Le magie di Tremonti - E la realtà italiana

Nel luglio 2001, Tremonti informava il pubblico televisivo e la "cittadinanza" dell'esistenza di un disavanzo tendenziale pari a circa 32 miliardi di euro (2,6% del Pil). Per la Ragioneria generale dello Stato si trattava di 17 miliardi (1,4% del Pil) e così sarà confermato in seguito. Il tasso di crescita del Pil, nel 2001, risulterà dell'1,8%, con una quota di disavanzo pubblico del 2,2%; nel 2002 si accentua il rallentamento, e siamo allo 0,4%. Fra stime ottimistiche e smentite successive, resta confermato il motto berlusconiano: qui lo dico e qui lo nego, fino ai piu recenti tassi di crescita e disavanzi pubblici, tutti in rosso. Gli ultimi dati trimestrali riportano la crescita nel 2003 dalla stima del 2,3% all'1,1% (o addirittura dello 0,6%!). Il rapporto deficit-Pil dovrebbe scendere dall'attuale 3% al 2%, ma intanto il fabbisogno del Tesoro sale a 42 miliardi di euro (3,2% del Pil). La forbice sembrava essersi leggermente ridotta nel 2002 (26 miliardi di euro) ma ora risale nonostante i tagli e le randellate riservate ai "cittadini" proletari. Il debito pubblico è al 105,9 % e l'avanzo primario (differenza fra Entrate e Uscite al netto della spesa per interessi) è calato in cinque mesi dal 4,3% al 3,2%. La pressione fiscale - udite, udite! - salirà nel 2003 dal 41,6% del 2002 al 41,8%. Il confronto tra le nuove aliquote Irpef e le precedenti, parla chiaro: sono penalizzati i redditi bassi, fino a 32.600 euro, e col prossimo anno saranno "sgravati" - con una aliquota che scenderà dal 39/45% attuale al 33% - gli alti redditi, cioè profitti, rendite e... truffe varie.

A corto di altri numeri di creatività finanziaria, Tremonti minaccia ora un "monitoraggio rigoroso" dei conti pubblici E poiché a lor signori risulta una crescita del costo del lavoro per unità di prodotto (dal 2,4% del 2002 al 3,1%) e un'inflazione "persistente", prepariamoci ai prossimi attacchi che si annunciano con "provvedimenti di contenimento della spesa e riforme per accrescere la flessibilità nei fattori produttivi e la concorrenza". Così sintetizzano Confindustria e Banca d'Italia. Indubbiamente, sono evidenti gli esiti pressoché disastrosi di una serie di "miracolose" misure inventate dal Mandrake dell'economia, (compresa quella riforma fiscale che dovrebbe autofinanziarsi attraverso l'ipotesi di un aumento dei consumi, degli investimenti e dell'attività economica: tutto fermo o in calo. Neppure il festival dei condoni fiscali tombali, delle sanatorie, dei concordati preventivi e delle cartolarizzazioni, è in grado di risolvere le questioni sul tappeto. Il risultato è semmai quello di anticipare all'oggi quello che si dovrebbe incassare domani. E nel caso dei condoni già si paventa un effetto negativo sia sul controllo delle evasioni sia sui futuri gettiti fiscali. Figuriamoci nel 2004 quando verranno meno gli 8 miliardi di euro previsti quest'anno come entrata derivante dai condoni. Per quanto concerne le cartolarizzazioni, l'idea iniziale è stata quella di una gigantesca ipoteca sui beni dello Stato per rastrellare centinaia di milioni di euro da destinare alle infrastrutture promesse dal Principe al popolo plaudente. La spesa dovrebbe essere caricata sui conti della apposita Spa, di diritto privato, senza incidere sul deficit statale, ma i buchi nel bilancio si trascinerebbero di anno in anno, fino a scavare vere e proprie voragini. Ivi comprese le lucrose commissioni concesse a società e banche d'affari, visto che l'ineffabile Tremonti aveva inizialmente concordato un tasso di sconto del 40% con le "società veicolo" e promesso una "accettabile redditività" ai capitali privati per attrarli nella realizzazione di faraoniche quanto inutili opere.

Al di là di questi caroselli di manovre una tantum e dei loro fantasmagorici risultati, Tremonti si è visto costretto al drenaggio di ben 3,5 miliardi di euro dai settori farmaceutici e bancari, oltre ad una serie di altre iniziative al limite dell'arbitrio contabile: aumenti retroattivi, agevolazioni fiscali per recuperi vari, anticipi di versamenti di imposte e, dulcis in fundo, il decreto taglia spese e lo swap con la Banca d'Italia. Il primo autorizza il blocco di effetti di spesa secondo leggi vigenti; il secondo riguarda uno stock di obbligazioni pubbliche con rendimenti molto bassi e detenuto dalla Banca, con un onere finanziario per lo Stato di circa 500 milioni di euro a partire dal 2003. Abolito il contributo erariale del 2% a favore degli Enti locali (che si rifaranno sui "cittadini" proletari), tagli ai trasferimenti erariali, blocco dei turnover nella pubblica amministrazione. Gli affannosi espedienti adottati si calano in una situazione precaria; gli stessi "oppositori" non vanno al di là delle invocazioni di una politica economica in grado di favorire quell'araba fenice che è diventata la "crescita dell'azienda Italia", combinando efficienza ed equità per una maggiore... competitività! Si vaneggia così di cooperazione, di introduzione e diffusione di innovazioni, di adeguamenti del modello di specializzazione nazionale al seguito della evoluzione competitiva dei mercati. Il tutto con un occhio ai "ringiovanimenti dell'economia Usa" (?), alle "forme e regolamentazioni dei mercati", con lo specchietto illusorio della salvaguardia dei sistemi di welfare europei, ridotti ormai al lumicino. Ai prossimi rendiconti.

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.