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Home ›Per la ripresa della lotta di classe - Interessi e obbiettivi reali delle lotte operaie
La crisi economica avanza, colpendo inesorabilmente tutta la struttura produttiva, modificando e assoggettando alle sue contraddizioni il mercato del lavoro. È più che mai necessario, in queste condizioni, combattere il sovrapporsi confusionario di "idee", che porta alla sottovalutazione e/o alla negazione di una necessaria chiarezza programmatica di fondo. Caratteristica di questa tendenza - purtroppo ancora comune a molti tentativi di coalizioni, intergruppi, coordinamenti, ecc. - è la sottovalutazione dei problemi politici collegati ad un'approfondita analisi della crisi e sbrigativamente liquidati come inutili "ideologismi". Come tali vengono spesso liquidate quelle questioni alle quali il movimento comunista deve invece dare risposte precise e non approssimative, richiamandosi alla necessità di una guida politica fondata sulla chiarezza e coerenza di posizioni e di intenti. Solo così saremo in grado di far trascrescere realmente (non meccanicamente ma attraverso un costante lavoro di presenza e di propaganda) la lotta economica del proletariato, certamente necessaria, in attacco politico al modo di produzione capitalistico quale vera fonte e causa delle condizioni di lavoro e di vita del proletariato, ormai giunte al limite della sopportazione. Stupido e sciocco sarebbe il chiamare "astrattezza ideologica" la chiarezza delle analisi, nel tentativo di rifiutare le nostre conclusioni sul ruolo del sindacato nell'epoca dominante dell'imperialismo, fino alla continua riproposizione della vana speranza di un suo "uso" o addirittura "recupero". Questo porta a non vedere ciò che è diventato lampante nelle esperienze di decenni di lotta: il sindacato è perduto quale strumento di lotta di classe in epoca imperialista e nell'attuale periodo dilagante di crisi del capitale. In questo quadro economico il sindacato (che non è né può essere uno strumento rivoluzionario, e tale non è mai stato) si è fatto ufficialmente carico delle esigenze del capitalismo in crisi. Una fase, questa, che nega ogni spazio di mediazione fra capitale e lavoro; impedisce cioè quell'unica funzione che il sindacato dovrebbe svolgere e di cui si è fin qui fatto carico. Ma il compito dei comunisti non è quello di rincorrere sogni e illusioni, bensì di creare la premessa perché di fronte ad un sindacato che perde il controllo delle lotte nei loro punti più alti, sia già presente una rete di avanguardie che sappiano trasformare la lotta economica in lotta politica. Quando i lavoratori, le masse proletarie, si muoveranno oltre episodi purtroppo ancora sporadici e isolati, non si dovranno limitare alla presentazione di piattaforme sostanzialmente riformistiche legate ai tentativi di aggregazioni sindacali con scopi contrattualistici, il cui risultato è quello di immobilizzare il proseguimento delle lotte sviandone gli obiettivi. Un esempio fra i tanti è il fenomeno del precariato, diventato una valanga che non s'arresta, che dilaga in mille forme diverse, compreso il lavoro nero e lo sfruttamento selvaggio. Il sistema economico vigente, il capitalismo, non ha e non può avere alcuna soluzione reale; i suoi "piani" rimangono lettera morta o si rivelano come l'ennesimo espediente per sfruttare più intensamente i proletari sottopagandoli. Le prospettive avanzate dai sindacati, con al loro fianco la stessa Confindustria, rientrano in questi progetti, portati avanti approfittando dello spauracchio ricattatorio dei licenziamenti in molte fabbriche. Tutte le "conquiste" dei sindacati (come tali mistificate e sbandierate) si sono rivoltate come un boomerang contro gli operai stessi. Ma la truffa a danno dei lavoratori prosegue con le successive e continue proposte di "riforma" alle varie leggi - molte approvate, ripetiamolo, dai sindacati e dai partiti della sinistra borghese --; proposte che lungi dallo scalfire i meccanismi di fondo si limitano a tentare di rimettere a nuovo ciò che ha mostrato chiaramente i propri contenuti forcaioli. Rendiamoci conto che ciò sarà possibile fino a quando i proletari resteranno divisi, azienda per azienda; fino a quando la lotta non diventerà comune fra occupati e disoccupati, fra "posti fissi" e precari. Gli obiettivi unificanti devono essere per tutti il lavoro (ma non con salari da fame), la casa, la salute; fuori dalle compatibilità dell'economia borghese ed anzi mettendole in crisi per dimostrare che sta proprio qui, nel dominio capitalistico, la ragione di tutte le miserie e le oppressioni che si abbattono sul proletariato. Anche se approvata dai sindacati come il male minore, la cassa integrazione deve essere rifiutata, i licenziamenti respinti, gli orari di lavoro ridotti senza alcuna contropartita se non quella di costringere i padroni a nuove assunzioni di personale. Rivendicazioni il cui valore di classe consiste nel fatto che devono essere portate avanti rompendo con le regole contrattualistiche del sindacalismo e le impossibilità stesse del capitale. È il primo passo per ritrovare la nostra solidarietà di classe, organizzandoci autonomamente in ogni fabbrica e capillarmente sul territorio per far emergere, nel corso della lotta, le reali esigenze e gli interessi - tanto immediati quanto futuri - del proletariato.
Diametralmente e inconciliabilmente opposti a quelli del capitale e del potere economico e politico gestito dalla classe oggi dominante.
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2005
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