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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo
Spagna
Tre lavoratori sono rimasti feriti negli scontri violenti avvenuti il 3 marzo tra portuali e poliziotti nel cantiere navale di Gijon, nelle Asturie, dove 170 lavoratori rischiano di restare senza lavoro. Gli scontri sono iniziati quando gli operai hanno cercato di accedere all'acquario in costruzione. La polizia ha risposto con la forza ma non è riuscita a fermare la protesta. I lavoratori hanno resistito lanciando bottiglie, bulloni e usando anche un rudimentale lanciamissili, ricavato da un tubo di metallo. Durante gli scontri, durati più di un'ora, è stata incendiata una cabina prefabbricata, sono state distrutte le installazioni del futuro acquario e sono stati danneggiati diversi veicoli, tra cui un furgone della polizia. La minacciata chiusura del cantiere navale di Gijon è solo una delle conseguenze della crisi del settore portuale spagnolo e delle politiche di ristrutturazione e privatizzazione del governo Zapatero. Nelle Asturie le mobilitazioni sono cominciate lo scorso novembre, ma nelle ultime settimane si sono ulteriormente radicalizzate. All'interno dei picchetti è stata segnalata la presenza di persone solidali estranee al cantiere e sui muri sono comparse scritte di denuncia contro i sindacati che vendono i lavoratori.
Cina
Circa 5000 operai di una fabbrica di ornamenti a Foshan, nella provincia del Guangdong hanno scioperato per 3 giorni, dal 15 marzo, durante i quali hanno circondato la fabbrica. Gli operai hanno iniziato le proteste dopo aver scoperto la falsificazione dei risultati di alcuni esami medici. In questo modo i dirigenti speravano di nascondere il fatto che alcuni dipendenti avevano contratto la silicosi.
Sospettando qualcosa, dieci lavoratori si sono sottoposti ad esami nell'ospedale locale e a due di loro è stata diagnosticata la malattia, nonostante fossero risultati sani agli esami eseguiti in azienda. Altri 212 lavoratori si sono allora sottoposti a test in maniera indipendente, e 12 di loro sono risultati malati. Allo scoppio delle proteste operaie, i proprietari si sono subito dati alla fuga.
I lavoratori - che in media lavorano 9 ore al giorno con un solo giorno libero ogni 2 mesi - si erano lamentati più volte per le pessime condizioni degli impianti, con alte temperature, abbondante presenza di polvere, particelle di vetro e plastica residue dei processi produttivi. Ma i dirigenti avevano rifiutato ogni richiesta di dotazioni elementari di sicurezza, come tute protettive e mascherine. I lavoratori hanno sospeso lo sciopero dopo un accordo con l'Ufficio per la Salute e il Lavoro per organizzare esami medici. Fino al 19 marzo, ad altri 31 lavoratori è stata diagnosticata la silicosi.
Sempre il 19 marzo si è verificata in Cina l'ennesima esplosione in una miniera di carbone. Questa volta l'incidente, avvenuto nella provincia della Shanxi, ha ucciso 69 minatori. Le notizie filtrano con difficoltà, ma bisogna notare che il governo centrale si è affrettato a intervenire, promettendo alle famiglie delle vittime un indennizzo di 200 mila yuan, una cifra molto più alta di quella concessa di solito e un segnale della crescente rabbia dei lavoratori e delle loro famiglie. La speranza è che i minatori e i proletari cinesi alzino la testa e comincino a imporre ai padroni e al loro governo i propri reali interessi di classe, ossia sicurezza sui posti di lavoro, migliori condizioni di vita e di lavoro, salari più elevati, pensioni, assistenza sanitaria, istruzione.
Palestina
Il 14 marzo a Gaza circa 6.000 disoccupati palestinesi hanno spezzato la cintura di sicurezza attorno alla sede del Consiglio Legislativo e hanno fatto irruzione nell'edificio per chiedere una soluzione ai problemi occupazionali nei territori. Dal 2000, quando è ricominciata l'Intifada, le autorità di Israele hanno vietato l'ingresso a gran parte dei circa 60.000 palestinesi che lavoravano in territorio israeliano, a causa del pericolo di attentati. Oggi solo 2-3.000 palestinesi hanno la possibilità di lavorare in territorio israeliano mentre gli altri vivono di aiuti alimentari internazionali. Quanta differenza passa tra gli interessi della classe operaia e quelli del nazionalismo piccolo-borghese! Quanto sarebbe più importante e auspicabile l'unità di lotta tra proletari israeliani e palestinesi, non per creare un ulteriore confine ma per difendere i comuni interessi di classe!
Stati Uniti
Dopo 98 giorni di scioperi e picchetti, i più di 1300 lavoratori della JCP&L (Jersey Central Power & Light) sono tornati al lavoro. La protesta, terminata il 16 marzo, ha visto protagonisti sia addetti alle linee che tecnici, meccanici e assistenti alla clientela ed è stata la più lunga contro la JCP&L, seconda società elettrica dello stato che fornisce energia a più di 1 milione di utenti.
L'accordo è stato firmato dal sindacato IBEW dopo 14 ore di trattative serrate, ma pare essere un netto tradimento delle aspettative dei lavoratori, tanto che i rappresentanti sindacali si sono addirittura rifiutati di rivelare quanti lavoratori hanno votato a favore o contro l'accordo. Tra i lavoratori infatti serpeggia la rabbia, visto che l'aumento salariale del 12% sventolato dal sindacato come vittoria sarà annullato dalla riduzione dei sussidi sanitari, rendendo vana la dura lotta e i mesi di sacrifici. Come se non bastasse, l'azienda ora potrà imporre anche maggiore flessibilità ai dipendenti, esigendo disponibilità per le emergenze anche al di fuori dell'orario di lavoro.
Australia
Continua lo sciopero di 430 lavoratori a contratto impiegati nell'ampliamento di una raffineria di alluminio a Collie, in Australia Occidentale. I lavoratori scioperano da un mese chiedendo un contratto adeguato alle loro reali mansioni e non per "manutenzione". Questo corrisponderebbe a circa 150 dollari USA in più in busta paga. Due delle tre aziende che gestiscono i lavori in sub-appalto hanno già accettato le richieste, ma i lavoratori intendono continuare la protesta fino a che le nuove condizioni non saranno applicate a tutti. All'inizio di marzo un'ordinanza della corte federale aveva intimato a 66 operai di tornare al lavoro, ma in una assemblea generale si è invece deciso di continuare la lotta a oltranza. Le aziende sub-appaltatrici inoltre minacciano i lavoratori, i quali potrebbero ricevere multe individuali di 1500 dollari USA per aver infranto gli accordi contrattuali.
micBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #4
Aprile 2005
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