Olocausto degli ebrei, ma non solo

Un giorno dedicato alla memoria dello sterminio di milioni di ebrei da parte dei nazisti, gli altri 364 a seppellire le vittime di una carneficina ininterrotta che insanguina città, paesi e continenti. Storia di ieri e storia di oggi.

Una carneficina che non sembra avere altra spiegazione - così ci raccontano - se non quella di una innata crudeltà e ferocia animale che prende il sopravvento su esseri, sì, umani, ma purtroppo irrimediabilmente "sanguinari e crudeli". La condanna dei crimini del nazismo e di quelli, prima e dopo, consumati all'ombra della trionfante civiltà borghese, di norma non va oltre queste motivazioni di fondo, oltre ad un primo tentativo di colpevolizzare un intero popolo, quello tedesco, così come gli esaltatori dello stesso, in camicia bruna, avevano fatto contro gli ebrei e altre "razze inferiori".

Al contrario, la nostra è una memoria consapevole di aver individuato nel nazismo non la causa ma l'effetto di uno smarrimento, di una alienazione totale degli uomini che li porta - diceva Marx - a non riconoscersi più come tali in un mondo, quello capitalistico, e in una società, quella borghese, dove "il bestiale diventa l'umano e l'umano il bestiale". Il nazismo, dunque, partorito da quel mostro che trasuda sangue da tutti i pori e si chiama capitalismo, società divisa in classi, rapporti sociali dominati dal dio profitto. Non è un gusto animale della carneficina - che in verità nessun animale ha mai praticato verso la propria specie - a riunire alcuni individui quali massacratori di altri, ma la lotta feroce di una minoranza in difesa del proprio dominio economico e sociale, di un potere che si mantiene e si sviluppa solo sull'oppressione, lo sfruttamento materiale, l'addomesticamento e l'abbrutimento spirituale e, se necessario, lo sterminio dei deboli e dei diseredati.

Perciò la nostra memoria non si ferma all'Olocausto, si spinge alle patriottiche imprese dei massacratori socialdemocratici Noske e Scheidemann contro gli operai spartachisti, e dopo quelle del centro-sinistra di Ebert a quelle del nuovo cancelliere Hitler incaricato di difendere l'ordine e la democrazia contro il mostro del bolscevismo. I briganti imperialisti, gli stessi che si erano alleati a Nicola (il Sanguinario Zar di tutte le Russie) contro il teutonico militarismo, applaudivano allora a colui che in definitiva impediva la pericolosa rottura di un altro anello della catena mondiale capitalistica. Un anello che, stringendosi al collo del proletariato tedesco, aveva ormai già garantito il soffocamento in corso della Comune Rossa sorta nell'arretrata Russia. Una vittoria controrivoluzionaria che diede vita allo stalinismo, il cui aiuto alla borghesia internazionale fu prezioso nel sabotaggio della stessa rivoluzione proletaria tedesca. Fu con quella tragica sconfitta, a cui si aggiunse negli altri paesi quella di tutto il proletariato europeo, che si aprirono le porte al fascismo e al nazismo. Quest'ultimo trovò la strada spianata ancora dallo stesso Stalin che, mentre i proletari combattevano le camicie brune nelle strade, spingeva il partito comunista tedesco addirittura a collaborare in parlamento con i nazisti.

Ai macellai hitleriani fu consegnato dai traditori socialdemocratici e stalinisti un proletariato legato mani e piedi, spinto alla capitolazione per non "provocare la reazione governativa". Nello stesso tempo, la proletariz-zazione avanzava tra il ceto medio, che vedeva naufragare - come sempre quando il capitalismo entra in crisi - quei valori e quelle illusioni con i quali la borghesia lo tiene legato a sé. Occorreva mutare "politica", metodo e gestione del potere: approfittando della debolezza della classe operaia, decapitata della sua guida di classe, si scatenava la controffensiva della borghesia. La carta da giocare era quella di ristabilire l'ordine col ricorso al pugno di ferro e ad un "salutare autoritarismo" capace di deviare, per gli interessi del capitale industriale e finanziario, il malcontento e la rabbia che dilagavano nel paese. Anche la nuova religione della "razza eletta" e gli schemi ideologici del nuovo ordine sociale potevano servire a scuotere le frustrazioni della piccola borghesia, indirizzandola a sfogare rancori e proteste verso il capro espiatorio dell'anarchismo bolscevico e del giudaismo internazionale.

Fino al 1929 il partito nazista non era che un gruppo di paranoici e psicopatici, in preda al più isterico fanatismo nazional-razzista e all'ossessione del mito della grande Germania. La crisi economica fu l'occasione attesa da Hitler, visto il suicidio politico della dirigenza stalinista del partito comunista tedesco, per presentarsi a riscuotere il "consenso popolare" come salvatore della patria contro la "dissoluzione morale" e il "parlamentarismo cor-ruttore che favorivano il bolscevismo". Quasi 14 milioni di voti alle elezioni del 1932 e 230 seggi in Parlamento fanno dei nazisti il primo partito tedesco; nel '33 Hitler è nominato cancelliere del Reich e dopo l'incendio del Reichstag, assurge a difensore dell'ordine democratico e a promotore "della iniziativa e della proprietà privata". Nel novembre dello stesso anno la lista unica di Hitler ottiene il 92% dei voti. L'investitura democratica della aperta dittatura borghese - come è stato in Italia per Mussolini - è cosa fatta.

Mentre la classe borghese consegnava legalmente e democraticamente il potere assoluto ai nazisti, nelle casse del partito una colletta dei grandi industriali versava tre milioni di marchi, di cui 400 mila provenienti dalla I. G. Farben, colossale monopolio della chimica. Su iniziativa del magnate Krupp viene costituita la Hitler-spende, una colossale riserva di denaro a disposizione dei nazisti. In cambio gli industriali ricevono enormi ordinazioni legate al riarmo e ai piani di lavori pubblici, in molti casi inutili ma che servono ad assorbire milioni di disoccupati, prima di inviarli al macello della guerra imperialista.

La Chiesa, cattolica e luterana, stipula prontamente i suoi Concordati con Hitler il quale diventa l'idolo di una borghesia (oltre ai ceti medi e ad un sottoproletariato alla fame) che scarica in un delirio di fanatiche esaltazioni le paure e i rancori accumulati negli anni precedenti. Gli junker, la casta militare dei grandi proprietari, i magnati dell'industria e della finanza sono tutti con lui: da Deterding, re del petrolio, a Rechberg, re del potassio, a Fritz von Thyssen, proprietario di fabbriche, miniere e banche. Tutta la classe borghese tedesca (ma non solo quella) è a conoscenza dei "pazzi disegni" di Hitler; è il suo complice diretto e lo appoggia con una sola condizione: la spartizione del bottino.

Nel giugno 1933 a Dachau entra in attività il primo dei 1187 campi di lavoro forzato e sterminio: a riempirlo saranno migliaia di bolscevichi, anarchici, ed "elementi asociali". Sarà poi la volta degli ebrei, additati come ostacolo alla creazione della grande "comunità nazional-socialista", e che prima di essere trucidati costituiranno una notevole massa di manodopera a costi irrisori, di cui beneficeranno la nobiltà terriera e gli industriali. Gli stessi che poi fingeranno di deplorare l'uso nazista delle camere a gas, e che oggi, a scala planetaria, avvelenano l'aria delle città.

Le più aberranti ideologie della conservazione e della reazione borghese avevano preso corpo nel nazismo, e nello stalinismo, così come quelle del cosiddetto "progresso civile e democratico" si diffonderanno fra i "combattenti della libertà" al seguito dei bombardamenti a tappeto sulle città e dei funghi atomici di Hiroshima e Nagasaki. Gli uni e gli altri espressione della "smisurata degradazione in cui l'uomo si trova ad esistere di fronte a se stesso" (Marx), in quella giungla che è la società del dominio capitalista. Le coperture ideologiche, e religiose, sono sempre a portata di mano per nascondere la barbarie del capitale sotto la pelle sanguinante di esseri costretti, in ogni loro funzione, a riconoscersi soltanto come bestie. E a servire come carne da macellare sull'altare del capitale: in Corea, nel Vietnam, a Bejrut, a Gerusalemme, nel Congo, in Ruanda, in Iraq, in Bosnia, in Serbia, a New York, in Afghanistan...

Battaglia Comunista

Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.