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Home ›Il falso obiettivo dell'autodeterminazione nazionale
In quanto la borghesia della nazione oppressa difende il 'proprio' nazionalismo borghese, noi siamo contro di essa.
@Lenin
L'obiettivo dei comunisti internazionalisti è oggi come ieri quello di tentare di inserirsi in una situazione oggettiva qual è quella della fase storica di avanzato imperialismo e di dominio totale del capitale finanziario, dove non esistono - non possono esistere - guerre in alcun modo di difesa o addirittura rivoluzionarie. Dietro le bandiere delle cosiddette guerre "progressive", di liberazione, di indipendenza nazionale o comunque di risposta all'aggressore di turno, la borghesia al potere manovra sempre le masse proletarie in funzione dei propri esclusivi interessi nazionalistici e quindi obiettivamente inter-imperialistici.
La rivendicazione del diritto all'autodeterminazione dei popoli avrebbe il mistificante significato politico di soddisfare esigenze e necessità autonomiste: l'impossibile autode-cisione delle nazioni (cioè delle classi dominanti) o dei popoli (cioè comprendenti anche le classi dominanti). Tutto questo quando oggi nessun paese può slegarsi dai rapporti sia di natura economica che politica con altri Stati e con i centri imperialistici che controllano i mercati commerciali e finanziari.
La inconciliabilità degli interessi della borghesia, da un lato, e del proletariato, dall'altro, è inoltre tale che le classi dominanti non consentirebbero in alcun modo un momentaneo armamento delle classi sfruttate senza aver messo in atto un totale controllo ideologico del movimento in generale e delle masse in particolare, indirizzandolo e contenendolo entro i precisi limiti dell'interesse nazionale o di questa o quella potenza imperialista.
L'integrazione di tutti i mercati nazionali in un unico grande mercato internazionale, aumenta la contrapposizione e la rivalità fra gli Stati e fra i centri imperialistici mondiali. Nessuna emancipazione dal modo di produzione capitalistico (tantomeno dalle dirette e indirette influenze imperialistiche) può realizzarsi senza spezzare in più punti questo dominio totale del capitale. Nel caso di appoggi a questa o quella nazione aggredita, perché più arretrata o debole, il proletariato finirebbe soltanto col favorire una "competizione" (da commerciale a bellica) fra borghesie contrapposte e quindi una obiettiva conservazione del dominio capitalistico. La logica dell'imperialismo è presente e s'impone anche nei paesi in condizioni di arretratezza economica, politica e sociale; queste situazioni non conducono, se non attraverso astrazioni ideologiche, a una apparente distinzione fra paesi imperialisti e paesi non imperialisti. Infatti questa distinzione, con le conseguenze di un "necessario" appoggio politico-militare" ai paesi "sfruttati e oppressi", mistifica in realtà l'unica capacità fondamentale del capitalismo a scala mondiale: sfruttare e opprimere il proprio proletariato e contemporaneamente i proletari di altri paesi.
Nella fase storica dell'imperialismo parassitario Il capitale finanziario è presente ovunque e stringe, in una fitta ragnatela di condizionanti interessi, amici e nemici, borghesie "progres-siste" e borghesie "reazionarie".
In questo contesto storico e in questa decadente fase economica, l'illusorio obiettivo dell'autodeterminazione dei popoli e delle nazioni copre l'interventismo nelle contese interimperialistiche e spinge il proletariato a combattere, o a "tifare", per interessi che nulla hanno in comune con i propri, sia immediati che storici. Non esiste alcuna utilità, per la rivoluzione proletaria o quanto meno per le sue tappe, nella adesione del proletariato a guerre nazionalistiche condotte da una borghesia che si dichiara non imperialista, oppressa o aggredita da altre borghesie imperialiste, poiché tali guerre si collocano sempre sul terreno delle contraddizioni inter-imperialistiche. Se analizziamo seriamente gli accadi-mento di questi ultimi ottant'anni, nessuna delle sbandierate guerre di liberazione nazionale (dietro le cui bandiere stalinismo, maoismo e loro filiazioni hanno trascinato le masse proletarie) ha fatto avanzare di un solo passo la prospettiva comunista o i rapporti di forza nazionali e internazionali fra borghesia e proletariato. Nel lungo elenco degli esempi storici si è verificato esattamente il contrario, né poteva essere altrimenti sia per il quadro imperialistico in cui quei movimenti si sono sviluppati e conclusi, e sia per la mancanza di ogni autonomia politica e organizzativa del proletariato. Tutto si è svolto e concluso con un rafforzamento del capitalismo pienamente inserito nella rete del mercato mondiale, del potere statale borghese, dell'assoggettamento e dello sfruttamento del proletariato nel nome della...conquistata indipendenza formale dall'antico dominatore imperialista.
Dietro l'impreciso termine di "popoli oppressi", i comunisti non possono tacere, neppure momentaneamente, sulla struttura di classe dei singoli Stati nazionali. Non si tratta, o meglio non si è mai trattato, si stendere un velo sugli avvenimenti e di ignorarli. Si tratta sempre di porre il problema politico di ciò che devono fare i comunisti rivoluzionari in quei paesi dove le masse oppresse sono schiacciate sotto il doppio peso della dominazione capitalistica e della dipendenza del capitalismo nazionale dall'imperialismo. La rivolta contro l'oppressione imperialista raccoglie, nel movimento nazionalista, anche le spinte più genuinamente proletarie contro le insostenibili condizioni di vita e di lavoro. È chiaro che queste spinte dovrebbero essere invece raccolte dai comunisti: questo è un principio fondamentale. Ma ciò non significa inserire nel programma comunista la liberazione nazionale come elemento separato dalla dittatura del proletariato e dalla solidarietà di lotta del proletariato internazionale per il comunismo. Una netta barriera di classe deve essere tracciata tra le forze rivoluzionarie proletarie e le forze nazional-borghesi. Nessun fronte unico e nessuna alleanza sono ammissibili.
Le linee generali di una tattica di lotta politica e rivendicativa devono avere come punto fondamentale, nella solidarietà con le lotte delle masse proletarie oppresse contro la dominazione imperialista, la lotta contro la propria borghesia nazionale e a sua volta imperialista, sino al boicottaggio delle sue operazioni economiche e militari.
Contro il pericolo dello sciovinismo, di ogni nazionalismo fanatico sia nei paesi dominati che in quelli dominanti, va rinsaldato il terreno di una reale unità di lavoro dei comunisti in tutti i paesi, e della concreta solidarietà proletaria internazionale. Solo su questo terreno si rende possibile la ripresa del programma comunista nel mondo, e solo su questo terreno si può e si deve vincere lo smarrimento e il riflusso che hanno colpito tanti proletari d'avanguardia. Con il ritorno alla classe, ai suoi problemi, alle sue prospettive: su tutte le questioni.
Condizione prioritaria, che nessun movimentismo e praticismo può rimandare nel tempo o quantomeno sostituire, è la ricostruzione del partito rivoluzionario su una chiara e solida piattaforma teorico-politica e con la capacità di far circolare e sostenere il programma e le posizioni del comunismo.
dcBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #7
Luglio 2001
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