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Home ›Porto Alegre - Il movimento dei No Global dopo Seattle
Si sono appena riunite a Porto Alegre (Brasile), in occasione del 2° Forum sociale mondiale, delegazioni di organizzazioni di base, associazioni e movimenti provenienti da tutto il mondo. Nei cinque giorni di manifestazioni, dibattiti e conferenze, a partire dal 31 gennaio 2002, il Forum ha accolto le varie istanze del movimento contro gli effetti negativi della "globalizzazione", della mercificazione, della distruzione delle risorse naturali. Ha spiegato sinteticamente la posizione del Forum Vittorio Agnoletto, affermando che le direttrici di marcia sono due: critica alle politiche neoliberiste e rifiuto della guerra. Hanno partecipato anche uomini politici della sinistra istituzionale di vari paesi, tra cui diversi francesi e gli italiani Veltroni, Salvi e Folena dei DS, contestati ma solo in rapporto all'appoggio alla guerra imperialista in Afghanistan e Bertinotti del PRC, che vuole costruire il partito del movimento. Presenti Luca Casarini dei "Disobbedienti", Bernocchi dei Cobas e Stefano Zoratti della Rete Lilliput, nonché l'associazione Attac francese e italiana. I Forum tematici sulla pace, lo sviluppo equo, la questione del debito dei paesi non sviluppati o in via di sviluppo, le tassazioni dei capitali finanziari, l'ambiente, hanno aperto diversi spazi di discussione e dibattito nell'obiettivo di elaborare, nella Assemblea generale prevista alla fine di ogni giornata, le linee programmatiche e le iniziative di lotta dei prossimi mesi. Oltre l'agenda è stata stabilita una articolazione mondiale, internazionalista, dei movimenti nei Forum continentali tematici.
Il Forum mondiale si è svolto volu-tamente in concomitanza con il World economic forum (Wef) tenutosi a New York, riunione di economisti, politici e imprenditori responsabili delle decisioni di politica economica internazionale, delle politiche monetarie, della aggressione finanziaria e speculativa per la spartizione dei mercati e il controllo delle materie prime.
Importante per capire le posizioni del Forum sociale è l'articolo "I valori per una civiltà solidale" di Michel Lowy e Frei Betto, apparso nell'inserto Rivoluzioni del quotidiano Liberazione il 27 gennaio 2002. Gli autori tracciano le linee di un progetto di trasformazione sociale incentrate sulla costruzione di "un nuovo mondo possibile". Si può dire dunque che la elaborazione del movimento no global prenda corpo, dopo le esperienze di Seattle e Genova. Si parte dalla critica del denaro, del mercato e della mercificaione, a partire dai concetti base della Rivoluzione Francese, uguaglianza, libertà e fraternità per approdare alla democrazia come valore e al socialismo come alternativa, includendo la critica al razzismo verso gli immigrati e le lotte delle donne per la propria liberazione. Di fronte alla ideologia mercantile e al capitalismo si afferma la diversità culturale e l'apporto dei singoli popoli e individui. Un'idea dunque sostanzialmente solidaristica, umanitaria e pacifista, di affermazione dei diritti civili messi in discussione dalla crisi capitalistica in atto. Le iniziative del movimento mettono in campo la campagna contro il debito nel terzo mondo, la lotta contro i prodotti transgenici e i progetti di tassazione della speculazione bancaria e finanziaria (Tobin tax). I riferimenti sono le iniziative popolari, di solidarietà cooperativa e di democrazia partecipativa delle lotte dei contadini in India, le esperienze partecipative del Rio Grande do Sul, gli scioperi in difesa dei servizi pubblici in Francia, il movimento zapatista del Chiapas, il movimento dei Sem Terra, le lotte dei palestinesi, le ribellioni (queste sì, proletarie) in Argentina.
L'analisi economica non affronta però nella maniera adeguata i termini della crisi capitalistica in atto che non consente, nell'accrescersi vertiginoso della concorrenza, politiche di redi-stribuzione, come contraltare all'abbattimento del residuo stato sociale, tramite tassazione o semplice incentivo alla cooperazione. I margini di massimiz-zazione dei profitti si restringono e vengono al pettine i nodi irrisolti e irrisolvibili della caduta tendenziale del saggio di profitto e della sostituzione del lavoro vivo da parte delle macchine. In secondo luogo non è presente in questo discorso la classe proletaria in senso autonomo, l'unica alternativa reale all'altra classe, la borghesia, che tiene in mano le redini del mondo. Nel Forum si è affrontato il problema del nuovo soggetto antagonista della trasformazione ma sembra proprio che questo soggetto sia molto ipotetico, poco basato storicamente. Alla sconfitta del proletariato dopo l'apice dell'Ottobre '17 e al bieco inganno stalinista di tutta una fase storica, si reagisce con la ricerca affannosa del "nuovo". Certo vi sono stati mutamenti, innegabili, ma le trasformazioni sono comandate dal Capitale, sono innovazioni funzionali al capitalismo. La lotta titanica tra le due classi non può essere elusa attraverso semplici aggiu-stamenti, perché alla base della capitalizzazione vi è sfruttamento e oppressione. I popoli che sono il punto di riferimento del movimento, sono composti anche dalla classi medie e le loro rivendicazioni, espresse nei propositi delle lotte di liberazione nazionale, sono organiche ai programmi di alcune frazioni della borghesia in ascesa, non si riferiscono certamente agli interessi e alle finalità del proletariato, anzi sfruttano politicamente le lotte e le ribellioni proletarie attraverso le affermazioni ideologiche del nazionalismo, del populismo, dell'interclassismo, per incanalarle verso l'accettazione della democrazia rappresentativa e della delega delle decisioni. La lotta del proletariato invece è la lotta di classe per l'emancipazione di se stesso e, attraverso questa, della intera umanità, perché non vi è altra classe sottoposta nell'attuale modo di produzione. Se dunque il movimento resterà su posizioni interclassiste non potrà porsi all'altezza dei rapporti di forza tra le due classi fondamentali, non riuscirà ad aprire prospettive che non siano un generico ribellismo oppure un idealismo prefigurante o religioso sostanziato in realtà da politiche riformiste e di compromesso sociale con alcuni strati più deboli della borghesia.
In relazione al nuovo soggetto si è parlato del rapporto tra movimenti e partiti, prendendo però a modello le socialdemocrazie, che hanno sempre allontanato la rivoluzione socialista verso il comunismo in un orizzonte indefinito, subordinando il movimento operaio alla politica borghese. Si è avanzata l'ipotesi di un rinnovamento di detti partiti in rapporto, alquanto generico, alle istanze delle nuove generazioni, senza affrontare in primo luogo i disagi materiali dei giovani proletari. Non si sono affatto prese in con-siderazione, allo stato attuale, ipotesi di raggruppamento delle avanguardie di classe, un principio questo considerato obsoleto e ormai impraticabile. E invece l'errore sta qui. Difatti, il vero problema risiede nella costruzione di un partito comunista dal preminente carattere internazionalista, da costruire, il Bipr (Bureau internazionale per il partito rivoluzionario) intende operare in tal senso, come necessario punto di riferimento strategico. E al contrario di ciò che forse non sembra ancora evidente ma lo sarà presto, sarà proprio il movimento "antiliberista" che, per individuare e perseguire in futuro obiettivi validi di coinvolgimento sociale nelle lotte svincolate dalla politica istituzionale e guerrafondaia, dovrà porsi, pena la sconfitta, il problema di riposizionarsi in direzione compiutamente antica-pitalista.
sbBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #2
Febbraio 2002
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