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Home ›La guerra umanitaria è permanente - In Kossovo è ricominciata la pulizia etnica
Era l'11 giugno del '99 quando il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite adottava la risoluzione 1244 con la quale il Kosovo veniva posto sotto l'amministrazione provvisoria dell'ONU ma "nel quadro del rispetto dell'integrità territoriale della federazione jugoslava". La solennità del momento era stata preceduta dalla una guerra scatenata dalla Nato contro la Jugoslavia.
Strano a dirsi: un'organismo di difesa come l'Alleanza atlantica che si scatena all'attacco. Ma per difendersi da chi? Mai saputo. Si è avvertito chiaramente tuttavia che la guerra veniva fatta facendo strame del diritto internazionale. Operava sin dal '98 una Missione di verifica del Kosovo (Mvk) per conto della OSCE (organizzazione per la sicurezza e la cooperazione europea) con circa 600 osservatori non armati. L'Unione europea era da sempre contraria all'indipendenza del Kosovo in quanto riteneva irresponsabile il frazionamento dell'Europa in micro-stati e si era quindi attivata perché seppure con una più ampia autonomia la regione continuasse a far parte della Serbia. Con tutta evidenza questra strada poteva essere imboccata solo se ci fosse stato il consenso della Nato e degli Usa, che non ci fu perché, secondo le dichiarazioni ufficiali premevano urgenti ragioni "umanitarie".
In realtà le ragioni erano ben altre e tutte di natura economico politica. Gli USA avevano bisogno di un pretesto per metter piede stabilmente in quella parte dell' Europa e la dimostrazione si era avuta proprio durante i negoziati di Rambouillet, ufficialmente perchè Milosevic si era rifiutato di sottoscrivere la "clausola-killer" che disponeva l'occupazione da aprte della Nato non del solo Kosovo ma di tutta la Jugoslavia. Escluso che l'intervento bellico, per interposizione Nato e UCK, fosse voluto per proteggere i diritti dei kosovari-albanesi, dei quali si erano allegramente disinteressati per anni, e men che meno per porre fine alla pulizia etnica, si poteva leggere in trasparenza quale fosse l'obiettivo reale: la creazione di basi militari in territorio jugoslavo come, ad esempio, quella di Urosevac per costruire la quale erano state spianate tre colline. Una presenza stabile e militarmente significativa in tale contesto geografico rappresentava qualcosa più di un deterrente contro la realizzazione, da parte della UE con finanziamenti del FMI, della bretella petrolifera che avrebbe consentito di portare il petrolio del Caspio fino alle coste adriatiche del Kosovo presso Valona (il cosiddetto corridoio 8).
Alla luce di tali trascurabili particolari è evidente come questa guerra umanitaria, termine preso in prestito dal repertorio esilarante di D'Alema, condotta coi metodi della chirurgia preventiva, abbia mostrato il vero volto di operazione di pulizia etnico/petrolifera tesa ad estromettere definitivamente la Russia dalla gestione del petrolio caspico ma soprattutto a porre l'UE in una situazione di ricatto politico energetico per impedire la nascita di un mercato petrolifero in euro presupposto essenziale per una nascente potenza imperialistica. Il controllo di una fonte energetica quale il petrolio parte, sì, dal controllo dei giacimenti a quello degli oleodotti nonché al controllo politico amministrativo dei paesi da questi attraversati ma non si esaurisce in tutto ciò poiché il fulcro intorno a cui tutto ruota è la gestione della rendita petrolifera derivante dalla commercializzazione e dalla determinazione del prezzo di vendita. Ebbene, a guerra conclusa, gli USA avevano conseguito un saldo controllo dei Balcani, sotto forma di basi militari, corridoi, oleodotti oltre ad aver emarginato l'Europa al prezzo però della creazione di un nuovo bubbone purulento ineluttabilmente destinato a generare violenza e orrori di ogni sorta.
Ufficialmente doveva essere debellata la pulizia etnica serba? Fatto! Al suo posto ecco la contropulizia etnica a matrice albanese e ancora morti, atrocità, pogrom, esodi e piacevolezze di vario genere. Sui bombardamenti, stringi stringi, è stata costruita una entità territoriale che è, tutt'insieme, protettorato internazionale Nato sotto egida e amministrazione ONU però giuridicamente appartenente alla federazione jugoslava. È la schizofrenia a farla da padrona. La ripresa delle violenze è un portato di tutto questo bell'operare morale e umanitario. Chi le fomenti non è dato saperlo con esattezza. Vero è che Belgrado reclama l'applicazione della risoluzione 1244, così come altrettanto vero è che le frange nazionaliste kosovare-albanesi perseguono, in una sorta di macabro contrappasso, l'obiettivo di sterilizzare il Kosovo dai serbi rendendolo etnicamente omogeneo, come pure tutta questa effervescenza, chiamiamola pure così, può far comodo a più d'uno. Ovviamente a subire tutta questa barbarie è la popolazione civile, serba e albanese, perché uno degli effetti più terrorizzanti lo si produce proprio su di essa.
Questo si chiama con un sol nome: global terrorism ed è impiegato per risolvere le beghe dei diversi fronti imperialisti sulle spalle delle classi sottomesse e più in generale del proletariato.
GGBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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