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Home ›Nonostante decenni di sacrifici l'inflazione è ancora alle porte
Ciò è la prova che la crisi del capitalismo continuerà a mordere le carni del proletariato mondiale con il peggioramento delle sue condizioni di vita e il moltiplicarsi delle guerre
Per molti anni gli economisti borghesi, la Confindustria, i governi, i partiti politici e finanche gli stessi sindacati ci hanno spiegato fino alla noia che la causa dell'inflazione era da ricercarsi negli automatismi salariali. A loro dire era l'aggancio automatico dei salari al costo della vita che produceva inflazione oltre il limite fisiologico del sistema. Una volta smantellati la scala mobile e ogni sorta di automatismo salariale, è toccato alla spesa sanitaria e a quella previdenziale prima salire sul banco degli imputati e poi essere falcidiate. Le pensioni lo sono ancora e lo saranno fino a quando non saranno trasformate in un ricordo del bel tempo che fu. Ad ogni modo oggi tutte le cause che la teoria economica borghese ha via via indicato come responsabili della crescita più o meno sostenuta dell'inflazione sono state rimosse. Le indicizzazioni sono state cancellate e i salari, sia nominali che reali, sono almeno da un decennio in netta diminuzione. Anche la spesa pubblica è stata fortemente ridotta tanto che la sua crescita è ormai stabilmente inferiore a quella del l Pil e da tempo il bilancio pubblico, al netto degli interessi passivi, è fortemente in attivo; eppure tutto ciò non è bastato a impedire una ripresa inflattiva piuttosto consistente. Sono, infatti, cresciuti dal 10 al 30 per cento i premi delle polizze RC auto; del 5 per cento le tariffe telefoniche; del 5,6 quelle del gas. Il prezzo della benzina sale, invece, quotidianamente e nessuno ormai osa fare più previsioni se non che i suoi continui rialzi ben presto si trasferiranno sui prezzi di tutti i beni di più largo consumo. In realtà, nonostante le rassicurazioni del governo italiano e del suo presidente che sostengono che siamo in presenza di un fatto contingente e occasionale, questo è un fenomeno molto importante sia per estensione che per intensità e, ciò che più conta, destinato a crescere con conseguenze importantissime sull'economia e la politica mondiale ed è dimostrato dal fatto che è almeno dall'inizio dell'anno che l'inflazione ha cominciato a farsi sentire e cominciare dagli Stati Uniti.
Per arginare le crisi finanziarie che lo scorso anno hanno sconvolto prima il Sud-est asiatico e poi la Russia e il Brasile, la Federal Reserve ha inondato il mercato finanziario internazionale di dollari con la speranza di poterli poi riassorbire quando l'economia mondiale avrebbe ricominciato a tirare. Così non è stato e per evitare la ripresa dell'inflazione, la Federal Reserve è stata costretta a rialzare i tassi di interessi. Un eccessivo rialzo però avrebbe rischiato di mettere in ginocchio Wall Street e l'intera economia statunitense innescando una crisi finanziaria internazionale di dimensioni davvero imprevedibili.
Per evitare ciò, al rialzo morbido dei tassi di interesse sono stati affiancati interventi extra-economici mirati a favorire il rialzo dei prezzi delle principali materie prime a cominciare da quello del petrolio con l'evidente scopo di assicurare al dollaro tassi di cambio piuttosto elevati. In pratica, così facendo, gli Usa hanno imposto a tutti coloro che acquistano il petrolio e tutte le altre materie prime i cui prezzi sono espressi in dollari, una sorta di sovrapprezzo e hanno scaricato sui loro concorrenti e più in generale sul resto del mondo, il costo del riassorbimento del surplus di dollari messi in circolazione per evitare che la crisi delle Tigri asiatiche prima, della Russia e del Brasile poi travolgessero Wall Street e alcuni fra i loro più grandi fondi comuni d'investimento.
La ripresa degli attacchi aerei all'Iraq alla fine dello scorso anno, la guerra del Kossovo, il ricatto dell'Arabia Saudita agli altri paesi produttori di immettere sul mercato petrolio a quattro dollari al barile se non avessero ridotto la produzione, sono stati i momenti più significativi attraverso cui questa strategia si è dipanata. Ma nonostante in poco più di sei mesi, il prezzo del greggio sia raddoppiato e per un barile ci vogliono ormai più di venti dollari e i tassi di interessi seppure in misura minore di quanto necessario siano in permanente rialzo, l'inflazione negli Stati Uniti non accenna a spegnersi e fa trascorrere non poche notti insonni al presidente della Federal Reserve Greenspan perseguitato dal fantasma della crisi finanziaria che si verificherebbe sia se fosse costretto a rialzare ulteriormente i tassi di interesse sia se l'inflazione dovesse subire un'ulteriore impennata.
È molto probabile, quindi, che l'attuale politica basata sul contemporaneo rialzo dei tassi e dei prezzi delle materie prime sia destinata a durare. Di conseguenze non è nemmeno difficile immaginare che l'inflazione dagli Stati Uniti è destinata ad allargarsi al resto del mondo rendendo così più difficile a quei paesi come l'Italia già interessati da importanti fenomeni recessivi la tanto agognata ripresa economica.
Il nemico in nome del quale, nel corso degli ultimi venti anni è stato giustificato il forte peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori di tutto il mondo è dunque di nuovo alle porte e se sembra, come le statistiche ufficiali lascerebbero credere e i governi lasciano intendere, meno pericoloso di quello che realmente è lo si deve unicamente al fatto che sono stati modificati i sistemi di rilevamento statistico per cui l'incremento dei prezzi di alcuni beni di più largo consumo non viene più preso in considerazione e restano esclusi anche quegli incrementi causati da fattori esterni quali appunto l'aumento del prezzo del petrolio.
Né il fatto che questa volta gli economisti e gli opinionisti borghesi non mettano sul banco degli imputati i salari troppo elevati o chissà quale altro "privilegio" dei lavoratori e il governo tenti di minimizzare il fenomeno, significa che salari stipendi e pensioni saranno risparmiati. L'inflazione è la prova che la crisi strutturale in cui da decenni si dimena il capitalismo nonostante gli immani sacrifici, non è stata e non può essere superata per cui in assenza di una precisa risposta di classe essa continuerà a mordere le carni del proletariato mondiale costretto a pagarne i costi con il peggioramento delle sue già precarie condizioni di vita e il moltiplicarsi delle guerre nazionali, etniche, religiose o "umanitarie" che dir si voglia.
gpBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 1999
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