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Si approfondiscono le fratture del corpo sociale borghese
Dunque, il capitalismo del vecchio continente soffrirebbe ancora, nel suo contesto socio-economico, di malattie quali i troppi interessi organizzati in campo sociale (per esempio, la concertazione in Italia e il capitalismo renano in Germania), che rallenterebbero la modernizzazione dei processi produttivi e l'aumento della produzione di beni per i consumi dei cittadini. Condito in tutte le salse, questo è da anni il piatto fisso distribuito ai "cittadini" nella Fattoria degli animali europea.
Una Fattoria dove, sempre secondo gli stipendiati politologi ed esperti, il mercato sarebbe troppo subalterno agli equilibri politici e sociali. La borghesia europea, in generale, sarebbe eccessivamente preoccupata del problema di una "stabilità sociale", ovvero - spiega P. Ostellino sul Corrierone - "della compatibilità fra cittadinanza politica e disparità delle condizioni economiche". (Una disparità, aggiungiamo noi, che vede quasi la metà dei redditi in Europa intascati dal 20% dei più ricchi "cittadini", mentre il 20% dei più poveri proletari dispone appena dell'8%.)
Così facendo, e qui viene il capolavoro della ipocrisia politica dei servi del capitale - la borghesia europea non solo non farebbe i propri interessi, ma neppure quelli dei lavoratori! Ecco l'esempio risolutivo: negli Usa la flessibilità del mercato del lavoro è tale che i lavoratori possono godere del privilegio degli spostamenti da un luogo all'altro secondo la propria convenienza, trovando nuovi lavori, nuovi ambienti, nuove case, nuove...amicizie e svaghi, eccetera. Aggiungiamo a ciò tutti i vantaggi delle altre flessibilità (economiche e finanziarie, concorrenziali) ed ecco il modello ideale di uva vita non più monotona ed egoista, ma variata e...altruista. Previo lo smantellamento di ogni residua protezione e l'introduzione di una salutare "responsabilizzazione economica degli individui" e un nuovo "stile di vita morale"...! (dal Documento Blair-Schroder per la Terza via).
Intanto la concreta realtà (tornando in Europa, ma negli Usa c'è di peggio), molto materialisticamente ci presenta un esercito fra i 50 e i 70 milioni di poveri ufficiali, cioè di "cittadini costretti a vivere con un reddito minimo". Tale dovrebbe essere quel "reddito" in grado di consentire il reinserimento, la "reintegrazione sociale dei soggetti svantaggiati"; ma qui si nuota letteralmente in un mare di burocratiche astrazioni care agli ideologi borghesi: vedi in Italia dove la soglia di povertà è stabilita in lire 500mila per una persona che vive sola, cioè un reddito considerato come l'unica possibilità reale di inserirsi in un...cimitero.
Contro queste soglie si infrangono i pii desideri e gli appelli - all'interno del modo di produzione capitalistico e sotto il regime imposto dal potere borghese - di riduzioni dell'orario di lavoro (e dei salari) in funzione di una ripartizione dell'occupazione (?) o di sbandierati redditi minimi di cittadinanza, incondizionati e garantiti nel nome del "buon senso, dell'umanità e dell'equità". A pagare, naturalmente, sarebbe il solito gregge.
Nel progetto di armonizzazione delle politiche di protezione sociale europee (affidato al direttore del Centro di politiche comparate della Bocconi) le nuove linee guida per tutti i Paesi dell'UE mirerebbero a "creare nuovi circoli virtuosi". In breve: poiché fra disoccupazione, miseria e sofferenze varie crescono i pericoli di reazioni sociali, pur sempre pericolose, tagliamo la spesa della previdenza (lanciando l'affare dei fondi pensione privati) e della sanità pubblica (incrementando le assicurazioni private) e concediamo qualche briciola in più all'assistenza dei disperati, cioè là dove i "pericoli" sociali sono maggiori. Inoltre, poiché al capitalismo occorre forza-lavoro flessibile, soggetta a lunghi periodi di disoccupazione, di formazione e riqualificazione, qualcosa va pur destinato sotto forma di indennità e assistenza ai più disagiati. Nel linguaggio burocratico: basta con "le forme di ricezione passiva del Welfare o di risarcimenti passivi per l'espulsione dal lavoro, pensionamenti surrettizi; si deve passare ad adeguate riforme della legislazione del lavoro, maggiori part-time (specie per le donne, poiché più donne lavorano a part-time e maggiore sarà la domanda di servizi alle famiglie...). Il tutto dovrebbe far sì che la protezione sociale elargita dal capitale diventi un fattore di competitività e non più e solo un onere economico per lo Stato che deve invece maggiormente impegnarsi nel sostegno del capitalismo. Il quale da soltanto per ricevere con adeguato profitto: se i bilanci sono in passivo, si chiude bottega e si tagliano i rami secchi. Al proletariato il compito, non facile ma sempre più urgente, di tagliare l'intera pianta. Alle radici
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 2000
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