliatori di canna e operai delle raffinerie di zucchero hanno da prima interrotto il raccolto e, successivamente, nei pressi della città di Andradina, bloccato l’autostrada che collega San Paolo al Mato Grosso do Sul, scontrandosi duramente con la polizia e l’esercito.
La direzione del Cosan Group, la compagnia proprietaria degli stabilimenti, ha ottenuto un’ordinanza del tribunale che vieta agli scioperanti di entrare nell’area di produzione e di impedire l’accesso ai crumiri.
Sri Lanka
Il venti settembre centinaia di lavoratori della Pelwatta Sugar Company hanno protestato nella città di Buttala per un immediato aumento del salario e per la stabilità del posto di lavoro. Solo mille dei quattromila lavoratori sono, infatti, assunti con contratti a tempo indeterminato sebbene molti di essi abbiano già maturato dieci anni di servizio.
Ai lavoratori precari è negata l’assicurazione sanitaria e le altre tutele.
I lavoratori chiedevano un aumento salariale per compensare l’ormai insostenibile inflazione.
I dipendenti dell’impresa giapponese Kumayai che sta costruendo importanti reti stradali nel sud del Paese, hanno iniziato uno sciopero ad oltranza il tredici settembre.
A spingerli verso questa decisione sono state le condizioni di lavoro letteralmente estenuanti: l’unica acqua disponibile è utilizzata per produrre il cemento, i ritmi di lavoro sono disumani e mancano i punti di pronto soccorso.
Basti pensare che il lavoro inizia alle 5.30 del mattino e prosegue senza pause fino all’ora di pranzo, inoltre le ferie non superano i quattro giorni all’anno.
Duemila operai della Ceylon Electricity Board (CEB) hanno manifestato per il pagamento di salari arretrati, per ottenere il diritto alla “maternità” e all’assistenza sanitaria e per un aumento della forza lavoro impiegata.
Da diversi mesi l’accordo salariale raggiunto non viene rispettato dal governo che sta pretestuosamente dilatando i tempi per la sua effettiva attuazione, per questo la protesta continuerà ad oltranza.
Iraq
In Iraq, dove gli scontri di carattere nazionalista e l’ideologia islamica sembrano avere il monopolio dell’arena politica, in realtà le condizioni materiali stanno spingendo molti lavoratori a battersi sul terreno della difesa dei loro interessi immediati.
Questo dimostra ancora una volta che di fronte al continuo peggioramento delle condizioni di vita, anche le ideologie borghesi apparentemente più radicate faticano a contenere la rabbia proletaria.
Nell’ultimo periodo gli scioperi stanno infatti dilagando in tutto il paese. Il 3 settembre centinaia di lavoratori della sanità hanno scioperato per tre giorni nelle città di Nasiriyah e di Umara, per chiedere un aumento salariale e un indennizzo per i gravi disagi subiti.
Anche i dipendenti municipali di Baghdad stanno protestando dal 30 agosto contro un raid che i militari statunitensi hanno fatto nei loro uffici; i soldati, con la scusa di cercare delle armi, hanno distrutto porte, finestre e attrezzature.
Molti scioperi si sono inoltre susseguiti nell’area di Hilla contro il grave aumento dei prezzi dei beni di consumo e dei servizi essenziali.
Anche in un settore molto delicato come quello energetico, per la seconda volta in un mese, i lavoratori del gas della South Oil Sector, sono scesi in lotta per far rispettare ai padroni, che ne avevano fatto cartastraccia, gli accordi presi sui premi di produzione.
frBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #10
Ottobre 2006
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