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Home ›Ora è la New Economy il Bengodi promesso dalla borghesia
Ma il nuovo è solo un'ulteriore e drastica riduzione dei salari reali... Se questo è il nuovo?!
Sostenuta dalla poderosa crescita dei corsi delle azioni delle imprese che operano nel settore dell'Information Technology, cioè che gestiscono o promettono di gestire il commercio via Internet (l'e-commerce, il commercio elettronico), la fede nell'avvento di una Nuova Economia fa ogni giorno nuovi proseliti e più insistenti sono le pressioni sul governo affinché proceda senza ulteriori indugi allo smantellamento di quel che resta del Welfare, all'eliminazione delle pensioni di anzianità e al completamento del processo di flessibilizzazione del mercato del lavoro.
L'idea che queste misure farebbero crescere posti di lavoro e ricchezza come i pani e i pesci nel nuovo testamento perché favorirebbero la crescita della New Economy è ormai talmente radicata da essere accettata anche contro ogni evidenza, tanto più che è convinzione comune che al di là dell'Oceano vi sono gli Usa con il loro ininterrotto boom a confermare che Internet e il Bengodi sono la stessa cosa. Per esempio, nonostante i tassi di disoccupazione a due cifre,
i giornali si soffermano più sul fatto che le imprese del settore non riescono a trovare trovano sul mercato del lavoro la manodopera di cui necessitano, che non sui tassi di disoccupazione reale che sia al di qua sia al di là dell'Atlantico non scendono al di sotto delle due cifre neppure quando il ciclo economico è favorevole. In Gran Bretagna stanno impazzendo perché ben un milione di offerte di lavoro resta inevaso a fronte di oltre un milione e centomila persone che ricevono il sussidio di disoccupazione. Il fenomeno si spiega ovviamente con il fatto che la gran parte dei posti di lavoro offerti nel settore dell'e-commercio sono in realtà lavori scarsamente retribuiti (centralinisti telefonici, pony express ecc.) e per lo più a tempo determinato o, in misura molto ridotta, ad alta qualificazione professionale che difficilmente hanno i lavoratori che usufruiscono del sussidio di disoccupazione. Ma il primo ministro Blair, che della New Economy è uno dei più fanatici sostenitori, è convinto invece che i disoccupati siano "troppo pigri" e si accinge a tagliare i sussidi di disoccupazione per costringerli ad accettare le nuove offerte di lavoro. Come si possa conciliare il Bengodi con salari così bassi da subire la concorrenza di un misero sussidio di disoccupazione è un mistero, ma si sa non c'è fede che non presupponga l'accettazione di qualche mistero! E la Nuova Economia è ormai una vera e propria fede. D'altra parte, solo se si è in malafede, si può prendere per buona questa ennesima bufala messa in piedi dal "pensiero unico" dominante. In realtà, la New Economy, come la definiscono i suoi corifei, altro non è che un nuovo sistema di vendita che si affianca agli altri già esistenti. Al bottegaio sotto l'angolo di casa, al supermercato, al venditore porta a porta si è aggiunta ora anche la possibilità di vendere e acquistare alcuni beni e servizi utilizzando Internet e la carta di credito. Sicuramente si tratta di una forma di commercio che, almeno per la compravendita di alcuni prodotti e servizi, presenta notevoli vantaggi. Soprattutto nel settore dei servizi non è da escludere che con il tempo esso sia destinato a prendere il sopravvento. Molti sportelli bancari, agenzie di viaggi, librerie sono destinati a chiudere. Anche le automobili, i vestiti e alcuni prodotti alimentari potranno essere venduti utilizzando Internet. In Giappone, per esempio, già da molto tempo è possibile acquistare via Internet biciclette costruite su misura. Si trasmettono le proprie misure (altezza, peso, lunghezze delle gambe) e le proprie opzioni per quanto riguarda il colore, tipo di cambio, ruote e quant'altro e la fabbrica consegna entro 24-48 ore dall'avvenuto pagamento, ovviamente effettuato con carta di credito, la bicicletta al domicilio del cliente. Ma assimilare, come fanno molti economisti nonché molti politici, la nascita del commercio elettronico, a quella del settore automobilistico o di quello elettrico ed elettromeccanico per non dire di quello siderurgico per trarne la previsione che una nuova fase di poderoso e ineguagliato sviluppo economico sia alle porte tanto da dover accettare ogni sorta di angheria è assolutamente falso. È come assimilare il salone di vendita automobilistico alla Fiat che le auto produce; è come non distinguere il supermercato dalle fabbriche da cui si rifornisce; in ultima istanza, è confondere la fase della produzione delle merci con quella della loro circolazione; quella della produzione del valore e del plusvalore con quella della loro realizzazione cioè della loro trasformazione in denaro, con tutto ciò che ne consegue sia per la comprensione delle effettive ripercussioni che queste nuove forme di commercio possono avere sul processo di accumulazione del capitale e sulla determinazione del saggio del profitto, sia per la valutazione delle loro reali prospettive di sviluppo.
Il fatto che si tratti di un fenomeno tutto interno alla sfera della circolazione delle merci esclude che esso possa essere, come sostiene la martellante campagna di propaganda della borghesia, trainante per l'avvio di una lunga e interrotta fase di crescita dell'economia che è frenata da contraddizioni di tipo strutturale cioè proprie della sfera della produzione delle merci e specificatamente del fatto che i saggi di profitto, quando non sono integrati da robuste iniezioni di extra-profitto, sono del tutto insufficienti a remunerare i capitali investiti.
In ogni caso poiché il commercio elettronico presuppone per il suo sviluppo una capillare e moderna rete di telecomunicazioni e una grande diffusione delle più moderne tecnologie informatiche, tuttora appannaggio anche nei paesi ad alta industrializzazione e negli stessi Stati Uniti, degli strati economicamente e culturalmente più elevati della società, si tratta di un fenomeno destinato a rimanere marginale ancora per molto tempo e comunque limitato a poche aree economiche del pianeta. È più probabile invece che di pari passo con il suo sviluppo anche nel settore dei servizi che fin qui bene o male ha assorbito una parte della forza-lavoro espulsa dall'industria, si apra una fase di profonda ristrutturazione con conseguente falcidia di posti di lavoro. Infatti è del tutto evidente che se ci sarà sempre meno necessità di recarsi in banca; che se per prenotare un biglietto ferroviario o aereo e per acquistare un libro non occorrerà più recarsi in un'agenzia di viaggi o in libreria vi sarà anche sempre meno bisogno di librerie, agenzie di viaggio e sportelli bancari e quindi anche di meno bigliettai, di commessi di librerie e di impiegati bancari. Serviranno certamente più programmatori, esperti di gestione di pagine Web e di lavoratori appartenenti a particolari figure professionali; ma si tratta di un numero molto esiguo di nuovi posti di lavoro e dato che si tratta di attività fortemente automatizzate e sostitutive di attività già esistenti è facile prevedere che saranno comunque di molto inferiori a quelli distrutti.
E allora come spiegare questa vera e propria crociata a favore della presunta Nuova economia?
Sull'economia mondiale aleggia lo spettro di una colossale bolla speculativa artatamente gonfiata dalla maggiori banche centrali del mondo a cominciare dalla Fed, che minaccia di scoppiare da un momento all'altro con il rischio di dar il via anziché a un nuovo Bengodi a una lunga e devastante fase depressiva. Per effetto della dilagante speculazione finanziaria, infatti, i titoli azionari e in special modo quelli cosiddetti tecnologici come quelli delle aziende che operano in Internet, hanno raggiunto quotazioni che troverebbero giustificazione solo in una prospettiva di crescita dei profitti reali e del Pil con saggi a due cifre e "per un bel po' di anni futuri" come fa giustamente rilevare A. Wojnilower, uno dei maggior economisti di Wall Street (Surplus n° 5/2000) cosa del tutto inverosimile in una fase a bassa inflazione come quella attuale e in cui è ritenuto un grande successo una crescita del Pil che supera di qualche decimo di punto il due per cento. L'unico modo per ridurre i rischi di crack e prolungare questa fase di crescita del mercato azionario a favore della rendita finanziaria è un'ulteriore e drastica riduzione dei salari reali. Ecco, dunque la favola della New Economy che di nuovo ha solo la sua ineguagliabile rapacità.
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2000
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