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Home ›Il governo taglia i fondi per gli interventi socio assistenziali
L'altra faccia dello smantellamento del welfare
Gli operatori sociali sono lavoratori un po' particolari. Sono una categoria estremamente variegata di operatori che intervengono nel settore socio-assistenziale.
Lavoratori che operano in aree come: i laboratori pomeridiani che dentro e fuori le scuole organizzano attività per i minori delle medie e delle elementari, gli asili nido non statali, il lavoro volto all'integrazione degli immigrati, alcuni dei quali poi diventano a loro volta mediatori culturali, gli interventi nelle carceri, l'organizzazione di iniziative culturali rivolte a soggetti svantaggiati, i/le babysitter, le case famiglia, la psichiatria, le comunità terapeutiche, i progetti volti a recuperare l'abbandono scolastico, la tossicodipendenza, l'assistenza domiciliare ad inabili ed anziani, il sostegno all'interno delle scuole...
Questo genere di interventi sono oggi totalmente privatizzati, demandati al cosiddetto privato-sociale, ma non è stato sempre così.
Nel 1975 si valutavano in 60.000 gli enti, in dipendenza più o meno diretta dallo stato centrale, che operavano nel campo assistenziale, parallelamente a questi si sviluppavano le attività territoriali svolte dai circuiti delle parrocchie, case del popolo ecc.
Alla metà degli anni Settanta, quando vennero istituite le regioni, gli interventi sociali vennero regionalizzati. Mancò fin da allora, però, una legge quadro capace di riordinare organicamente il settore. La materia venne affidata, seppure in maniera confusa e frammentata, alle USL.
A partire dagli anni '90 lo smantellamento dello stato sociale ha avuto una grossa accelerazione. Tolte di mezzo le USL, le politiche di intervento socio-assistenziale sono state demandate a regioni e comuni i quali, a loro volta, appaltano i servizi a cooperative ed associazioni che danno vita al variopinto e precario terzo settore.
Nato dal volontariato il settore "no profit" è andato progressivamente ad occupare quelle posizioni dalle quali lo stato andava disimpegnandosi. Il terzo settore nasce dalle esigenze di risparmio dello stato centrale.
Lo stato, per far fronte alla crisi strutturale, ha finanziato per decenni ammortizzatori sociali straordinari, come la cassa integrazione, finanziando al contempo le ristrutturazioni aziendali. L'obiettivo era rendere l'"azienda Italia" competitiva sui mercati internazionali dove la concorrenza - per effetto della crisi - era ed è sempre più feroce, indebitandosi per questo nobile scopo oltre ogni ragionevole cifra.
Dai conti in rosso risultanti da questa politica nasce l'esigenza di risparmio, il bisogno di adottare politiche neo-liberiste tagliando in tutti quei settori nei quali lo stato è impegnato ma dove non si produce profitto (unica linfa vitale del sistema) come pensioni, scuola, sanità, assistenza alla persona...
Così si è avviata questa colossale opera di tagli della spesa sociale appaltando e subappaltando la gestione dei servizi socio-assistenziali al privato-sociale che ha il vantaggio di poter gestire la forza-lavoro a costi minimi, al massimo della flessibilità e senza l'impegno diretto dello stato.
Con la fine del servizio militare obbligatorio è stato poi istituito il Servizio Civile Volontario, vera e propria forma di lavoro nero legalizzato grazie al quale migliaia di giovani lavorano con un orario di circa 30 ore settimanali per uno stipendio - o rimborso spese - pari a 400 Euro... un buon metodo per avviare i giovani al lavoro facendo loro capire da subito che tipo di mercato del lavoro si tratta.
I volontari del Servizio Civile vengono utilizzati sopratutto negli uffici pubblici e nel settore sociale, un ulteriore strumento volto ad abbassare il costo del lavoro, aumentare la concorrenza interna alla classe, evitare di pagare stipendi veri.
Per gli operatori sociali è una realtà scandita da precarietà, ritardi dei pagamenti, tagli ai servizi, repressione del dissenso. Non pochi sono i casi di veri e propri licenziamenti politici. Chi non si adegua alle esigenze della cooperativa di turno viene fatto fuori o marginalizzato.
Altro che la COOP sei tu! Ci sono giganteschi consorzi (la lega COOP è uno dei maggiori, ma anche le ACLI e molti altri ancora) formati da centinaia di cooperative ed associazioni che si scontrano sul mercato per aggiudicarsi l'appalto per la gestione di questo o quel servizio.
Appalti che nella grande maggioranza dei casi sono annuali, altre volte triennali, raramente più lunghi e poi... via ad una nuova gara di appalto con i colossi che presentano le buste contenenti le loro offerte, ogni volta più vantaggiose per l'ente committente ovvero l'ente pubblico che stanzia sempre meno fondi.
Nella finanziaria 2005 i fondi destinati alla 328, legge quadro sul sistema degli interventi e dei servizi sociali, sono stati ridotti di quasi il 50%.
È chiaro che rivendicare una seria pianificazione e programmazione delle politiche sociali é utopico, opporsi alle attuali politiche sociali significa allora rifiutare questo sistema che mentre crea emarginazione sociale da un lato dall'altro taglia i fondi finalizzati al recupero dell'emarginazione sociale stessa.
lmBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 2005
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