Lotte operaie nel mondo

Sud Africa

Più di 1500 lavoratori sono stati licenziati dalla ZZ2, la principale industria di conserve di pomodoro del Sud Africa, per aver organizzato e partecipato ad uno sciopero. Il blocco della produzione, durato tre giorni, è stato ritenuto illegale dal padronato. Ma l'arroganza dell'azienda, che ha semplicemente ignorato tutte le richieste dei lavoratori, non lasciava altro strumento per fare rispettare almeno i livelli salariali minimi garantiti dalla legge, in ogni caso pari ad appena 45 euro al mese. I dipendenti, oltre a ricevere dei salari da fame, vedevano inoltre trattenuti 20 euro al mese, buona parte del salario, per i pasti e l'alloggio in dormitori comuni. I lavoratori licenziati, dopo aver ricevuto la miseria di 2 euro come liquidazione, sono stati costretti ad abbandonare subito gli alloggi e, caricati in maniera sbrigativa su dei camion, sono stati allontanati dalla fabbrica di Limpopo.

Ghana

Sono migliaia i bambini che nelle regioni centrali del Ghana e attorno al lago Volta sono costretti a lavorare per i pescatori. È molto difficile dare una dimensione al fenomeno del lavoro minorile e forzato che, oltre ad essere ampiamente diffuso, affonda le sue radici nelle abitudini e nella cultura locale. Una recente indagine dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni ha individuato 814 casi in cui minori di età compresa tra 5 e 14 anni venivano tenuti in condizioni di schiavitù: mandati a lavorare dall'alba al tramonto, senza alcuna paga e malnutriti, in condizioni igieniche terribili ed esposti a malattie d'ogni genere. E le condizioni dei loro alloggi non erano migliori: spesso dormivano ammucchiati in accampamenti affacciati sul lago, senza elettricità e senza acqua corrente. Sono risultati anche frequenti gli annegamenti, dovendo spesso i bambini immergersi per sbrigliare le reti impigliate sul fondo del lago. In effetti è anche per la loro incoscienza che i bambini vengono adoperati da molti pescatori: una decina di bambini, più facilmente controllabili degli adulti e più disposti ed effettuare lavori pericolosi, si può "acquistare" per cifre irrisorie, di poco superiori ai 500 euro.

Francia

Oltre 100 manifestazioni si sono svolte contemporaneamente nel paese, in occasione dello sciopero degli impiegati pubblici del 4 aprile. Completamente bloccati i trasporti, dai treni, agli aerei, alle metropolitane. Chiuse anche la maggior parte delle scuole, grazie alla massiccia partecipazione allo sciopero di insegnanti e personale non docente. Secondo le stime, il 72% dei francesi si dice solidale con i lavoratori in sciopero, nonostante gli appelli alla "ragionevolezza" del primo ministro Raffarin. Critici invece i sindacati che, se pure non possano perdere completamente la fiducia dei lavoratori, d'altro canto non intendono venir meno al loro vero ruolo storico, cioè strumenti di cui si serve il capitale per meglio attaccare i lavoratori nei periodi di crisi più dura.

Anche se la mobilitazione è stata soprattutto a difesa delle pensioni, i problemi per i dipendenti pubblici in realtà sono molti. Se nel 2003 il loro numero è sceso di 1089 unità, il ministro del lavoro Francois Villon ha già annunciato che soltanto la metà dei 59800 lavoratori che andranno in pensione nel 2004 sarà sostituita da nuovi assunti. Nell'ambito dell'istruzione, poi, l'annunciato decentramento porterà molti lavoratori attualmente statali alle dipendenze degli enti locali, frammentando la categoria in ambiti territoriali ristretti e diminuendone notevolmente la capacità di lotta.

Su questo scenario già fosco si inserisce la nuova riforma pensionistica, annunciata da lungo tempo e di anno in anno rimandata. I dipendenti pubblici intendono difendere la soglia minima per andare in pensione, pari a 60 anni d'età con 37,5 anni di contributi, mentre il governo vuole imporre i 40 anni di contributi, come già avviene nel settore privato. Il governo sostiene poi la necessità di tagliare le pensioni e sganciarle dall'attuale indicizzazione che le lega ai salari correnti. Nel settore privato attualmente le pensioni si aggirano attorno al 75% della paga media degli ultimi 25 anni di lavoro.

India

Circa 65mila lavoratori indiani, per lo più donne, sono ormai ridotti alla fame, dopo che numerose imprese hanno abbandonato fabbriche e piantagioni di tè negli stati di Assam, Bengala occidentale, Kerala e Tamil Nadu. I lavoratori stanno subendo una vera e propria crisi umanitaria e vivono in condizioni di grave povertà. A volte solo il suicidio è sembrato una via di fuga dalla malnutrizione e dalle malattie. In alcuni villaggi delle zone rurali più difficilmente raggiungibili, anche l'istruzione e l'assistenza medica sono state interrotte in coincidenza con l'interruzione delle attività produttive legate al tè.

Nell'ultimo anno in tutto hanno chiuso 30 piantagioni e 10 imprese. Nella sola regione del Kerala più di 20mila lavoratori sono senza stipendio da quasi due anni e possono sperare solo che il governo centrale invii aiuti, acqua e medicine.

L'attuale stato di crisi è il risultato del crollo dei prezzi del tè sui mercati internazionali. I lavoratori, sfruttati dall'alba al tramonto per misere paghe fino a che la loro produzione permetteva ai padroni di intascare lauti profitti, sono stati scaricati non appena il frutto del loro lavoro è diventato meno redditizio. È il più terribile paradosso di un sistema di produzione decadente, come quello capitalistico: il proletariato soffre la fame e la disoccupazione mentre vasti terreni fertili restano incolti.

Cina

Lo scorso primo maggio i lavoratori cinesi hanno avuto ben poco da festeggiare. Le libertà di espressione e associazione sono costantemente calpestate e la sicurezza sui posti di lavoro resta nient'altro che una aspirazione. Molte legittime proteste dei lavoratori sono bollate come "dimostrazioni illegali". Spesso i lavoratori finiscono in carcere per anni per aver organizzato o semplicemente partecipato a proteste pacifiche, oppure vengono rilasciati solo dopo essere stati picchiati. Le famiglie dei dimostranti sono minacciate e soggette a costante vigilanza della polizia.

Dall'inizio dell'anno, numerosi lavoratori in pensione del Suizhou Tieshu Textile Group hanno protestato contro i previsti tagli ai sussidi di anzianità. Quattro lavoratori in pensione sono stati arrestati il 23 aprile. Due di loro sono stati rilasciati, ma gli altri due, uno di 52 anni e l'altro di 72, restano ancora in carcere. Altre due persone sono state arrestate il 28 di aprile, dopo che 600 lavoratori avevano marciato davanti al municipio per protestare contro gli arresti e contro i tagli ai sussidi.

Le accuse per gli arrestati variano dalla "organizzazione di dimostrazioni illegali", alla "sovversione del potere statale", per arrivare agli "atti di terrorismo e sabotaggio". È quanto capitato ai lavoratori dello Liaoyang dopo le proteste del marzo 2002 che hanno visto la mobilitazione di decine di migliaia di persone. Ad Hunana invece un insegnante è stato condannato a dieci anni di reclusione per "minacce alla sicurezza dello stato" dopo aver diffuso notizie agli organi di informazione sulle dimostrazioni. Chiunque tenti di creare sindacati o organizzazioni autonome di lotta diventa subito oggetto di brutali intimidazioni e repressioni. Sono stati arrestati uno per uno i lavoratori che nel marzo del 2002 avevano tentato di organizzare le lotte contro i tagli a pensioni e sussidi decisi dalla Daqing Petroleum.

Ma certo le proteste non si placheranno. Anche se la normativa cinese sul lavoro stabilisce che non si possa lavorare più di 8 ore al giorno, in migliaia di fabbriche, miniere e altre aziende, la normale giornata lavorativa si estende fino a 10 o 12 ore, spesso con straordinari forzati e non retribuiti, in condizioni di lavoro che mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori. Nei primi 3 mesi del 2003, secondo i rapporti ufficiali, ci sono stati un totale di 611 incidenti in miniera, con la morte di 1090 persone. Lo scorso 22 marzo molti minatori, nello Shanxi, furono obbligati a tornare al lavoro, nonostante la puzza di gas e la paura di una imminente esplosione. Il prevedibile incidente costò la vita a 72 minatori. Nel 2002 i rapporti indicano oltre 14mila morti soltanto nelle industrie manifatturiere e di estrazione di materie prime.

mic

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.