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Home ›Sciopero del trasporto pubblico a Marsiglia
Controllo sindacale e isolamento hanno portato alla sconfitta dei lavoratori - Riceviamo e pubblichiamo le note del nostro compagno di Marsiglia sullo sciopero, durato oltre quaranta giorni, dei lavoratori del trasporto pubblico di Marsiglia (RTM: Régie des Transports Marseillais). Questo sciopero, sostanzialmente sconfitto, dimostra, se mai ce ne fosse bisogno, che la borghesia internazionale persegue la medesima strategia di attacco alle condizioni di esistenza del proletariato e che il sindacato è il primo ostacolo da superare se non si vogliono buttare al vento sacrifici e determinazione alla lotta.
Bisogna innanzi tutto dire che gli autisti del trasporto pubblico sono lavoratori combattivi, a statuto “protetto” (come gli statali), che hanno già condotto lunghi scioperi, in particolare qualche anno fa contro il “doppio statuto” (più favorevole e “garantito” agli anziani, più precario ai nuovi assunti. È così che le direzioni delle grandi imprese fanno passare i cambiamenti di statuto, le privatizzazioni, ecc.). Questa volta, ciò che ha scatenato la lotta è la gestione della futura linea di tramway (attualmente in costruzione) da parte di una società privata, indipendente dalla RTM (il suo nome è DSP: Délégation de Service Public).
Ufficialmente, il comune giustifica tutto questo col fatto che detta gestione è complicata e non può dunque essere affidata alla RTM. Al di là del fatto che ciò permetterà a una società privata di fare nuovi profitti, l’interesse è certamente quello di dividere i lavoratori del trasporto urbano e di limitare il blocco del servizio in caso di sciopero.
La lotta è cominciata durante lo sciopero della SNCM (quello dei marinai, vedi BC 10, ndt), conflitto ben più mediatico. Il movimento di sciopero è stato subito molto partecipato negli autobus (quasi tutti fermi), un po’ meno nella metropolitana. Il tutto in nome della “difesa di un servizio pubblico di qualità”.
La direzione della RTM ha immediatamente dichiarato la sua estraneità alla vertenza e ha scaricato la patata bollente al comune, il quale si è mostrato inflessibile, con dichiarazioni del tipo: “Noi siamo stati eletti dal popolo, non si può rimettere in discussione le nostre decisoni a causa di uno sciopero.
Di fronte a questo atteggiamento, il movimento è rimasto molto combattivo, ma limitato ai soli lavoratori della RTM, che non hanno cercato la solidarietà attiva degli altri settori lavorativi (ci sono state, tutt’al più, alcune iniziative tese a informare gli “utenti”). Dunque, è rimasto isolato.
Per spezzare il movimento, il comune ha organizzato un servizio di “autobus alternativo” con società private.
Ma, per mancanza di autobus, inadeguatezza degli stessi e non conoscenza della città da parte degli autisti (venivano da altre regioni), questa azione non ha avuto effetti concreti, tanto più che in certi quartieri gli incidenti (con e tra passeggeri, senza dubbio con scioperanti) hanno fatto sì che ogni autobus dovesse essere scortato da un mezzo della polizia.
Allo stesso tempo, il comune minacciava gli scioperanti di precettazione. Il governo, giocando la carta della “neutralità”, ha allora nominato un “mediatore” che avrebbe dovuto proporre una soluzione accettabile per tutti.
Di fatto, non ha proposto altro che una riverniciatura formale della DSP e “il miglioramento del dialogo sociale”. “Soluzione” che è stata rifiutata dagli scioperanti e dai sindacati.
In quel mentre, è arrivata la notizia che il tribunale dichiarava lo sciopero illegale (tra il 5 e 6 novembre) perché uno sciopero non può essere politico.
Il lavoro è stato immediatamente ripreso. Ma è stato depositato un nuovo preavviso di sciopero (bisogna dare il preavviso cinque giorni prima l’inizio dell’astensione dal lavoro), che è effettivamente ripartito il venerdì successivo, dopo cinque giorni di interruzione. Ciò mostra la grande mobilitazione e determinazione alla lotta dei lavoratori.
Sono allora cominciati dei negoziati tra sindacati e direzione (della RTM e del comune) ... a proposito del nuovo preavviso di sciopero (condizioni di lavoro, salari, posti di lavoro, ma non sulla DSP, poiché si rischia la dichiarazione di illegalità, mentre era proprio quello il vero motivo dello sciopero). È apparso chiaro che, da una parte, il comune non avrebbe ceduto sulla DSP e, dall’altra, che se gli scioperanti fossero rimasti isolati, non avrebbero vinto.
Il comune, i mezzi di informazione, in breve, la classe dominante, ha naturalmente organizzato la denuncia degli scioperanti aizzando i commercianti in fallimento perché non avevano (dicevano) più clienti, le vecchiette che non potevano più andare al cimitero in autobus o gli studenti che non potevano andare a lezione. È stata addirittura organizzata una manifestazione che non ha raccolto che poche centinaia (o decine) di persone.
L’esaurimento delle energie è stato lungo a venire, poiché si sono dovuti aspettare più di 45 giorni prima di vedere due sindacati fare appello alla ripresa del lavoro sulla base dei “passi in avanti ottenuti grazie al negoziato”.
Questa lotta illustra dunque molto bene lo stallo nel quale si trovano dei lavoratori combattivi che restano prigionieri del corporativismo e dell’ideologia basata sulla difesa degli interessi dell’impresa. Isolati di fronte a una direzione decisa, non possono rappresentare un vera minaccia in grado di bloccare gli attacchi portati contro di loro. Isolati, non possono approfondire la loro conoscenza del capitalismo e dei mezzi per combatterlo e, alla fin fine, incombe la smobilitazione.
ddBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2005
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