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Home ›Per Napolitano i disoccupati di Napoli sono dei provocatori
I duri scontri tra disoccupati e polizia a Napoli sono la punta di un iceberg in una situazione complessiva oramai insopportabile, soprattutto nel mezzogiorno. La manifestazione per il lavoro, organizzata dai sindacati il 21 febbraio, nella quale erano presenti oltre ai disoccupati “normali” anche i 1200 disoc-cupati dei corsi di formazione professionale finalizzati, un modo eufemistico per classificare i di-soccupati momentaneamente par-cheggiati con un minimo salario, non si è svolta nei canoni consueti graditi dalle istituzioni.
È bastato che i manifestanti protestassero con maggiore rabbia del solito, in considerazione del fatto che i corsi termineranno il 17 marzo e con essi finirà il sussidio mensile di 700 mila lire, per scatenare contro di loro i manganelli dei tutori dell’ordine e le invettive del ministro dell’Interno Napolitano, degnamente spalleggiato dai segretari cittadini di Cgil e Uil.
Per costoro gli scontri sono stati opera di provocatori tra i manifestanti e la polizia ha semplicemente fatto il suo dovere per ristabilire l’ordine. La classe operaia è avvisata. I fatti di Napoli ci indicano in piccolo cosa potrebbe accadere più in grande se i lavoratori continuamente tartassati e licenziati decidessero di scendere in piazza con intenzioni meno pacifiche delle solite passeggiate inconcludenti dei sindacati. La repressione statale non si farebbe attendere e sarebbe giustificata con la scusa dei soliti provocatori. Se provocatori erano infiltrati nelle fila dei dimostranti, certamente la provenienza va ricercata da altre parti, visto i recenti fatti accertati di connivenza tra camorra, funzionari e poliziotti della questura di Napoli.
Come un tempo erano i governi democristiani a tutelare gli interessi del capitale nazionale e la sua conservazione attraverso ogni sorta di nefandezze, dal clientelismo alle stragi di stato, mentre il Pci all’opposizione utilizzava le mobilitazioni di piazza facendo leva sul mondo del lavoro per la propria scalata al potere, adesso i rapporti si sono invertiti. Gli ex pseudo comunisti riciclatisi in vesti neoliberali pidiessine devono gestire in prima persona i rapporti di classe di un capitalismo sempre più in crisi.
Proprio per questo la grande borghesia ha preparato il terreno per la loro ascesa, perché al Pds spetta il compito storico di gestire questa fase dove le politiche economiche hanno un unico imperativo: tagliare il costo del lavoro e le pensioni, smantellare la spesa sociale. Se tutto ciò si potrà ottenere con le buone meglio, altrimenti senza scrupoli dalla carota si passerà al bastone, ne abbiamo avuto un primo assaggio. Il significato dei fatti di Napoli è proprio questo.
In un contesto di crisi profonda del capitalismo è ovvio che i più penalizzati sono i disoccupati, a cui i politicanti borghesi non possono offrire nulla, se non false promesse per tentare di tenerli buoni. A tale scopo sono stati inventati i corsi di formazione finalizzati, dove la finalizzazione consiste nel ritornare ad essere disoccupati, visto che di inserimento lavorativo concreto e duraturo non se ne vede nemmeno l’ombra. In realtà si tratta di una nuova misera forma di assistenzialismo per ridistribuire qualche briciola di reddito, all’inter-no di quell’ampio calderone che va sotto il nome di lavori socialmen-te utili, ovvero lavori precari e sottopagati.
Ora se anche le briciole vengono tolte appare evidente la beffa ed è inevitabile il montare dell’insof-ferenza e della giusta rabbia verso un sistema incapace di garantire i bisogni prioritari, tanto più che i corsisti sono una goccia nel mare in un’area come Napoli e provincia che conta 500 mila disoccupati, e un milione in tutta la Campania.
Inoltre abbiamo la piena smentita, ancora una volta, di tutta la propaganda di Rifondazione comunista sui lavori socialmente utili e di come essi vengano intesi nella società borghese. Altro che espansione dei settori no profit all’interno dei rapporti di produzione capitalistici quale alternativa al sistema e risposta al problema della disoccupazione! Al contrario essi si sono trasformati in uno dei tanti strumenti di avanguardia del capitale per creare incertezze e fare pressione al ribasso sui salari dei lavoratori occupati.
Questa è l’Europa che i padroni vogliono costruire: l’assoggettamento completo del lavoro al capitale. Il sinistrismo borghese, in tutte le sue versioni più o meno radicali, fonte continua di illusioni e impedimento alla crescita di una vera coscienza di classe, non si smentisce mai nel voler trovare soluzioni per il proletariato senza mettere in discussione il modo di produzione capitalistico. Siamo al solito e vecchio vizio della socialdemo-crazia, che ne fa un indispensabile puntello del capitale.
cgBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #3
Marzo 1997
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