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Home ›Esplode la periferia parigina, responsabile è la crisi del capitalismo
Precarietà e disoccupazione dietro le violenze del proletariato giovanile francese
Può bastare la morte di due giovani inseguiti dalla polizia per determinare tutto quello che è successo nella periferia di Parigi e in molte altre città della Francia e del Belgio? Per la propaganda borghese tutto è stato causato da motivazioni di stampo religioso e razziale, visto che le periferie sono abitate da ex immigrati nord africani. In realtà i motivi che hanno determinato lo scoppio delle violenze dei giovani proletari nella periferia parigina e nelle altre città francesi vanno ricercati nelle loro drammatiche condizioni sociali. La crisi economica che attanaglia il capitalismo a livello internazionale da oltre 3 decenni e che si è aggravata negli ultimi anni ha determinato un peggioramento costante nelle condizioni di vita e di lavoro dell’intera classe lavoratrice mondiale. In questo contesto la Francia ovviamente non rappresenta un’eccezione, tanto che i provvedimenti di politica economica dei vari governi che si sono succeduti in questi anni alla guida del paese, non si discostano di un solo millimetro rispetto a quelli presi dai governi degli altri paesi a capitalismo avanzato. L’attacco frontale sferrato dalla borghesia nei confronti del proletariato non conosce confini: tagli al salario, massima flessibilità nel mercato del lavoro, sia in entrata che in uscita, ossia introduzione di tutta una serie di leggi che permettono l’allargamento delle possibilità di sfruttare la forza lavoro secondo le più svariate esigenze del capitale e nello stesso tempo eliminazione di tutti i vincoli burocratici che limitano l’espulsione dei lavoratori dai cicli produttivi. Per le nuove generazioni di proletari, siano essi francesi, italiani, statunitensi o figli di immigrati, il capitalismo in crisi può offrire solo insicurezza sociale, precarietà e, nella migliore delle ipotesi, salari da fame.
È in questo contesto che si è determinata l’esplosione di violenza dei giovani proletari della periferia parigina. Una generazione che non ha neanche la speranza di poter entrare stabilmente nel mondo del lavoro, che viene drammaticamente emarginata da una società in cui la ricchezza prodotta si concentra sempre di più nelle mani di pochissimi miliardari e contemporaneamente milioni di diseredati non hanno la benché minima risorsa con cui sfamarsi. La morte dei due giovani è stata solo la miccia che ha fatto esplodere la tensione sociale che si è accumulata in questi anni tra le nuove generazioni di proletari.
Perché la rivolta è scoppiata in Francia e non in un altro paese come l’Italia dove le condizioni della classe lavoratrice e del proletariato giovanile sono altrettante difficili? Per rispondere a tale domanda è necessario evidenziare il diverso impatto avuto in Francia dallo stato sociale negli ultimi decenni, rispetto a paesi come l’Italia in cui tale funzione è stata affidata all’assistenza privata delle famiglie. Mentre in Francia il welfare state fino a qualche anno fa ha svolto realmente la funzione di pacificatore sociale, attraverso una politica di redistribuzione del reddito che si è sostanziato in erogazione di servizi sociali, assistenza sanitaria, indennità di disoccupazione ecc., in Italia il welfare state non ha mai compiutamente svolto le stesse funzioni, tanto che i servizi elargiti sono stati veramente minimi. In Italia la funzione assistenziale che in paesi come la Francia è stata svolta dal welfare state è stata affidata storicamente alle famiglie e in alcuni ambiti anche alla chiesa. In questo contesto i tagli generalizzati allo stato sociale praticati in questi anni su scala mondiale dalle diverse borghesie hanno avuto pertanto un impatto sociale notevole in Francia (paese in cui realmente è esistito un welfare state) mentre in paesi come l’Italia è stato minimo, proprio per la funzione marginale che precedentemente svolgeva.
I giovani proletari francesi privati da ogni prospettiva di lavoro e senza l’assistenza dello stato sociale hanno accumulato una tale tensione sociale che è sfociata nella rivolta. In Italia i giovani proletari hanno finora goduto dell’assistenza della famiglia che grazie a salari e stipendi un po’ più alti della mera sussistenza ha potuto sostenere i figli disoccupati. Ma cosa accadrà nei prossimi anni quando arriveranno al pettine tutti i problemi causati dai continui tagli ai salari, agli stipendi e alle pensioni e non ci saranno più le risorse necessarie per mantenere fino a 25/30 anni i propri figli disoccupati o precari? Stanno maturando anche anche in Italia tutte le premesse affinché possano scoppiare rivolte di questo tipo.
Quali insegnamenti ci lascia la rivolta dei giovani proletari parigini? Intanto che la violenza fine a se stessa, senza alcun obiettivo da raggiungere né di tipo economico né tanto meno di tipo politico, è destinata inevitabilemente alla sconfitta. Nelle tre settimane abbiamo assistito ad una sommossa proletaria, nella sua componente sociologica, che si è espressa con le caratteristiche tipiche delle rivolte sottoproletarie. Che la rivolta assumesse queste caratteristiche è la logica conseguenza del totale disarmo ideologico subito dal proletariato in questi decenni. Un disarmo così profondo tale da non far percepire ai diversi settori del proletariato la coscienza di appartenere ad un’unica classe sociale. Se consideriamo, appunto, che le nuove generazioni proletarie non vivono la realtà di fabbrica ma sono frantumate individualmente sul territorio e quindi non hanno la possibilità di maturare nell’esperienza quotidiana una seppur minima coscienza di classe, le difficoltà aumentano a dismisura. Sono questi i motivi per i quali oggi più che mai occorre lavorare per costruire il partito rivoluzionario del proletariato. Un’organizzazione politica che sia capace di coordinare le istanze che provengono dai diversi settori del proletariato e sappia proporre una reale moderna alternativa alle barbarie del capitalismo in crisi.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2005
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