Sugli scioperi contro l'abolizione dell'art.18

Le assemblee preparatorie dello sciopero del 29 gennaio (in Emilia Romagna e altre regioni) e gli attivi delle RSU hanno visto il dispiegarsi omogeneo delle varie organizzazioni sindacali. La volontà è quella di contenere il malcontento tra i lavoratori. Infatti, il compito svolto dai sindacati è di evitare una crescita della protesta contro l'ennesimo attacco della borghesia, in termini di classe. La rappresentazione della realtà fornitaci dai sindacati tende a farci credere che basti ripristinare la pratica della concertazione per riequilibrare, nel nome degli interessi nazionali, le esigenze dei padroni e della classe operaia. Nella pratica le cose stanno diversamente. La concer-tazione, per esempio, è servita proprio a fare ingoiare ai lavoratori il peggioramento delle loro condizioni. Dalla politica dei sacrifici in poi sono passate misure che hanno di fatto smantellato completamente lo stato sociale. Tutti gli accordi, tutti i contratti, la svendita della scala mobile, le mille forme di precarietà sono stati controfirmati da questi sindacati. E non è nemmeno veritiera la rappresentazione che vede solo oggi un attacco alle "conquiste dei lavoratori". Basta avere un po' di memoria per ricordarsi che l'attacco al sistema pensionistico è stato avviato dal governo Dini. In realtà, i governi di centro-destra e centro-sinistra altro non sono che le due facce della stessa medaglia. Il centro-destra si muove con diretta brutalità; il centro-sinistra, tramite i suoi terminali storici nella classe operaia, i sindacati. Ancora una volta, però, la realtà smentisce chi la vuole piegare ai propri desideri. Il modo di produzione capitalistico sta vivendo una crisi del ciclo di accumulazione che non è risolvibile né con ricette liberiste, né keynesiane. Essa ha carattere strutturale e vede le borghesie mondiali affrontarsi a livello globale.

Riproporre in una fase di crisi - quindi di impossibilità di praticare riforme economiche politiche migliorative per i proletari - la riconquista dello stato sociale non è solo miope, ma illusorio, e porta, se accettata dalla classe operaia, a un'altra sconfitta materiale e ideologica.

Queste strategie sono non a caso sostenute da quel ceto politico-sindacale che, legato ideologicamente alla conservazione del capitale, non riesce ad accettare che questo sistema ha in sé i germi della sua distruzione e cerca con tutte le sue forze una soluzione per il suo proprio salvataggio.

Le manifestazioni regionali si sono svolte quindi all'interno di questo quadro e hanno dimostrato, se mai ce ne fosse ancora bisogno, il lungo percorso che la classe deve compiere per riuscire a difendere realisticamente anche solo i propri interessi immediati. Le pur peggiorate condizioni materiali permettono ancora oggi, nelle nazioni economicamente più forti, una identificazione dei lavoratori coi modelli e le aspettative di vita della borghesia. Mentre le sirene del riformismo "radicale" conquistano, purtroppo, i lavoratori più sensibili. La presenza dei comunisti - senza aggettivi, perché ormai non ce n'è più bisogno - è ridotta numericamente al minimo, anche se laddove i compagni sono presenti riescono a interessare parte dei propri compagni di lavoro. Questa presenza, proprio per i suoi bassissimi numeri, non può oggi definirsi punto di riferimento, ma è obbligo comprendere l'urgenza di darsi maggiori strumenti di intervento, perché i bisogni del capitale, accelerando le contraddizioni e il peggioramento delle condizioni materiali della classe, costituiscono le basi per una maggiore penetrazione delle posizioni comuniste nella classe.

mc

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.