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Home ›L'aumento del prezzo della benzina, una rapina nei confronti dei lavoratori
Fare il pieno di carburante costa sempre di più nonostante la svalutazione del dollaro.
Negli ultimi mesi è sembrato evidente a tutti come intorno agli aumenti del prezzo dei carburanti le compagnie petrolifere e lo stato italiano abbiano praticato nei confronti degli automobilisti una vera e propria rapina. L'aumento del prezzo della benzina di questi ultimi mesi è stato giustificato dai vari distributori come una inevitabile conseguenza dell'aumento del prezzo del petrolio arrivato a sfiorare nelle scorse settimane addirittura i 60 dollari al barile. Ma anche il meno attento degli automobilisti sperimenta sul proprio portafoglio che quando si verifica un aumento del prezzo del petrolio il listino alle pompe della distribuzione viene immediatamente adeguato, mentre quando si verifica una discesa del costo del petrolio la dinamica dei listini della distribuzione non è così immediata.
Il bello è che negli anni passati ci hanno fatto credere che la liberalizzazione del prezzo della benzina avrebbe permesso agli automobilisti di risparmiare un mucchio di soldi su ogni rifornimento. I fautori della liberalizzazione, in primo luogo il governo di centro-sinistra, sostenevano che grazie alla concorrenza che si veniva a creare tra i diversi gruppi petroliferi il prezzo del carburante era destinato a scendere a tutto vantaggio del consumatore finale. Tale bufala non ha tardato molto a manifestare la sua natura, tanto è vero che la concorrenza non solo non è aumentata, ma le diverse compagnie petrolifere, agendo in una situazione di oligopolio, hanno potuto spuntare dei prezzi più alti rispetto al periodo in cui questi venivano fissati direttamente dallo stato. Con la liberalizzazione si doveva inoltre verificare che un aumento dei costi della produzione non veniva trasferito immediatamente sul prezzo finale; infatti grazie alla concorrenza i vari produttori petroliferi, per non perdere un fetta del proprio mercato sarebbero stati costretti a non ritoccare il prezzo finale anche in presenza di un aumento del prezzo del petrolio. Nella realtà si verifica che le diverse compagnie petrolifere alzano immediatamente i prezzi dei carburanti quando aumenta il prezzo del petrolio, e sono restie ad abbassarli quando la quotazione del greggio scende. Basta che questo giochetto sia fatto per pochissimi giorni per far guadagnare alle compagnie petrolifere milioni di euro.
Secondo l'associazione dei consumatori nel 2004 la spesa per il carburante degli italiani ha assorbito il 7% del totale, mentre nel 1995 non arrivava al 3%. Un vero e proprio salasso subito dai consumatori italiani.
Quando la rapina non viene praticata dalle compagnie petrolifere ci pensa il governo con l'aumento delle accise che lo stato preleva sul consumo dei carburanti. Malgrado i proclami di voler abbassare le tasse agli italiani fatti dal Silvio nazionale le imposte sui carburanti sono aumentati negli ultimi mesi: nel gennaio del 2004 la componente fiscale del prezzo della benzina era di 731 millesimi di euro, mentre nell'ultima rilevazione pubblicata sul bollettino dell'associazione petrolifera italiana, al 4 aprile 2005 tale componente era di 762 millesimi di euro. La conseguenza è che il prezzo del carburante aumenta continuamente, mentre assistiamo impotenti alle reciproche accuse tra le compagnie petrolifere, che puntano il dito sul governo reo di aumentare le tasse, e il governo che attacca le compagnie petrolifere perché non abbassa i prezzi quando scende la quotazione del petrolio. Ovviamente chi paga le conseguenze di questa manfrina sono come sempre soprattutto i proletari, letteralmente affamati dai blocchi di salari e stipendi e dagli aumenti vertiginosi del costo della vita.
Un ultimo aspetto che rende ancora più subdola la rapina praticata dalle compagnie petrolifere nei confronti dei consumatori, finora taciuto dalla stampa borghese, è il fatto che se da un lato il prezzo del petrolio è in questi ultimi mesi aumentato, grazie anche ad attività speculative delle stesse compagnie petrolifere, il dollaro nello stesso periodo si è fortemente svalutato nei confronti dell'euro. Il prezzo del petrolio, come tutti sanno, si esprime in dollari americani anche se questo viene acquistato da paesi europei. Un aumento del prezzo del petrolio significa dover dare ai produttori di greggio una maggiore quantità di dollari. Se il dollaro si svaluta nei confronti dell'euro, per i paesi come l'Italia che hanno adottato la nuova moneta europea, il costo del petrolio è meno caro, in quanto con la stessa quantità di euro si ottengono più dollari con i quali acquistare petrolio. Se il prezzo del petrolio rimane costante, una svalutazione del dollaro nei confronti dell'euro si traduce per i paesi che lo utilizzano in un risparmio nell'acquisto di greggio, quantificabile nella stessa percentuale di svalutazione della moneta statunitense. In questi mesi in cui si è verificato l'aumento del prezzo del petrolio espresso in dollari per l'Italia e gli altri paesi che utilizzano l'euro tale aumento è stato in buona misura compensato dalla rivalutazione della propria moneta nei confronti del biglietto verde. Di tale dinamica ovviamente le compagnie petrolifere non hanno tenuto conto, ma hanno continuato ad aumentare i prezzi dei carburanti, con la conseguenza di assottigliare ancor di più il potere d'acquisto dei lavoratori realizzando una rendita monopolistica come mai prima d'ora.
plBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 2005
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