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Home ›Il testimone della riforma pensionistica passa dalla "sinistra" alla destra
Come in tutti gli altri paesi della Comunità europea, siamo prossimi alla stretta finale per un ridimensionamento profondo del sistema pensionistico; la tattica per completare questo obiettivo è rapportata alla preoccupazione di evitare eccessivi scontri sociali, insistendo sulla inevitabilità degli interventi e indorando quanto più possibile la pillola amara. Si può dire, da come stanno andando le cose, che i risultati sono abbastanza positivi per il capitale, salvo un certo prolungamento dei tempi in cui la manovra si va dispiegando.
Dimostrare che una necessità economica e finanziaria del capitalismo in crisi sia allo stesso tempo una convenienza per la classe operaia non è comunque facile. Gli operatori borghesi addetti a propagandare i "benefici" della manovra, sono impegnati ai più alti vertici della menzogna e della ipocrisia affinché il gregge da tosare si convinca dei risultati che verranno dalla riforma appositamente studiata per gli...interessi dei lavoratori. Quali?
Innanzitutto il bilancio statale sarebbe sgravato da un peso insostenibile rappresentato dalle anticipazioni di cassa del Tesoro all'INPS, che arranca con i suoi bilanci in rosso. Tutti tacciono però sui crediti che l'INPS stesso ha verso lo Stato e sui trascorsi decennali furti statali, più o meno legalizzati, per centinaia di miliardi in uscite improprie e caricate sulle spalle dei lavoratori. Non entriamo qui nel merito delle cifre esatte di debiti e crediti, entrate e uscite gonfiate ad arte secondo le convenienze politiche del momento. La realtà si presenta comunque molto diversa da quanto ci viene raccontato, soprattutto per quanto riguarda cause ed effetti.
I contributi delle aziende per la previdenza non sono altro che salario differito, rientrando appunto nei calcoli del costo del lavoro: così come il salario diretto non è praticamente sufficiente per sbarcare il lunario familiare, cioè è troppo basso, altrettanto avviene per le pensioni. Vale a dire che anche il salario differito, per quanto riguarda i contributi previdenziali versati dalle aziende, è troppo basso. Se ne deduce quindi che non solo il capitale non è in grado di alzare i salari per i proletari in attività produttiva (poiché ciò - dicono - metterebbe in crisi i bilanci aziendali) ma non è neppure in condizione di assicurare la sopravvivenza ai proletari invecchiati e per decenni spremuti sui posti di lavoro. Per chi poi non ha avuto in vita sua tale fortuna, quella cioè di una utilizzazione della propria forza-lavoro per il profitto del capitale, non rimane che sperare nella carità della divina provvidenza. A sua volta, a quanto pare, in notevoli difficoltà.
Ebbene. gli interessi e la logica di conservazione del capitalismo rispondono a tutto questo non certamente con un aumento dei contributi a carico delle aziende, poiché i calcoli dei ragionieri del capitale a proposito di entrate e uscite valgono solo a danno dei lavoratori. Si chiedono anzi altre riduzioni contributive, sempre a causa del costo del lavoro troppo elevato per ottenere profitti, e si tace su un altro fatto, quello consistente in una diretta rapina sulla busta paga pari a circa il 9 % del salario e destinata al Fondo Adeguamento Pensioni. Ma non erano i contributi previdenziali esclusivamente a carico delle aziende come salario differito? Lo Stato, a sua volta, si lamenta contro i lavoratori e si guarda bene dal prendersela con i capitalisti che evadono cifre da capogiro sui versamenti all'INPS (lavoro nero compreso) ed anzi è lui stesso a garantire direttamente sul recupero dei crediti dell'INPS verso gli imprenditori. Un altro regalino ai capitalisti che intascano e ringraziano.
In queste condizioni - ma sia chiaro che il capitalismo in crisi non potrebbe offrire di meglio, il che non giustifica però la passiva accettazione di questi attacchi - le pensioni che l'INPS versa, o verserà, ai lavoratori non possono che ridursi sempre più. Ecco allora lo specchietto illusorio delle pensioni integrative, che per quanto venga lucidato e illuminato dai soliti servi più o meno sciocchi del capitale (quello finanziario per primo) porterà dichiaratamente le future pensioni dei pochi che entrano oggi nelle aziende, al solo 55% del salario nel migliore dei casi. Cioè lavorando ininterrottamente per almeno 40 anni, cosa probabile come una vittoria all'Enalotto.
Non soltanto i capitalisti hanno di fatto bloccato i salari negli ultimi cinque anni e quindi diminuito il loro potere di acquisto (almeno di un 15%) ma con l'intervento del Governo di "centro sinistra" hanno già intascato una buona parte del salario differito e il resto intendono dichiaratamente intascarlo in futuro, e questa volta grazie al governo di centro-destra, con le truffe della riforma del Trattamento di Fine Rapporto e la costituzione dei fondi pensione.
I capitalisti alzano il tiro e incitano il novello statista Berlusconi a fare il proprio dovere, anche se con atti "impopolari". Da buon democristiano, Casini commenta: "La Confindustria non fa sconti a nessuno, e fa bene perché è una parte sociale". È sottinteso che l'altra "parte sociale", il proletariato, deve pagare e star zitta, sotto il controllo vigile dei Sindacati e per la salvaguardia dell'interesse generale del Paese. Il che significa che se li vedremo portare i lavoratori in piazza, sarà solo per sgambettare il Berlusconi di turno e candidarsi nuovamente, assieme alla "sinistra" borghese, come i migliori gestori della conservazione del capitale. Finché dura...
cdBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #6
Giugno 2001
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