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Home ›Il patto per il lavoro di Albertini
La proposta del Sindaco di Milano alimenta i soliti sporchi giochi dei sindacati sulla pelle dei lavoratori
Le facce toste dei sindacalisti continuano spudoratamente a disputare le loro beghe di potere sulla pelle dei lavoratori.
Tranquilli del fatto di trovare per il momento una classe operaia inerme e incapace di reagire alle batoste che le piovono in testa da tutte le parti, situazione determinatasi con il contributo essenziale della Triplice stessa, questi squallidi personaggi ora litigano su ogni questione per i loro esclusivi interessi di parrocchia presenti e futuri.
Così è stato precedentemente per la contrattazione salariale, in cui si disputava se mantenere le vecchie regole, cioè la contrattazione nazionale e aziendale, oppure crearne una di nuovo tipo a carattere territoriale. Poi sono sorti contrasti sulla proposta di partecipazione o meno dei lavoratori nei Cda aziendali, dove per lavoratori si intende l'occupazione di poltrone da parte della burocrazia sindacale. In seguito è stata la volta del contratto d'area per
Gioia Tauro, tra chi era favorevole e chi no. La recente controversia riguarda se anticipare la riforma delle pensioni e in quale modo arraffare il Tfr, ultima spiaggia di salari già ridotti all'osso. In ogni circostanza si sono schierati da una parte Cisl e Uil e dall'altra la Cgil.
Un altro motivo del contendere è la proposta dello scorso fine luglio del Sindaco Albertini, riguardante il "Patto sul lavoro" di Milano, sottoscritto da Cisl, Uil, Assolombarda, commercianti, artigiani e cooperative, ma rifiutato dalla Cgil di Cofferati. L'accordo pretenderebbe di aiutare i più emarginati (extracomunitari, disoccupati di lunga data, ultra quarantenni, giovani disagiati), e a fare emergere il lavoro nero e non tutelato. Come? Con l'aggiunta di una super dose di flessibilità rispetto a quanto prevedono le leggi vigenti e con salari ridicoli.
In sostanza per i lavori meno qualificati richiesti dalle imprese e dal Comune, come i servizi di manutenzione della città o di sostegno agli anziani, si pagheranno salari dalle 600 alle 800 mila lire, con contratti che avranno durata
massima di due anni. Secondo Albertini la sua brillante idea dovrebbe, tra le altre cose, prevenire che lo straniero irregolare possa finire nelle maglie della criminalità. Ironicamente potremmo ribattere che le trovate del sindaco
avrebbero l'effetto esattamente contrario. Le retribuzioni da lui proposte non basterebbero neppure a pagare l'affitto di un monolocale.
In realtà dietro questa vera e propria provocazione si nasconde dell'altro. Un primo punto riguarda la costante pressione su salari e pensioni. Da anni sindacati, padroni e governi, di destra o di sinistra è la stessa cosa, stanno
portando avanti lo smantellamento dello stato sociale e la riduzione del costo del lavoro, e in prospettiva vogliono sostituire il posto fisso allargando il più possibile l'area della precarietà.
Lo scopo della borghesia è di continuare a tenere caldi questi argomenti per favorire attraverso i suoi attori, partiti e sindacati, il trasferimento di quote rilevanti di salario verso i profitti, quale unica condizione affinché la barca Italia possa tirare avanti. Allo stesso tempo i continui attacchi al proletariato confermano lo stato di incertezza e di affanno del capitale a spuntare adeguati saggi di profitto. L'ennesimo sollecitazione a stringere i tempi tramite la figura del sindaco di Milano è indicativo, non è un caso che il pungolo parta dalla principale piazza economica e finanziaria del paese.
Un secondo punto concerne lo scontro tutto interno al sindacato. Le polemiche in corso non riflettono una diversità di sostanza, perché essi sono sempre stati d'accordo nel fare pagare i costi della crisi al mondo del lavoro. Invece sono
in gioco grandi interessi di parte come avviene tra aziende in competizione per accaparrarsi maggiori quote di mercato. Infatti con la riforma previdenziale e l'introduzione per legge delle pensioni integrative ci sarà la corsa alla
spartizione del denaro dei lavoratori, un'ingente torta che fa gola a tutti. I sindacati si preparano all'evento adeguando le proprie strutture alla maniera delle finanziarie, completando la metamorfosi da finti difensori dei lavoratori a speculatori privilegiati. Il fatto che Cisl e Uil costituiscano una specie di cartello è un modo per contrastare la più forte Cgil.
Anche sul versante degli schieramenti politici di riferimento si misurano le manfrine sindacali. Infatti come è già stato in passato per altri loro predecessori, Cofferati e D'Antoni si preparano a trasferirsi in politica rispettivamente nei Ds e nel Ppi. I vertici del sindacato sono sempre stati terreno di coltura per il peggiore politicantume borghese.
I sindacati sanno bene che i salariati non sono altro che capitale variabile, e tali devono rimanere per disputarsi sulla loro pelle influenze, carriere e prebende.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #9
Settembre 1999
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