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Home ›Appalti pubblici e sospette gestioni mafiose
Chi finanzia gli alti costi di realizzazione delle opere pubbliche, sul cui rilancio dopo i tempi di Keynes si ritorna a sperare per ossigenare il...declino capitalistico? Vi sarebbe spazio, si dice, per banchieri e appaltatori spericolati, garantendo però tariffe tali da assicurare una giusta retribuzione dei capitali investiti. Ma si teme che quelle tariffe possano coprire solo una parte delle spese, con l'aggiunta dei problemi (e costi) inerenti alle concessioni, garanzie sulle opere, fallimenti, abusivismi, sprechi, contenziosi e...convivenze mafiose. Al contrario, la finanza di progetto, il coinvolgimento di capitali privati, richiede strette coincidenze fra tariffe e copertura dei costi; reclama progetti chiari, esecutivi, da collocare sul mercato dei capitali; vuole una precisa ripartizione dei rischi per stimolare l'intervento di Banche, le emissioni di titoli di debito delle società costruttrici. Con lo Stato a far da garante finale, cedendo la gestione delle opere ai costruttori e pagando loro un importo fisso annuale (come avviene in Gran Bretagna).
L'intera legislatura berlusconiana prevederebbe (il condizionale è d'obbligo) una spesa di 25 miliardi di euro, mentre la nuova Infrastruttura Spa, nata da una costola della Cassa depositi e prestiti, dovrebbe raccogliere altri capitali per realizzare porti, aeroporti, strade, ferrovie, reti telefoniche e informatiche, opere idriche, smaltimento rifiuti, ecc. Ma su tutta l'operazione già si addensano le nubi di una contestazione della legge italiana sugli appalti, a causa delle sue contraddizioni con la normativa Ue sulla libera concorrenza. La Corte dei Conti ha già avanzato sospetti sulla possibilità - per le imprese scorrette - di "impostare accordi per orientare il procedimento di appalto verso un certo esito". Esiste infatti oggi una norma che assegna la vittoria della gara a chi si avvicina di più ad una doppia media stabilita sulla base delle offerte presentate, escluse le offerte al maggiore o minore ribasso. Quella soglia diventa anomala, poiché ci si può avvicinare con molta precisione attraverso accordi fra i partecipanti, oltre che con formule matematiche. Il meccanismo di assegnazione è dunque "aleatorio", non garantisce la selezione dell'offerta più vantaggiosa e sicura, e "sembra il veicolo più efficace per estromettere - attraverso accordi dolosi - i partecipanti che non rispondono a logiche di gruppo"...
Inoltre, con un recente decreto legislativo per le concessioni già affidate o rinnovate, "i concessionari sono tenuti ad appaltare a terzi una percentuale minima del 40% dei lavori". Anche nella costruzione delle grandi infrastrutture, dove il potere discrezionale del committente è stato rafforzato "per velocizzare la realizzazione", una grossa quota di appalti viene liberata da ogni concorrenza. Questo quando sono ben noti i collegamenti tra mafia, imprenditoria e parti della politica.
L'apertura dei cantieri delle grandi opere autostradali, con il consorzio pubblico-privato del project financing, da il via ai grandi affari consistenti nella riscossione dei canoni di locazione sulle aree valorizzate e, per gli enti pubblici locali, nel gettito Ici su nuovi insediamenti, quote associative alle Camere di commercio, oneri di urbanizzazione, ecc. Un altro esempio di project financing è quello del treno superveloce, un'opera che si trascina da 10 anni fra procedure contestate di appalti, come gli ultimi affidati dal ministro Lunari, che ha risolto ogni questione di costi e tempi saltando l'obbligo delle gare europee e risolvendo tutto in...famiglia. Stabilendo inoltre che "il garante del concessionario delle opere deve essere un primario gruppo industriale italiano", ovvero escludendo le imprese internazionali. In una bagarre di contestazioni e ricorsi, richieste di risarcimenti, arbitrati, veti, sequestri e varianti, i 254 km di binari hanno lievitato il loro costo dagli iniziali 7,7 miliardi di euro (stime del 1991) ai 24,1 miliardi di oggi (dati Corsera). E non si parla più di alta velocità ma di potenziamento complessivo della rete, mentre sono scomparsi i finanziatori privati ed è rimasto lo Stato (40%) con in più il ricorso al mercato di capitali e con le Ferrovie che pagano gli interessi sui prestiti.
L'infiltrazione di cosche mafiose ("mafia e camorra sono fenomeni che ci sono sempre stati e sempre ci saranno. Sono problemi che ognuno se li risolverà come vuole" - parole del ministro delle infrastrutture, Lunari) è resa possibile da quella rete di privilegi, deroghe e regalie che avvolge il settore dei lavori pubblici e favorisce certi poteri e interessi.
Basti vedere le motivazioni degli ultimi provvedimenti con cui la sezione Misura di Prevenzione del Tribunale ha disposto la confisca di beni per 225 milioni di euro a due imprenditori palermitani. Fra i sequestri vi è il capitale sociale di 12 imprese edili, uno stabilimento di calcestruzzo, quote societarie, conti correnti, rapporti bancari,120 immobili, terreni, ecc. Uno degli imprenditori è stato per anni il riferimento del Gruppo Ferruzzi in Sicilia; entrambi avrebbero intrattenuto stretti rapporti economici con esponenti mafiosi ed esercitato forti influenze sulla spartizione degli appalti. Le indagini risalgono a molti anni fa, e come ha precisato il pm, sarebbero difficilmente possibili oggi, quando "negli ultimi anni sono stati smantellati dei mezzi utili per indagare sulla mafia". Guarda caso, certi decreti vanno a finire oggi come il cacio sui maccheroni. La corruzione continua a penetrare in molti settori della pubblica amministrazione. Sono in aumento i casi di peculato, concussione, abuso d'ufficio, illecito, ecc. Alcune recenti inchieste lo confermano, e riguardano in particolare i contratti di appalto e fornitura, finanziamenti alle imprese, controlli fiscali, concessioni di servizi, progettazioni e costruzioni di opere pubbliche. Traffici legali o illegali (la differenza è piuttosto sottile) sono l'alimento di cui si nutre il capitalismo, sia esso di natura pubblica o privata. Il libero mercato si fa beffe delle questioni morali e si costruisce da sé le regole adatte ai propri affari. E come tali le impone alla civile comunità. Tanto più che dai tempi di "mani pulite" ai giorni nostri la madre di tutti i corruttori e corrotti ha continuato i suoi parti gemellari, mentre nella cosiddetta opinione pubblica si è imposta l'assuefazione e l'indifferenza. Oggi anche un ministro in carica può tranquillamente esternare, fra gli applausi, che "i reati cessano di essere tali se la coscienza morale dominante non li considera tali".
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #12
Dicembre 2002
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