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Home ›Stato delle cose e prospettive future - Riassumendo sul proletariato
Fino a ieri, pochi - e noi in prima fila - denunciavano il costante degrado del potere d'acquisto di salari e stipendi, la precarietà selvaggia, l'affacciarsi brutale della prospettiva di una vecchiaia fatta di povertà, se non di miseria, per milioni di lavoratori, in particolare per le più giovani generazioni proletarie. Oggi, invece, i grandi mezzi d'informazione si riempiono di grafici e tabelle dalle quali risulta inequivocabilmente quanto da tanto tempo andiamo dicendo: siamo di fronte a una vera e propria "manchesterizzazione" della classe operaia (intesa in senso lato) ossia al ritorno massiccio di forme di sfruttamento (orari, salari, ritmi, ecc.) tipiche del capitalismo "ottocentesco" o dei primi decenni del dopoguerra. Tuttavia, tra la folla degli attuali critici è ben raro trovare una corretta analisi dei processi economico-sociali all'origine di questo stato di cose, ed è ancor più difficile imbattersi in un'indicazione politica che offra una concreta alternativa al deterioramento inarrestabile delle condizioni di vita proletarie. La ragione è evidente. Da una parte, l'ampio arco delle forze politiche autenticamente riformiste, dentro e fuori le istituzioni, ben che vada incolpa la (vera o presunta) svolta neoliberista del capitalismo, non il capitalismo in sé, appeso per il collo alla caduta del saggio del profitto. È logico, dunque, che, sbagliando la diagnosi, sbaglia anche la cura, perché non è con qualche lifting (alla fin fine, pagato da chi?, dagli operai, naturalmente!) che si può rianimare né cambiare radicalmente i connotati a un vecchio malandato.
Dall'altra parte, il centro-sinistra, che oggi mostra di indignarsi per i "poveri lavoratori poveri", in realtàè mosso unicamente da sudici interessi di bottega, visto che condivide quanto il centro-destra, anzi, di più, la responsabilità di ciò che sta avvenendo.
La famigerata legge 30 - discount della forza-lavoro per i padroni - è stata preceduta dalla legge Treu del governo Prodi sostenuto da Rifondazione. Questa legge ha funzionato così bene che oggi i cosiddetti lavoratori atipici (dagli apprendisti agli interinali, dai part-time agli ex co. co. co) sono circa sette milioni, quasi un terzo della forza lavoro occupata, concentrati prevalentemente al nord e al centro, comprese le regioni governate dal centro-sinistra. Se le regioni meridionali si trovano in coda a questa poco felice graduatoria - con la Campania ultima in classifica - è solo perché lì regna incontrastato il lavoro nero, versione non istituzionale della legge Treu e della legge 30.
La riforma Berlusconi delle pensioni, poi, ha "illustri" predecessori in Amato e Dini; e, tanto per non lasciare dubbi ai poteri forti, cioè ai circoli ristretti del grande padronato e dall'alta finanza, un giorno sì e l'altro pure D'Alema o Rutelli rilasciano dichiarazioni con le quali garantiscono il lancio in grande stile dei fondi privati ossia la definitiva demolizione delle pensioni pubbliche, una volta tornati al governo.
Se la CGIL - in particolare la sua "sinistra" - tuona contro il progetto di smantellare il contratto nazionale e la reintroduzione delle famigerate gabbie salariali, nella sostanza cerca solamente di salvaguardare il proprio ruolo nei meccanismi sociali borghesi, amministrando un'esigenza profonda del capitalismo in crisi: frantumare le categorie e i salari, abbassarli, legarli strettamente agli alti e bassi delle singole aziende e/o delle realtà economiche territoriali a cui appartengono. Il contratto collettivo dell'artigianato, firmato ai primi di marzo da CGIL-CISL-UIL, risponde esattamente a questa logica, visto che lo stipendio "nazionale" coprirà - così dicono... - l'inflazione programmata, mentre gli aumenti legati alla produttività saranno contrattati localmente. In pratica, vengono sviluppate sino in fondo le premesse contenute nell'accordo del 1993, che hanno fatto saltare i freni alla caduta del salario reale. Qualunque lavoratore sa che "l'inflazione programmata" è una miserabile presa in giro, sia perché, quand'anche fosse rispettata, non corrisponde all'effettivo aumento del costo della vita, sia perché, molto semplicemente, padroni e governi di solito si guardano bene dall'onorare i patti stipulati, come la lotta dei tranvieri insegna una volta di più.
Questa vicenda, oltre ad essere un importante - sebbene pressoché isolato - episodio di vera lotta di classe operaia, ha messo a nudo la strategia sindacale, orientata, nei fatti, ad accettare la liquidazione del contratto collettivo e, quindi, l'indebolimento del fronte di classe proletario: i confederali, dopo aver messo la firma su un aumento uguale per tutti a dir poco vergognoso, hanno sottoscritto una serie di accordi locali (ma non dappertutto!) che, al massimo, arrivano a mettere insieme quel poco che ai tranvieri era già dovuto da un accordo precedente.
Gli stessi pre-contratti FIOM (su cui dovremo tornare), che hanno tanto contribuito al successo di questa organizzazione nelle elezioni delle RSU, non sfuggono alla logica sindacale e, anzi, oggettivamente contribuiscono alla frammentazione della categoria, anche se esprimono un'indubbia disponibilità alla lotta dei metalmeccanici.
Ma c'è un altro elemento molto significativo di questo quadro anti-operaio che andiamo tratteggiando: da qualche anno a questa parte, gli stipendi dei lavoratori dei servizi pubblici e degli impiegati - quelli che, molto impropriamente, vengono chiamati classi media - sono scesi più dei salari operai, a riprova che la borghesia, messa alle strette, non esita a colpire anche gli strati meno disagiati del proletariato, un tempo (?) serbatoio di voti dei partiti di centro.
Infine, per completare il puzzle, aggiungiamo che il furore reazionario della Bossi-Fini ha reso talmente difficile la vita degli immigrati da spingere talvolta persino i padroni a lamentarsene.
È un quadro pesante, molto pesante, che le smargiassate dei sindacatini sedicenti di base e nemmeno i pii desideri del riformismo "rifondatore" possono modificare, né agendo da "movimento", né appoggiando, sia pure "criticamente" un possibile governo ulivista. Per cominciare a contrastare la tendenza del capitalismo mondiale - non solo italiano! - ci vogliono ben altro che i pannicelli caldi dei movimenti d'opinione e delle innocue sfilate stracittadine: la lotta dei tranvieri, pur con tutti i suoi limiti, ci ha dato una preziosa indicazione in merito alla strada che si deve imboccare.
cbBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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