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Home ›La recita annuale di Fazio
Tagli alle pensioni e alla sanità in cambio del sogno di un miracolo economico
Chissà per quale ragione ogni anno la stampa borghese, le forze politiche e sindacali, la Confindustria e tutto il variegato mondo dei mass media attende con una certa suspense la relazione annuale del governatore della Banca d'Italia, quando ormai è evidente che, salvo i dati statistici peraltro il più delle volte letti in modo artatamente falsato quando non del tutto sballati, questo governatore ha davvero ben poco di nuovo da dire. Anche la relazione di quest'anno non si discosta in nulla da quella dell'anno precedente; infatti non vi è un solo passaggio che esprima una qualcuna valutazione critica delle tendenze economiche dominanti e quanto qualcuna viene avanzata è solo per tirare l'acqua al solito mulino dei tagli alla spesa previdenziale e sanitaria e all'allargamento della flessibilità nell'uso della forza-lavoro.
Pr esempio, Fazio, quest'anno, ha sottolineato anche con una certa enfasi che i processi di globalizzazione hanno tradito molte aspettative e soprattutto quella di vedere crescere la diffusione del benessere e lo sviluppo economico in ogni angolo del pianeta, così come vaneggiavano i suo corifei. I bilanci mostrano senza ombra di dubbio che invece essa ha scavato un fossato forse ormai incolmabile fra i più ricchi e i più poveri sia a livello mondiale fra i diversi paesi sia all'interno dei singoli paesi fra ivi compresi quelli più avanzati e che in generale essa ha finora favorito solo la crescita della povertà anche fra i lavoratori occupati. Ma chi da ciò si poteva attendere una qualche riflessione critica sulle politiche economiche e monetarie perseguite almeno da un decennio a questa parte, è rimasto profondamente deluso anzi sconcertato perché il rimedio suggerito è quello di affidare di affidare ancora più alla mano invisibile del mercato, cioè quella stessa mano che finora ha operato come un Robin Hood alla rovescia, la soluzione del problema e in particolare di affidare al mercato il sistema pensionistico e sanitario.
Di fronte a una contraddizione così palese non sono stati pochi gli economisti, soprattutto di scuola neo-keynesiana, a ironizzare sulla sua coerenza e a mettere in dubbio anche le sue effettive capacità - come dire? - intellettuali.
Anche le forze politiche di centro-sinistra e i Sindacati hanno avuto da ridire. È apparso loro piuttosto singolare, infatti, che il governatore, abbia fatto discendere dall'adozione di queste misure addirittura la possibilità che si possa verificare un nuovo miracolo economico dimenticando che negli anni passati sono stati proprio i loro governi a tagliare decisamente salari e prestazioni sanitarie. Per le pensioni, addirittura, il taglio è stato senza uguali in nessun altro paese al mondo e, secondo il Ragioniere dello stato Monorchio, ha consentito allo stato, negli ultimi dieci anni, un risparmio di ben duecentomila miliardi di lire. Che uomo ingrato!
In realtà, il miracolo economico, è il nuovo specchietto per le allodole che il governatore fa luccicare per far passare ulteriori tagli alla spesa sanitaria e pensionistica così come in passato ha fatto luccicare quello dell'ingresso nell'euro.
Il governatore della Banca d'Italia, come quelli di tutte le altre banche, per istituzione è un servitore degli interessi generali del capitale. Se i suoi predecessori potevano apparire al suo confronto più attenti ai problemi connessi alla ridistribuzione della ricchezza ciò non era dovuto a una loro presunta maggiore sensibilità verso i più deboli e gli sfruttati, ma al fatto che allora, in Italia e nel mondo, il processo di appropriazione di plusvalore aveva il suo fulcro nella crescita costante della produzione industriale e a questa veniva subordinata anche la formazione e la gestione del capitale finanziario. Il ruolo delle banche era cioè subordinato allo sviluppo industriale sul modello della riforma del sistema del credito adottata nel 1932 da Roosvelt e poi recepito anche negli accordi di Bretton Woods del 1944. In ultima istanza, ai governatori per tutti gli anni che vanno dalla fine della seconda guerra mondiali ai primi anni ottanta, è stato affidato il compito di muovere la massa monetaria essenzialmente in funzione anticiclica ovvero a sostegno della domanda aggregata coerentemente con le teorie keynesiane allora dominanti.
Da qualche tempo (negli Usa dai primi anni '80 e in Europa più recentemente), a causa delle crescenti difficoltà che incontra il capitale a realizzare saggi di profitto soddisfacenti nell'ambito delle attività produttive vere e proprie (la cosiddetta economia reale), è andata via via crescendo l'esigenza di compensarli accrescendo l'appropriazione parassitaria di plusvalore, in altre parole sviluppando la sfera finanziaria e affinando i meccanismi di accrescimento e appropriazione della rendita finanziaria. Negli Usa, che questa strada hanno battuta per primi, fra questi strumenti hanno assunto un ruolo determinante proprio i Fondi Pensione che insieme alla contrazione della spesa cosiddetta sociale hanno favorito enormemente l'investimento finanziario. I Fondi Pensione, in maniera particolare, essendo in grado di concentrare masse enormi di capitale finanziario altrimenti destinato a rimanere frazionato o inutilizzato o sottoutilizzato (le quote che i lavoratori sono costretti a versare per garantirsi una vecchia decente), sono diventati gli attori più importanti dei mercati finanziari internazionali e in particolari di quello dei cambi che è poi anche quello dove più intensa è l'attività speculativa. In passato, invece, i Fondi Pensioni venivano gestiti dallo stato con l'intento, da una lato, di pagare le pensioni assicurando certi livelli minimi anche in caso di versamenti ridotti e, dall'altro, di favorire il finanziamento delle imprese a saggi di interessi molto bassi per favorire lo sviluppo delle attività produttive.
Poiché in Italia, per varie ragioni che non ci interessa qui analizzare, il mercato finanziario è alquanto asfittico e il suo sviluppo non è più procrastinabile, ecco, dunque, Fazio reclamare, sia che piova sia che splenda il sole, sempre con più insistenza la riforma del sistema pensionistico per costringere i lavoratori a fare ricorso ai Fondi Pensioni privati e la riduzione della copertura sanitaria pubblica a favore di quella privata, per indurli a stipulare un maggior numero di polizze assicurative e a valersi di cliniche e ospedali privati ormai individuati come una grande possibile fonte di profitto anche se ciò, come negli Usa, comporterà l'abbandono a se stessi dei più poveri e dei lavoratori a più basso salario.
Ovviamente colui che così spudoratamente persegue la difesa degli interessi dei più forti a discapito dei più deboli e non esita a mentire pur di raggiungere i suoi obbiettivi è quel che è, ma è anche vero che se così non fosse non sarebbe il governatore di una banca centrale o anche solo un banchiere.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2001
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