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Home ›Il saccheggio a mano armata di Baghdad - I marines sulle orme di Brenno
Ad un mese della conquista di Baghdad da parte delle forze anglo-americane, la situazione in Iraq è drammatica. Una guerra combattuta dichiaratamente per eliminare le armi di distruzione di massa in mano al sanguinario regime di Saddam Hussein ed esportare la democrazia, si è trasformata, come era facile prevedere, nella completa distruzione delle infrastrutture e in una vera e propria catastrofe umanitaria. Tutte le città sottoposte nei giorni scorsi ai pesantissimi bombardamenti sono a tutt'oggi prive dei servizi essenziali. L'erogazione di luce e acqua sono solo un pallido ricordo, mentre le pessime condizioni igienico-sanitarie rischiano di far esplodere da un momento all'altro forme di epidemia. Per esempio nella città di Bassora, occupata dagli inglesi, l'erogazione dell'acqua manca fin dai primi giorni della guerra, è pertanto facile immaginare che gli appelli umanitari lanciati dall'Organizzazione mondiale della sanità circa l'apparizione del colera non riescano a descrivere in pieno la drammaticità della situazione.
Molti cominciano a chiedersi dove sono le armi che minacciavano l'occidente? È stato conquistato l'intero paese e delle micidiali armi chimiche nessuna traccia; infatti i motivi della guerra erano ben altri, come per esempio la confisca del petrolio irakeno e la necessità statunitense di controllare la rendita finanziaria derivante dal fatto che l'oro nero continui ad essere comprato in dollari. Se non sono state trovate le armi di distruzione di massa, alla propaganda guerrafondaia rimane da giocare il secondo asso nella manica, ossia la tesi che la guerra è stata combattuta per la democrazia. Ma neanche questa riesce a far breccia più di tanto visto quello che stanno combinando le truppe statunitensi in questi giorni in Iraq, impegnate per lo più a sparare sulla folla che protesta per mancanza di cibo e acqua. In definitiva le bombe democratiche di Bush e Blair hanno compiuto il loro dovere sconfiggendo il Rais di Baghdad, con il piccolo effetto collaterale di uccidere migliaia di poveri irakeni e distruggere le case, le strade, i ponti e gli ospedali costruiti nei decenni scorsi. Questo è il prezzo da pagare per ottenere in cambio la democrazia, la parola magica che giustifica qualsiasi crimine commesso in suo nome. Non saranno d'accordo i poveri irakeni morti sotto i bombardamenti, quelli che non hanno più una casa o un lavoro, oppure quelli che hanno perso un figlio o una gamba, spazzati via da una mina democratica o da un proiettile all'uranio impoverito.
Intanto la propaganda borghese insiste nel dire che tra la distruzione e le rovine irakene il processo democratico sta decollando. Infatti, già da qualche settimana è stato democraticamente nominato responsabile provvisorio dell'Iraq l'ex generale in pensione Garner. La nomina è stata così democratica che gli irakeni non si sono dovuti sforzare neanche un poco nell'indicare un loro uomo, ma democraticamente hanno accettato alla guida provvisoria (non si sa per quanto) un personaggio scelto personalmente dal presidente Bush, a sua volta nominato presidente degli Stati Uniti solo grazie alla sospensione del conteggio dei voti decretata da suo fratello in qualità di governatore dello stato. Ovviamente nella vita politica del paese regna il caos più assoluto, e la nomina di questi ultimissimi giorni come proconsole d'Iraq di Paul Bremer è l'ennesimo tentativo di normalizzare una situazione che rischia di sfuggire di mano agli americani. Ad un mese dalla caduta del regime di Saddam Hussein gli statunitensi non sono stati in grado di mettere d'accordo i numerosissimi gruppi politico-tribali nel formare un semplice consiglio comunale, figuriamoci a dare vita ad un governo centrale.
Se le armi di distruzione di massa non sono state trovate e la democrazia stenta a decollare, la presenza delle truppe americane forse sarà utile per garantire l'ordine nel paese? E qui che i sospetti diventano certezza man mano che cominciano ad affiorare alcune verità sconcertanti. Come tutti gli eserciti della storia anche quello statunitense una volta conquistato il territorio nemico ha dato sfogo al proprio istinto bestiale, saccheggiando tutto ciò che si trovata a portata di mano. È emerso in questi ultimi giorni che il saccheggio al museo di Baghdad non è stata opera esclusiva degli irakeni, ma i pezzi più importanti della civiltà mesopotamica sono stati letteralmente saccheggiati con la copertura e/o il consenso delle truppe statunitensi. Non ci meraviglieremo più di tanto se tra qualche tempo quei reperti fossero esposti in qualche museo di New York o in un'altra città degli Stati Uniti. Lo hanno fatto in passato gli inglesi e Napoleone perché non avrebbero dovuto farlo i democratici statunitensi? Ma ad essere saccheggiato non è stato solo il museo di Baghdad; mentre si accusava il figlio di Saddam Hussein di aver spostato in Siria qualche giorno prima dell'inizio della guerra un miliardo di dollari dalle casse della banca centrale, i soldati americani sono stati incaricati dal comando centrale di prendere dai forzieri tutto ciò che era rimasto, prosciugando di fatto le riserve valutarie dell'Iraq. Un saccheggio che somiglia molto a quello subito da Roma nel 390 a.c. ad opera di Brenno. I galli rimasero, secondo la descrizione di Tito Livio, solo un anno dentro le mura della città, faranno la stessa cosa gli Stati Uniti? Ne dubitiamo, visto che ancora non hanno dato inizio al saccheggio più importante, quello del petrolio iracheno.
plBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
Maggio 2003
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