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Home ›Roma vota il nuovo sindaco: il PCL invita a votare Rifondazione
Le elezioni per il sindaco di Roma di quest'anno sono insolitamente affollate. I contendenti sgomitano per ritagliarsi il classico posto al sole, o meglio la poltrona e lo stipendio in Campidoglio. Oltre ai soliti due partiti borghesi, ossia il PD con Ignazio Marino e il PDL col redivivo Gianni Alemanno, troviamo un vasto pluralismo tale da far invidia alle migliori "democrazie".
Citando solo i maggiori, abbiamo il M5S con Marcello de Vito, personaggio che ci ha deliziato nei giorni scorsi con una posizione ideologica che non sfigurerebbe tra le fila del Carroccio (reperibile qui: temi.repubblica.it). C'è poi Alfio Marchini, quarantasettenne membro di una famiglia che da diversi decenni, insieme ai Caltagirone, si spartisce i grandi affari immobiliari della Capitale (e per questo molto apprezzato da un partito che, uscendo con le ossa rotte dalle ultime elezioni, cerca almeno sottotraccia di rilanciarsi attraverso il Campidoglio: l’Udc di Casini). Troviamo infine Sandro Medici, ex direttore del Manifesto ed ex presidente del X Municipio di Roma sotto l'ala di Rifondazione Comunista, sostenuto dalla sua lista civica Repubblica Romana e dalla stessa Rifondazione Comunista (in cerca di una nuova verginità dopo la batosta con Rivoluzione Civile), il Partito Pirata (partito creato sulla falsariga del Piratenpartei tedesco), Sinistra Critica e i Comunisti Italiani.
In questo marasma di partiti e partitini, liste civiche e moVimenti, manca però all'appello il PCL. Il partito di Ferrando, infatti, non è riuscito a presentare il proprio candidato per motivi burocratici, ossia per colpa dei "numerosi cavilli imposti da una legge elettorale reazionaria e ultra-burocratica", come leggiamo dal loro sito. Dal comunicato apprendiamo però anche una cosa alquanto curiosa: pur non avendo un loro candidato e rivendicando a gran voce l'inutilità del voto borghese, non sostengono la necessità dell'astensionismo (come sarebbe logico aspettarsi giunti a questo punto) ma danno come consiglio quello di votare, naturalmente in maniera “critica”, per Sandro Medici!
Le motivazioni addotte sono piuttosto contorte ma possono riassumersi così: la posizione del PCL su Medici vorrebbe rispecchiare la posizione di... Lenin. Pur partendo con l'enunciazione, a parole, che con le elezioni borghesi non si cambia nulla, il PCL in prima istanza prova a presentare un candidato comunista (del PCL) per usare le elezioni come tribuna di propaganda per il programma rivoluzionario; qualora non dovesse riuscire a presentarsi, come in questo caso, dà comunque indicazione di voto per un socialdemocratico (purché si ponga in “autonomia rispetto alla borghesia” (??)), denunciandone al contempo i limiti. Questa “tattica”, quantomeno equivoca, permetterebbe di smascherare la socialdemocrazia offrendole il voto, di avanzare verso il governo dei lavoratori appoggiando le forze della borghesia... insomma, il buon vecchio opportunismo di sempre. Approfondiamo.
Notiamo fin da subito almeno due evidenti contraddizioni: la prima riguarda il giustificare il proprio opportunismo con una posizione tattica sostenuta da Lenin nel 1920 (“L'estremismo”, a proposito della situazione inglese). Ricordiamo e sottolineiamo per l'ennesima volta che Lenin agiva in un contesto sociale, storico ed economico completamente diverso dal nostro e che lo stesso Lenin sul tema delle elezioni assunse posizioni differenti a seconda dei contesti. Perché scegliere proprio la più equivoca? La tattica è tale perché emerge dall'analisi di una situazione concreta. Allora vi era una rivoluzione russa appena nata, un movimento di classe di ampissima portata ed una internazionale comunista nata per estendere la rivoluzione a livello internazionale. Condizioni che oggi sono, evidentemente, assenti. Continuare a battere sul tasto "così faceva Lenin" astraendo dall'analisi che sottendeva la sua posizione porta a un irrigidimento tattico e a un dogmatismo assoluto che nulla ha a che vedere col materialismo dialettico, metodo che invece dovrebbe guidare ogni marxista che si rispetti. Dobbiamo inoltre notare che MAI la tattica elettoralesca, oltretutto in assenza di un moto di classe rivoluzionario in ascesa, ha favorito la rivoluzione proletaria. Insomma la solita confusione tra programma politico e tattica, che si vorrebbero entrambi sempre uguali, mentre solo il primo è valido per tutto l'arco storico del capitalismo, la seconda, invece, varia al variare delle condizioni oggettive e soggettive. Ma anche il solito vizio di giustificare il proprio operare con citazioni che, estrapolate dal contesto, ben poco possono offrire, se non una prassi politica completamente decontestualizzata rispetto alle esigenze del momento.
La seconda contraddizione che notiamo riguarda l'etichetta di "socialdemocratico" affibbiata al candidato. Come si può sostenere, nello stesso documento, che Medici coagula “forze e programmi riformisti e pienamente compatibili con il sistema capitalista” e al contempo si pone in “contrapposizione alla borghesia e ai suoi partiti”? Vi è una evidente contraddizione. Dovrebbe essere ormai patrimonio del movimento rivoluzionario la constatazione che la socialdemocrazia, il riformismo etc. non sono l'ala destra del movimento operaio, ma l'ala sinistra dello schieramento borghese. L'ultimo secolo di storia si è ampiamente incaricato di mostrare come il ruolo politico della socialdemocrazia nei periodi “caldi” sia quello di legare mani e piedi al proletariato preparandolo per il boia fascista. Dobbiamo strappare militanti generosi e sinceri alla socialdemocrazia e al riformismo? Giustissimo. Ma il mezzo per fare questo non è civettare (in maniera “critica”) con l'opportunismo per poi indicare ai proletari confusi di votarlo! Si tratta invece di denunciarne in maniera implacabile l'essenza di classe borghese – altro che in contrapposizione alla borghesia! - , i suoi limiti e le funzioni che esso svolge nel quadro della società civile borghese, ovverosia il suo ruolo di argine sinistro del sistema, oltretutto senza neanche più identificare nel proletariato, ma in una interclassista “cittadinanza”, il proprio referente politico.
Le cose evidentemente non tornano, e rispecchiano la confusione tattica e teorica nel quale il PCL continua a rimanere invischiato.
Vi è poi sempre la solita confusione quando si parla di “potere ai lavoratori”, “governo operaio”, ma non si problematizza per nulla cosa queste parole d'ordine politiche significano in termini di rovesciamento dell'attuale stato delle cose. Anzi, sembra quasi che il “governo dei lavoratori” sia possibile attraverso la conquista della maggioranza delle istituzioni borghesi, mentre questa è solo l'ennesima illusione che va denunciata. Potremmo continuare ma ci fermiamo qui. Ci sembra di avere detto l'essenziale.
Qual è invece la nostra posizione in merito a queste elezioni, così come a tutte le altre manifestazioni elettorali? L'astensionismo, naturalmente! Ma non si tratta di un astensionismo “di principio”. E' piuttosto un astensionismo che deriva dalla constatazione dell'evidente impossibilità odierna di utilizzare le istituzioni borghesi come tribuna per la propaganda rivoluzionaria. E' un astensionismo che corrisponde al nostro costante lavoro nella classe per risvegliarne la coscienza ormai sopita da troppi anni ed organizzarne gli elementi più coscienti. Noi non ci nascondiamo dietro a un dito, sappiamo bene che il superamento del capitalismo è possibile solo attraverso una rivoluzione, ossia con la conquista del potere politico del proletariato, fuori e contro tutti i canali della pseudo-democrazia borghese (elezioni, riforme, ecc.), meccanismi creati apposta per evitare qualunque cambiamento radicale della società. I forum della nostra “democrazia”, gli organismi di potere della rivoluzione, saranno invece i consigli proletari, assemblee di massa in cui gli incarichi saranno affidati con mandati precisi e revocabili in ogni momento. Per questo lavoriamo, in questo crediamo.
Sezione Arnaldo Silva – RomaBattaglia Comunista #06-07
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Comments
il PCL si dimostra completamente fuori dalle dinamiche reale di classe: mentre l'astensionismo, in particolare a roma, si diffonde, loro si preoccupano di chi votare. il problema è come dialogare con i settori proletari che hanno già capito che il voto è solo una truffa, non come recuperarli all'arena democratica!!
in ogni caso nell'articolo sotto il commento sul senso di queste elezioni.
Compagni, rovesciando l'accusa si potrebbe dire che per giustificare il vostro immobilismo tattico, voi ricorriate agli eterni ritornelli manualistici sulle "condizioni" (sempre diverse, ma sempre avvaloranti le vostre posizioni) e sulle "contestualizzazioni" (utili solo quando il sacro canone astensionista necessita di giustificazione, peraltro postuma). Se così non fosse, non si spiegherebbe l'imbalsamazione e l'eternizzazione della vostra tattica (da un sessantennio, almeno) non solo sulle elezioni, ma anche sulla questione sindacale, o sulla questione del partito, per dirne un paio.
A proposito di condizioni e di contestualizzazioni: perché il PCInt partecipò alle elezioni politiche nazionali del 1948 e non anche a quelle del 1953? A distanza di soli cinque anni non c'era più "occasione per diffondere i principi del marxismo rivoluzionario"? Non era più necessario "smascherare davanti a una platea che fosse la più vasta possibile la natura assolutamente anti-proletaria della neonata repubblica e delle sue istituzioni pseudo-democratiche"? Vi prego di non rispondermi che non vi partecipò perché nel frattempo c'era stata la scissione del '52!
Dite di non praticare astensionismo "di principio". Bene. E allora dove, quante e quali sono le condizioni che renderebbero utile ed opportuna un'altra vostra partecipazione alle elezioni borghesi? Quelle di una "rivoluzione appena nata"? Bisogna prima attendere lo storico dispiegarsi trionfale di un "movimento di classe di ampissima portata", ovviamente internazionale? Sono queste le tanto care e necessarie "condizioni"? E se non queste, quali? Cari compagni, questa sì che è astrazione bella e buona!
Cari compagni, come al solito le vostre critiche al PCL sulla sua partecipazione alle elezioni non tengono minimamente conto del contesto sociale e storico in cui si inserisce. Premessa: il PCL non è un partito elettorale (non si fa vivo, cioè, esclusivamente quando ci sono le elezioni), ma c'è un lavoro continuo da parte dei militanti, che sono presenti a fianco delle lotte dei lavoratori e degli studenti tutto l'anno (questo dato non è proprio secondario, e dalla vostra analisi non si evince). La maggioranza dei lavoratori in questo momento storico non ha coscienza di classe, e molti, ancora, vanno a votare, in particolare per le comunali, soprattutto dopo cinque anni di giunta Alemanno. Le elezioni borghesi sono un momento in cui fare propaganda, in cui dire con chi si vuole stare e in quali modalità: io posso usare quello spazio, dove so che troverò certi elettori, per dire come vedo io le rivendicazioni del candidato in questione - di Medici in questo caso. E' naturale che senza una rivoluzione socialista non potremo mai viaggiare sui mezzi pubblici gratis, per capirci, ma io devo sfruttare lo spazio di Medici per poter farmi vedere come partito, per poter interloquire con chi ancora crede che il voto possa cambiare qualcosa, per fargli vedere come la penso io: dare indicazione di voto non è solo un modo per fare propaganda e per mostrare una questione dal mio punto di vista, ma anche per riconoscere il soggetto votante, il proletario, e dirgli che sì, lo capisco, capisco perché sta votando e cosa cerca, ma è solo in quell'ottica lì (del PCL) che il suo voto ha senso. Ciò non esime nessuno dal sviluppare analisi approfondite sull'astensionismo, anzi! Tuttavia non mi pare che in questo momento storico abbia senso, come tattica. Non è ripentendo all'infinito che il voto è sbagliato che i proletari faranno la rivoluzione, ma è solo essendo presenti sempre (nelle lotte e nel momento elettorale) che si sviluppa coscienza di classe.
Mi pare difatti continuiate a non voler capire che si possano fare due cose in contemporanea senza che vi sia contraddizione alcuna: dare indicazioni di voto non significa voler fare la rivoluzione col voto, e mi pare di aver fornito una spiegazione abbastanza esauriente sul senso del voto del PCL.
"I forum della nostra “democrazia”, gli organismi di potere della rivoluzione, saranno invece i consigli proletari, assemblee di massa in cui gli incarichi saranno affidati con mandati precisi e revocabili in ogni momento. Per questo lavoriamo, in questo crediamo.": cari compagni, come credete di arrivarci ai soviet? Evocandoli? Scrivendoci sopra articoli? Sognandoli la notte? Continuando a parlare coi lavoratori che hanno già coscienza di classe? Troppo facile! E gli altri?
Non ci sono le condizioni per una rivoluzione, allora pratichiamo il riformismo? Certo, se questo è il vostro tracciato di impostazione, debbo dire che siete alla frutta.
Insomma, i compagni trotzkisti qui ci ricordano l'importanza della presenza dei rivoluzionari nella classe. Noi ricordiamo loro che "essere presenti" è necessario, ma essenziale nell'intervento è come essere presenti.
In tempi di "noia" come questi come ci dobbiamo muovere come comunisti? Noi non dobbiamo cadere nell'illusione di dover raggiungere con le nostre parole d'ordine tutta la classe lavoratrice. Sappiamo benissimo, che questo non si può fare se non annacquando per bene il contenuto politico. Non possiamo pretendere che indicazioni comuniste possono raggiungere la maggioranza della popolazione.
Al contrario cosa si fa? Si lavora perché lì dove si costruiscono delle crepe, lì dove esistono delle incertezze politiche, dei vuoti politici... si riempano di contenuto nuovo. L'affluenza ridottissima (scrivo da Ostia, e vi riporto che al seggio di via delle acque rosse, si gioca a "nomi, cose e città") , è un segnale forte e chiaro che il vuoto si è creato.
Voi tatticamente valutate interessante non questo vuoto, evidente, grossolano, quanto quello di un minutissimo elettorato di Rifondazione Comunista allo sbando.
Quindi invece di rivolgervi al "vuoto" ben più consistente ed interessante dal lato politico, costituito dalle masse astensioniste, vi rivolgete ai quattro vostri ex-compagni di Partito, che per inerzia promuovono l'ennesimo ridocolo comitato elettorale (Repubblica Romana!!!).
La vostra scelta tattica, è quindi quella di recuperare quei zombies alla base di quel partito elettorale prossimo all'estinsione, quale è Rifondazione. Da questa consequenzialmente le vostre scelte politiche!
Noi vi invitiamo fraternamente ad abbandonare questa prospettiva perdente e destrorsa, e a cercare di rivolgervi al proletariato, che in massa quest'anno a disertato le elezioni. Come rivolgersi a questa massa? Non certo promuovendo un passo indietro, ovvero l'ennesima proposta elettorale... bensì promuovendo un passo avanti, per organizzare il malcontento e renderlo movimento organizzato contro la democrazia borghese, per il socialismo.
Alle scorse elezioni avete giustificato la vostra presenza alle elezioni, come momento di agibilità politica. Noi crediamo che esiste una differenza fra la nostra scelta "elettorale" al margine del secondo conflitto mondiale e la vostra. I nostri compagni si candidavano veramente alle elezioni, per sfruttare quello spazio per propagandare la rivoluzione, coerentemente invitando dai palchi elettorali i lavoratori all'astensionismo ed al protagonismo proletario!
Sinceramente non capisco come si possa ancora tentare anche solo di difendere questa tattica politica. Il vostro candidato sindaco non è stato accettato e voi che fate? Invece di denunciare questo sporco sistema e dare come indicazione, finalmente, l'astensionismo, chiedete di votare per Medici, peraltro ex rifondarolo (e ancora sostenuto da Rifondazione, partito di cui voi auspica(va)te lo scioglimento!), incartandovi così in un votate-ma-anche-no che suona davvero ridicolo. Spero che questa linea sia stata ampiamente contrastata dai vostri stessi militanti, che ci sia stata una grossa fetta contraria, perché se tale scelta tattica è passata all'unanimità o quasi, allora davvero credo che il PCL non sappia più che pesci pigliare e sia nella confusione più totale.
Saluti a pugno chiuso.
Non ci sono le condizioni per la rivoluzione e allora pratichiamo tutte le strade che ci permettano di crearle, queste condizioni (per quanto compete a noi, ovviamente). TUTTE le strade, ivi comprese quelle che non ci appartengono e ci fanno schifo. Le elezioni sono una strada per creare condizioni rivoluzionarie? Certo che no! Ma sono una strada per entrare in contatto con enormi strati del proletariato e fare propaganda comunista. Ebbene sì, compagni, vi informo che il proletariato (quello che c'è, quello reale, non quello che desidereremmo ci fosse) vota, continua a votare, ancora oggi. Anche se la politica borghese ha raggiunto il suo massimo discredito. Anche se la crisi e il disgusto spingono all'astensione. Anche se capiscono (per fortuna) che con il voto non cambiano niente.
Due parole sull'astensione e sugli astenuti. Se l'astensione del lavoratore è politicamente *cosciente*, dal nostro punto di vista è tutto di guadagnato: abbiamo già fatto metà strada. La nostra preoccupazione non è di certo quella di portare a votare il proletario che, disgustato dalla politica, ha GIA' deciso di lottare (in qualsiasi modo, fosse pure solo con un astensione attiva) contro il governo e i partiti borghesi. Se c'è un lavoratore che è già arrivato a queste conclusioni, vorrà dire che ha già capito da sé che la strada per cambiare le cose non passa attraverso le urne. E allora tanto meglio! C'è arrivato da solo! La nostra preoccupazione, invece, è solo quella di intercettare e convincere gli altri lavoratori, cioè quelli che a questa conclusione non sono ancora arrivati. Ecco il punto. E' questo, e solo questo, il senso dell'utilizzo della tribuna elettorale per i comunisti. E' questo il senso del praticare la strada delle elezioni (che detestate voi così come detestiamo noi) per fare propaganda. Altro che elettorato del PRC! Altro che proposte elettorali!
"Noi non dobbiamo cadere nell'illusione di dover raggiungere con le nostre parole d'ordine tutta la classe lavoratrice." Sì, ma dobbiamo (leninianamente categorico) guadagnare la maggioranza attiva (cioè non la totalità e neanche la maggioranza assoluta) del proletariato. O facciamo questo o le condizioni soggettive per la rivoluzione sono letteralmente campate in aria. Non c'è caso storico che dimostri il contrario.
Jecko666, ti assicuro che lo sporco sistema è stato da noi ampiamente denunciato - ti invito a leggere i comunicati - e ti assicuro anche che esattamente come a Roma il partito ha liberamente scelto che fosse opportuno dare indicazione di voto, in altre città (vedi per esempio Ancona, per dirne solo una) la locale sezione ha liberamente scelto che fosse opportuno dare indicazione per l'astensione. Di nuovo: stiamo parlando delle tattiche per stabilire un approccio con quegli strati di militanza e di classe. Tutto qui. Se a voi non interessa stabilire questo approccio, fate pure. Decisione che rispettiamo, legittima (oltre che in linea con la vostra storia), ma secondo noi invece è un dovere.
Scusami Sergio, in che modo definiresti "attiva" la minoranza che va alle elezioni, e vota Medici?
Giusto per essere chiaro, trovo molto positivo che ci sia un confronto con i compagni del PCL, che ringrazio.
Volevo, segnalare a chi fosse interessato, questa presa di posizione sull'esito elettorale da parte del PCL Roma:
In cui si dice:
Dunque, ci si domanda, per quale motivo i nostri amici e compagni del PCL hanno invitato i lavoratori della loro area di influenza a votare una coalizione elettorale collocata ben distante dai vari gangli della lotta di classe? Mi sembra evidente, che non è stato un tentativo di dialogo con la parte "presunta attiva" dell'elettorato, bensì un dialogo con una parte del tutto "passiva" o comunque "estranea" agli ambienti di classe.
Dunque, perché tutto questo interesse per questa parte? Noi una risposta possibile l'abbiamo data.
Tanto per risultare il più chiari, per noi finché non c'è una ripresa della lotta di classe, e una significativa crescita politica della classe, nessun astensionismo può essere letto di per sé come un dato positivo.
Infatti, sappiamo bene come dietro all'astensionismo spontaneo, può nascondersi l'appello del piccolo borghese democraticissimo, "alla maggiore democrazia" piuttosto che "alla vera democrazia", o una disaffezione non classista benché nostalgica, per la quale si vorrebbe "un palazzo più vicino ai cittadini" etc. Noi sappiamo che questo astensionismo resterà il nulla, finché questo nulla non si riempa di contenuti di classe, e una prospettiva comunista.
A questo punto, visto i magri risultati elettorali, si ridiventa radicali? Si sbandierano parole d'ordine infuocate fino a che non si ottengono risultati sufficienti a stringere accordi? Democratici fino a che si sta all'opposizione? Così si perde la faccia anche da un punto di vista personale....
La crisi è talmente acuta e colpisce talmente tanto forte i lavoratori che non vedo proprio come si possa annacquare il contenuto politico. Non credo che ci sia mai stato così tanto bisogno del messaggio politico insito nel marxismo, e bisogna usare (criticamente!) i mezzi che la democrazia borghese offre per divulgare coscienza di classe tra le masse.
Con quali mezzi si intende raggiungere i lavoratori astensionisti, esattamente, MA07, soprattutto riconoscendo che dietro all'astensionismo spesso si nasconde una semplice disaffezione alla politica borghese? Quale tattica si ha in mente? Come si ritiene opportuno di organizzare un movimento per il socialismo se non c'è coscienza di classe? Come si intende arrivare a quel momento in cui l'astensionismo avrà, infine, un significato positivo? Se non ci capiamo su questo punto non ci capiamo su niente, ed è un peccato perché si finisce per parlarsi addosso (per questo, GCom, mi pare inutile risponderti).
NaVitt, sicuramente hai centrato il problema.
Prima di risponderti compagno, però, mi permetto di fare una precisazione rispetto a quel che hai scritto.
Quanto dici lo trovo molto interessante, perchè compendia bene un errore molto comune fra i compagni genuinamente nel campo proletario. E' vero, le condizioni materiali in un certo senso determinano il pensiero, ebbene quali condizioni materiali determinano il pensiero rivoluzionario? E' evidente che a questa domanda non può esserci risposta coerente con lo schema detto: il pensiero rivoluzionario infatti non è nato semplicemente in seguito ad una esperienza particolare di classe, bensì è nato grazie al tributo dei primi comunisti, che hanno avuto gli strumenti per criticare i fondamenti della società capitalista, e quindi indirizzare il proletariato.
Dunque per quanto è acuta la crisi, nulla nella propria esperienza quotidiana, nelle contraddizioni stesse che si vivono tutti i giorni, suggerisce di per sé la coscienza di classe, e tantomeno il socialismo. Al contrario, la crisi potrebbe abbrutire i lavoratori, renderli persino più servili politicamente!
Se non si assumono questo compito essenziale i comunisti, siamo freschi!!! Non solo, in tempi di generale crisi del movimento operaio, questo lavoro da parte dei comunisti deve essere il più efficiente ed il più chiaro possibile.
Arriviamo alle domande che poni.
Non esistono mezzi speciali per raggiungere i lavoratori astensionisti. Non esistono scorciatoie e tantomeno miracoli.
Si deve procedere come gli antichi, intervenire dove è possibile, in base alle proprie forze, nella classe, lì dove si sviluppano le contraddizioni, e magari anche le lotte, denunciando i misfatti del sistema, e allo stesso tempo dando una prospettiva politica.
Nel periodo delle elezioni, abbiamo potuto notare che una battaglia astensionista suscita ormai grande interesse, ed il contenuto di classe che attribuiamo a questa indicazione suscita curiosità per molti.
Navitt le mie sono insinuazioni, provocatorie, ma credo legittime, infatti ho ben capito che mi trovo davanti a dei compagni, preparati. mi permetto di criticare la tattica adottata in quanto non risponde a interessi di classe, radunarsi attorno all'urna elettorale non predispone a nessuna rivendicazione classista, ne facilita solamente un incremento statistico in un ambito che resta borghese. Nello stesso modo con cui si acquisisce il vantaggio, lo si perde in breve tempo, in quanto politiche rivoluzionarie al di fuori di contesti rivoluzionari rimangono, per così dire, senza ossigeno.
saluti.
Non è affatto una questione di “proposte elettorali” o d’essere o meno un “partito elettorale”. La questione è “come” si fa propaganda, proprio tenendo conto del “contesto sociale e storico” nel quale la si fa, ma – soprattutto – “cosa” si propaganda.
Usare la tribuna parlamentare – ammesso (e ahinoi niente affatto concesso) che ciò sia possibile e consentito – “in senso rivoluzionario” è la condizione posta da Lenin all’utilizzo non opportunista di quella stessa tribuna. Cosa vuol dire “in senso rivoluzionario”? Vediamo di ricordarlo un attimo.
Per parlamentarismo rivoluzionario i bolscevichi intendevano fare propaganda rivoluzionaria sfruttando le elezioni democratico-borghesi per distruggere il parlamento (anche) dall'interno. Tutta la campagna elettorale doveva denunciare il carattere di classe dello stato democratico, la falsità e l'illusione della democrazia borghese, la forte propaganda dei principi comunisti. Bucharin disse: entrate in parlamento al grido di "abbasso il parlamento!". Tutto ciò dà alla partecipazione elettorale comunista il carattere prettamente rivoluzionario che gli compete.
Ora ci chiediamo: è in tale “senso rivoluzionario” che la tribuna elettorale viene utilizzata dal PCL?! Non ci sembra davvero.
La tattica parlamentare del PCL non segue infatti nessuna delle direttive sopra esposte (denuncia dello stato borghese, della democrazia, del parlamento, diffusione dei principi comunisti).
Così come rivoluzionario non ci sembra affatto il messaggio – e dunque il contenuto, ovvero l’indicazione politica - che, da quelle “tribune” (come dalla loro partecipazione alle lotte) i compagni del PCL rivolgono alla classe a proposito di “gestione operaia delle fabbriche” e “nazionalizzazione sotto controllo operaio” (nel capitalismo?!), e quant’altro. Limitarsi a gridare alla nazionalizzazione delle banche e delle fabbriche che licenziano - misure economiche che da tempo ormai porta avanti anche alcune frange della classe borghese – non è propagandare i principi del comunismo. Non lo è senza alcun riferimento al potere politico dei lavoratori, alla presenza dunque di un loro Stato, all’eliminazione delle leggi e dinamiche del capitalismo che ne determinano l’operare per il profitto.
Si dice – è vero - che le “nazionalizzate” siano messe sotto il controllo dei lavoratori: ma si pensa forse che la nazionalizzazione anche sotto controllo dei lavoratori sia socialismo? Noi non lo crediamo affatto.
Per non tacere sulla estrema contraddittorietà e confusionarietà – i compagni del PCL ce lo consentano… - di un messaggio rivolto a «convincere gli altri lavoratori … che a quella conclusione non sono ancora arrivati»: dunque sembra che per convincere gli “incerti” che «non hanno ancora capito da sé che la strada per cambiare le cose non passa attraverso le urne», si debba dir loro di “andare alle urne”, per di più a votare un candidato che, dopo essere stato indicato come referente da votare, una volta raccolta la misera sconfitta, solo pochi giorni dopo viene etichettato come esponente «di un progetto strategico insufficiente, quello riformista, che si rivela inutile perché impraticabile, impraticabile perché non all'altezza della radicalità della violenza della crisi capitalista», o ancora: «La campagna elettorale della coalizione di Medici, tutta incentrata su pratiche e modalità poco incisive in termini di mobilitazione e di denuncia, si è tenuta ben distante dai veri gangli della lotta di classe e delle sofferenze di Roma, rivelando assenza di interlocuzione e di contatto con quelli che sarebbero dovuti essere i propri referenti sociali.» (dal sito ufficiale PCL, comunicazione del 1 giugno 2013: “Anche il voto amministrativo di Roma sancisce la crisi dei riformisti. È giunta l'ora di abbandonare ogni illusione!”). E (a leggere fino in fondo il comunicato) non per una qualche «scelta sbagliata" o a causa di (sempre più gravi) "errori dei dirigenti". Si tratta, più semplicemente e più drammaticamente - a Roma come altrove, a livello locale come a livello internazionale - di tutte le insufficienze di un progetto strategico, quello riformista…». Insomma, proprio alla radice, diremmo.
Ed ecco l’indicazione di voto lanciata qualche settimana prima appena: «votare, criticamente, il candidato sindaco Sandro Medici che, pur coagulando forze e programmi riformisti e pienamente compatibili con il sistema capitalista, rappresenta in queste tornata elettorale una coalizione di sinistra indipendente e autonoma dal PD e dal centrosinistra liberal-borghese. Il voto che indichiamo è perciò un voto di indipendenza di classe contro i due poli borghesi presenti alle elezioni» e ancora: «l’indicazione di voto a Sandro Medici in contrapposizione alla borghesia e ai suoi partiti».
Dopo aver letto, chiedevo ai compagni una spiegazione e la chiedo ancora: cosa significa “voto di indipendenza di classe contro i due poli borghesi”? E soprattutto: che indicazione si dà ai proletari con l’assurda separazione tra borghesia liberal-borghese e riformisti?! C’è dunque uno schieramento borghese non liberal (?!) che i proletari possono tatticamente sostenere col voto? E in cosa lo schieramento indicato era “in contrapposizione alla borghesia e ai suoi partiti”?! Insomma, ci sembra legittimo chiederci: ma che opinione hanno dunque i compagni del PCL circa il variegato fronte politico istituzionale borghese? Forse ritengono che una parte di esso (e quale?), pur essendo “riformista”, possa essere tatticamente alleato del proletariato?
Fossi un elettore (ancor di più se “proletario”) rimasto felicemente convinto dalla pur sottile e criptica indicazione tattica elettorale, oggi chiederei umilmente al Sig. Ferrando: e me lo dici adesso? ma allora, perché mi hai detto di votarla, quella coalizione? E perché tu stesso quel “progetto strategico insufficiente e riformista” lo hai sostenuto elettoralmente? Quanto meno discutibile come mossa tattica, no?! A meno che, certo, la tattica non viva di vita propria. E a meno non si creda che il destinatario sia capace da sé di comprendere certe finezze o sottigliezze tattiche. La classe ha bisogno di indicazioni chiare, cari compagni del PCL. E lo diciamo con franchezza e senza alcuna spocchia di sorta.
Riporto le parole piuttosto indignate di un compagno (non della nostra area politica peraltro) che sinteticamente manifesta così il suo duro giudizio critico. E non lo faccio per amor di polemica, ma semplicemente perché ritengo che, quanto meno, si debbano affrontare a testa alta anche i giudizi critici suscitati dalle proprie azioni, se davvero intendiamo avere e mantenere un qualche rapporto con la classe e le sue punte più coscienti: «Il PCL … decide di far votare per sindaco Sandro Medici nonostante rappresenti "forze e programmi riformisti e pienamente compatibili con il sistema capitalista” … giustificandosi con la opportunistissima tesi secondo la quale questo appoggio "critico" (!!) sarebbe un voto contro la borghesia! … dicono di votare lo stesso, di credere al voto, di votare per una delle fazioni borghesi dicendo agli operai che questo è utile contro le altre fazioni borghesi più forti, illudendo così la classe sfruttata e legandola al meccanismo elettorale. Questa gente che si professa "leninista" e trotskysta" invece di boicottare le elezioni, di rivelare agli sfruttati l'inutilità elettorale, strumento borghese di rincoglionimento sociale, di denunciare il regime borghese, e di affermare che solo con la rivoluzione è possibile l'emancipazione sociale, preferisce perpetrare il gioco democratico (seppur criticamente!!).»
Ma anche a voler prescindere dalle suddette argomentazioni, come è mai possibile affermare e credere correttamente che «la maggioranza dei lavoratori in questo momento storico non ha coscienza di classe» e pretendere al tempo stesso che essa possa comprendere tali “sottili”, sofisticati tatticismi?
E perché, se la classe mostra di aver perso abbondantemente fiducia nel senso stesso e nell’utilità delle elezioni, il “suo” partito dovrebbe mirare a rifondare e riconsolidare quella fiducia e solo dopo, in caso magari di cocente sconfitta, gridare trionfanti allo smascheramento e contro il riformismo?
Certo non basta dichiarare l’inutilità delle elezioni, che non ci distinguerebbe in nulla dai qualunquisti d’ogni ordine e grado, ma neanche serve in alcun modo tentare di ripristinare l’illusione che la classe stessa sta dimostrando di abbandonare anziché dare ad essa – come si dovrebbe - l’indicazione della lotta, del protagonismo diretto, della autorganizzazione e direzione autonoma delle sue lotte, della necessità di far riferimento ad una avanguardia partito, consolidando, piuttosto, la più completa sfiducia negli apparati istituzionali borghesi d’ogni ordine e grado e la loro inutilità rispetto alla risoluzione dei suoi problemi reali.
Credere che ruolo del partito sia anche (partecipazione alle lotte a parte) smascherare una farsa elettorale che si è già abbondantemente smascherata da sé (e che ad un elettorato astensionista in progressivo aumento è già consapevolezza da parecchio tempo) - anziché approfittare del dato di fatto che tale consapevolezza pur "non cosciente" è già presente - è paradossalmente porsi sullo stesso ridicolo piano "tattico" di un Grillo che incita a raccogliere le prove del reato da portare ad un processo (quello per corruzione dello Stato) dotandosi di telecamerine che documentino gli “intrighi” e le “suonate di piano” già noti a tutti da lungo tempo. Forse questa è un po’ pesante come analogia, mi rendo conto, ma consideriamola pure una benevola provocazione.
Piuttosto evidente, invece, mi sembra che un tale tipo di messaggio non sia affatto recepibile da un elettorato “proletario” (e per fortuna, diremmo noi!), quanto più facilmente venga indirizzato “a” e recepito/digerito da un elettorato genericamente di sinistra, che però non può che uscire sempre più confuso da simili tatticismi. Ricordiamo peraltro che le due connotazioni (proletario e di sinistra) dell’elettorato da gran lungo tempo hanno smesso di identificarsi. L’elettorato sfiduciato e confuso “di sinistra” sarebbe raggiungibile per ben altri canali: e dunque perché utilizzare il canale “istituzionale”?! Come del resto più raggiungibile altrove è lo stesso elettorato “proletario”, dei lavoratori – quello a cui si riferisce esplicitamente il compagno Sergio – che, incalzato dalla crisi sociale e istituzionale, inizia già a cercare, seppure timidamente, altre “strade” che non quelle elettorali, come ampiamente dimostra ad ogni ennesima scadenza elettorale.
Vorrei anche rispondere sinteticamente ai toni polemici di Sergio circa il nostro “immobilismo tattico”, i nostri “eterni ritornelli manualistici”, nonché “l’imbalsamazione e l’eternizzazione della nostra tattica da un sessantennio almeno” sulle elezioni e… lasciam perdere il resto che non riguarda l’attuale discussione.
Facile sarebbe controbbattere circa l’imbalsamazione della tattica frontista o entrista che ha pressoché sempre caratterizzato la componente trotskista del movimento comunista. Ma è mia abitudine argomentare.
Il compagno Sergio ricorda bene il nostro astensionismo NON di principio, ma non riesce a comprendere, evidentemente, “condizioni e contestualizzazioni" nelle quali esso potrebbe essere praticabile e praticato, peraltro – aggiungo io – secondo le rigide indicazioni su riportate e riguardanti significato e contenuto del parlamentarismo rivoluzionario: indicazioni per le quali non basta affatto dichiarare il parlamento e le forze che lo occupano semplicemente come “riformiste”, occorre piuttosto agitare ben altre e più corpose denunce politiche e parole d’ordine.
Quali sarebbero le condizioni, ci chiede. Bene, rispondo “per esclusione”, dicendo quali di quelle condizioni non ci sono oggi nella classe, ossia le illusioni sul parlamento e la sua utilità, per esempio: oggi c’è esattamente l’opposto, checché i compagni del PCL ne dicano, parlano le gigantesche dimensioni dell’astensionismo.
Condizioni, quelle, che, invece, persistevano eccome nella Russia autocratica dei tempi di Lenin, così come all’indomani di un ventennio di repressione fascista, caro Sergio. Altro che “scissione del ‘52” che – consentimi! - non c’azzecca per nulla. Giusto a proposito del fare “astrazioni belle e buone”…
Tali illusioni persistono invece - eccome! - proprio e piuttosto fra quelle migliaia di compagni cui lo stesso PCL rivolge spesso fraterni quanto accalorati appelli ad abbandonare le direzioni riformiste di RC o del PDCI. Occorre forse alimentarle, dunque, quelle illusioni?! Non credo proprio.
Dunque non si tratta affatto di attendere lo “storico dispiegarsi trionfale di un movimento di classe di ampissima portata”, compagno Sergio, quanto di accompagnarlo nel suo evolversi quel movimento storico e, soprattutto, di comprenderlo e guidarlo nella giusta direzione: in avanti, non all’indietro!
Per maggiore chiarezza e a scanso di equivoci, quando nel precedente commento parlo di assenza o per lo meno di carenza crescente, nella classe, di illusioni su parlamento e persino, aggiungo ora, sulla democrazia, intendo riferirmi ad esse come attuali condizioni storiche che rendono il cd. parlamentarismo rivoluzionario (alla Lenin, per intenderci) assolutamente non utilizzabile tatticamente, nè in alcun modo utile nella direzione di un processo rivoluzionario e neanche di una maggiore presa di coscienza della classe. Lasciamo insomma ai Grilli Parlanti il suo utilizzo "tattico", ovviamente in tutt'altra direzione!
Per maggiore chiarezza e a scanso di equivoci, quando nel precedente commento parlo di assenza o per lo meno di carenza crescente, nella classe, di illusioni su parlamento e persino, aggiungo ora, sulla democrazia, intendo riferirmi ad esse come attuali condizioni storiche che rendono il cd. parlamentarismo rivoluzionario (alla Lenin, per intenderci) assolutamente non utilizzabile tatticamente, nè in alcun modo utile nella direzione di un processo rivoluzionario e neanche di una maggiore presa di coscienza della classe. Lasciamo insomma ai Grilli Parlanti il suo utilizzo "tattico", ovviamente in tutt'altra direzione!
Mi spiace, caro compagno karl vladimir, ma la tattica elettorale del PCL è esattamente improntata alla "denuncia dello stato borghese, della democrazia, del parlamento" e alla "diffusione dei principi comunisti". Ti invito a considerare ciò che le nostre parole d'ordine sottendono per averne riprova. Certo, sui nostri volantini elettorali potremmo ben scrivere: "abbasso il parlamento!", dopodiché non avremmo fatto un solo passo avanti se quel grido di battaglia non venisse affiancato da rivendicazioni chiare e nette in termini di classe. Rivendicazioni che necessitano di essere esposte. La radicalità delle rivendicazioni comuniste non deve e non può mai tradursi in vuoti slogan incolori. "Abbasso il parlamento!" e basta, senza aggiungere altro, è penoso latrato grillino (oggi) e funesto proclama diciannovista-fascista (ieri). E funziona proprio perché solo slogan, senza segno di classe. Il messaggio da noi lanciato ai lavoratori NON E' "andare alle urne" per convincersi che le urne... non servono a nulla (!). Il messaggio è: "siate coscienti che il voto è una truffa! Se votate per noi, fatelo sapendo che per noi il voto non conta. Ciò che per noi conta è che voi lottiate. Che voi vi organizziate. Non illudetevi sui partiti che si professano dalla vostra parte! Unitevi a noi!" E' per propagandare QUESTO messaggio (e non altri) che noi partecipiamo alle elezioni. E' per propagandare QUESTO messaggio che noi partecipiamo agli scioperi. E' per propagandare QUESTO messaggio che noi cerchiamo di essere presenti in ogni lotta che sia espressione di interessi di classe. Appoggiare i riformisti è nient'altro che un modo per mostrare e dimostrare splendidamente questo messaggio. E' invitare ad illudersi di loro per poter poi meglio disilludersene. E' proprio perché la maggioranza dei lavoratori non ha in questo momento storico coscienza di classe che è in mano ai riformisti (ancora per poco) o in mano ai populisti reazionari d'ogni specie.Voi ritenete che l'aumento dell'astensionismo significhi automaticamente aumento di coscienza di classe? Magari, compagni! Se così fosse, pensate che i livelli di lotta e di mobilitazione di classe sarebbero così drammaticamente bassi? Non vi sembra platealmente falso oltre che ingenuamente ottimista arrivare a sentenziare che "la classe mostra di aver perso abbondantemente fiducia nel senso stesso e nell'utilità delle elezioni"? Che "la classe stessa sta dimostrando di abbandonare" l'illusione parlamentare? Veramente non piccola parte della classe è appena passata dalla ventennale illusione berlusconiana alla chissà quanto duratura illusione grillina. Illusione mille volte più pericolosa, perché fingendo di smascherare non smaschera un bel nulla. Fingendo di delegittimare, rilegittima e contemporaneamente frena quelle energie potenzialmente antisistema alle quali fa da argine. Altro che "consapevolezza pur non cosciente"! Se il proletariato avesse già trovato la sua strada, che noi sappiamo essere solo una, cioè quella che porta alla rivoluzione, molto probabilmente non saremmo qui ad arrabattarci e a macerarci sulla necessità del come, del dove e del quando propagandare.
Il programma del PCL lo conosciamo bene, alcuni dei suoi "punti" li ho riportati sopra, ciascuno giudichi da sè il loro "contenuto" e l'impronta "classista" di certe rivendicazioni e parole d'ordine, a proposito di "diffusione dei principi comunisti". Tentare di condurre ora la discussione sull'asfittico piano degli "slogan" (e chi ha mai parlato di propaganda per slogan?) è, semplicemente, ridicolizzarla.
Io mi sono riferito a contenuti (gestione operaia delle fabbriche o peggio loro nazionalizzazione sotto controllo operaio), e dunque al "programma", compagno Sergio, e ne ho, pur sinteticamente, dimostrato l'aspetto parolaio se e fincheè esso resta rivendicazione avulsa, separata da un discorso politico rivoluzionario riguardante il potere e le sue istituzioni.
Quando il PCL parla di “governo operaio”, sostenendo che esso andrà formato con la mobilitazione “rivoluzionaria”, non precisa affatto nè come tale governo dovrà configurarsi nè, soprattutto, se tale “governo operaio” dovrà costituirsi dopo avere abbattuto la macchina statale borghese e averla sostituita con organismi statali di classe, come i soviet, oppure se esso svolgerà ancora la sua funzione rimanendo in piedi la macchina statale borghese capitalistica. Solo nel primo caso, per noi comunisti, il governo operaio potrà essere veramente tale e svolgere la sua funzione di superamento dell’economia capitalista. Solo se tale governo potrà avvalersi della forza politica di organismi statali proletari potrà essere un vero, reale governo operaio, perche avrà l’appoggio completo, diciamo noi, dittatoriale, della classe. Nell’altro caso, di un governo operaio costituitosi prima dell’abbattimento di tutti gli organi statali borghesi, avremo un governo operaio solo nel nome, mentre nei fatti esso rimane ostaggio o strumento degli organi del potere della borghesia rimasti intatti e ancora in piedi.
Sostieni (a torto): «Voi ritenete che l'aumento dell'astensionismo significhi automaticamente aumento di coscienza di classe? Magari, compagni! Se così fosse, pensate che i livelli di lotta e di mobilitazione di classe sarebbero così drammaticamente bassi?».
Noi non riteniamo affatto questo, e il compagno Sergio lo sa bene. E proprio perchè sappiamo bene che i livelli di coscienza e mobilitazione della classe sono così bassi, attribuiamo al partito la categorica funzione di far chiarezza sui contenuti di classe, di intervenire con indicazioni politiche chiare, di propagandare - per l'appunto - i "principi del comunismo", a partire dalle necessarie lotte economiche (che la classe metterà in campo spinta dal peggiorare progressivo delle sue condizioni di vita), e non certo dalle urne o dai consessi elettoralistici che mirano solo a contenerne la diffusione attraverso il deleterio meccanismo della delega in bianco di tipo parlamentare-borghese.
Riporto una "significativa", sintetica analisi di Ferrando del 6 marzo 2010: «IL GOVERNO SANA LE PROPRIE LISTE. NAPOLITANO COPRE IL REGIME DELL’ARBITRIO E DELL’IPOCRISIA.
_Il governo si approva per decreto le proprie liste contestate, ignora le decine di altre liste escluse, sigilla il regime dell’arbitrio e dell’ipocrisia che governa la presentazione delle liste elettorali in tutta Italia. E lo fa con la copertura della Presidenza della Repubblica. Tutto ciò è vergognoso e inaccettabile. I partiti dominanti fanno tutto da soli: varano leggi elettorali assurde e discriminatorie, violano platealmente le loro stesse leggi, sanano per decreto le proprie violazioni, abbandonano al proprio destino le vittime “minori” delle loro leggi. E per di più gridano che “la democrazia è salva”. E’ troppo.
Come osserva oggi il quotidiano “la Repubblica”, il Partito comunista dei Lavoratori ( PCL) è, assieme ai Radicali, la principale vittima *di questa legge elettorale e del decreto del governo*. Ma non ne facciamo questione di partito. Ne facciamo questione di democrazia e di principio, che per definizione è universale. Per questo impugneremo e contrasteremo il decreto del governo in tutte le sedi, ne denunceremo la stessa incostituzionalità, parteciperemo alla più ampia mobilitazione di piazza e di strada contro il provvedimento di Berlusconi e Napolitano. E rivendicheremo con più forza la cacciata di un governo reazionario che, mentre condona gli evasori e colpisce l’articolo 18, si arroga il diritto all’arbitrio persino in materia elettorale.»._
Di quale astratta democrazia "senza aggettivazione alcuna" parla Ferrando? Come mai egli, anzichè riferirsi al ruolo della democrazia borghese come "miglior involucro" del dominio di classe borghese, ne parla in termini di: "siamo vittime di..." ma, soprattutto (sigh!), di "ne facciamo una questione di democrazia e di principio... universale" e dunque, "impugneremo ... in tutte le sedi ... denunceremo la sua incostituzionalità".
«Napolitano copre il regime dell'arbitrio e dell'ipocrisia» del governo che sana le liste?! Napolitano è il supremo "garante" di quel regime (come lo sono il governo e il parlamento borghesi) e che al suo posto ci fosse un altro non cambierebbe nulla. Ma l'affermazione lo lascia intendere, spostando sul contingente (questo governo) e al personale (questo presidente) la questione.
Come si chiama questo, compagni del PCL?! Propaganda comunista contro lo Stato borghese e contro la funzione della democrazia borghese o, piuttosto (sigh!) prefigurare agli occhi della classe la possibilità che una parte buona e sana e (sigh sigh!) "costituzionale" (organo preposto a ciò: magistratura e suoi supremi borghesissimi organi istituzionali, Corte Costituzionale in testa!) di essa possa difendere un principio universale, in seguito ad "impugnazione del decreto governativo in tutte le sedi"?!
La democrazia, questa democrazia, la nostra attuale democrazia, è democrazia borghese e, in quanto tale, è strumento di dominio di classe. Da qui, compagni, inizia la propaganda dei principi comunisti: dalla denuncia del ruolo dello Stato borghese in tutte le sue istituzioni, senza eccezioni, senza lasciar presumere (o peggio configurare) la possibilità che parte di esso Stato possa salvaguardare alcunchè abbia a che fare con gli interessi della classe proletaria. Altro che incostituzionalità, altro che impugnare, altro che principio universale! Qui siamo proprio all'abc della critica marxiana, e poi leniniana, dello Stato!!!
E concludo citando il significativo commento di un giovane compagno, rintracciato tra i commenti presenti su un noto social network: «invece di rallegrarsi che la dittatura della borghesia (che ha nella democrazia il suo migliore involucro) lo "metta in stato d'accusa" (dimostrando così, a-negativo, di essere sulla giusta via della difesa della classe antagonista); il PCL piagnucola per la mancata difesa - da parte del sistema borghese! - di un proprio rappresentante; il PCL insomma ... pretende d'essere difeso dalla borghesia e da una parte (quale?!) del suo Stato presume (e per ciò stesso indica come) sana. Come posso io - partito operaio - lagnarmi del fatto che il nemico mi attacchi? ... se non perchè, in realtà, non faccio che reclamare il proprio posto (legittimo per quanto mi riguarda, che ho sempre considerato questi sciagurati nemmeno degni d'essere definiti dei rinnegati, in quanto comunisti non lo sono mai stati) al sole caldo delle spiagge, alla cui entrata sta il cartello: "Vietato l'ingresso ai partiti comunisti!". QUANDO IL NEMICO (lo Stato borghese) MI ATTACCA, SIGNIFICA CHE SONO SULLA GIUSTA STRADA. CHI SI LAGNA LANCIA QUESTO CHIARO MESSAGGIO AL NEMICO: "STAI SBAGLIANDO BERSAGLIO, IO SONO DALLA TUA PARTE".»
Non spenderò un solo rigo (l'ho già fatto fin troppe volte) per replicare a questioni che sono alla base della definitiva reciproca chiarificazione e poi separazione della compontente trotskista dalla componente bordighista del movimento comunista. Sarebbe perfettamente e tristemente inutile. Sulla questione della democrazia mi limito a citare la miglior esemplificazione del nocciolo delle divergenze:
"[...] la questione si presenta ai loro occhi [dei nostri amici bordighisti] nel modo seguente: la democrazia è un principio degli sfruttatori; i partiti rivoluzionari finora non lo hanno capito; i russi nel 1917 hanno esitato tra democrazia e dittatura; i bordighisti sono stati i primi a scoprire il vero principio della dittatura. Ora che questo principio è stato scoperto, qualsiasi uso delle parole d'ordine democratiche diventa reazionario; in altri termini, la dialettica dello sviluppo sociale viene sostituita dalla metafisica dello sviluppo di un gruppo settario. Il modo di pensare dei bordighisti è assolutamente in linea con lo spirito dell'illuminismo razionalista del XVIII secolo: nel passato predominavano errori e pregiudizi, ma ora il vero principio della società è stato a scoperto e deve continuare ad esistere su questa base; oggi noi, gli illuministi, abbiamo capito che resta da aggiungere solo un dettaglio: ricostruire la società.
La cosa strana è che proprio gli illuministi hanno scoperto il principio della democrazia che hanno contrapposto formalmente all'intero processo di sviluppo dell'umanità, come principio assoluto. I bordighisti non hanno scoperto niente, ma più semplicemente hanno preso in prestito dalla rivoluzione russa il principio della dittatura del proletariato, per poi contrapporlo, al di fuori di qualsiasi realtà storica, come una verità assoluta contro l'errore assoluto della democrazia. Ciò dimostra quanto essi non abbiano capito assolutamente niente della teoria e della pratica della rivoluzione russa o, a questo riguardo, del marxismo in generale. Essi non si sono presi la briga di spiegare cosa intendono oggi per democrazia. Apparentemente, solo parlamentarismo.
[...] La democrazia è un'arma del capitalismo, dicono i nostri critici; si, ma un'ara contraddittoria, così come lo è il capitalismo nel suo insieme. La democrazia serve alla borghesia, ma entro certi limiti può servire anche al proletariato contro la borghesia. Il guaio è che i bordighisti non concepiscono la democrazia e la dittatura del proletariato come istituzioni storiche che possono sostituirsi l'un l'altra dialetticamente, ma come due principi nudi, di cui uno incarna il bene, l'altro il male."
Da queste parole sono trascorsi più di otto decenni. Tutto lascia presupporre che lasciatine passare altri otto le vostre posizioni non saranno cambiate di un millimetro. Sia detto con rispetto, ma la mia fiducia nel fatto che i compagni "sinistri italiani" possano capire ed essere d'accordo sulle parole d'ordine democratiche, sul programma di transizione, sul governo operaio ecc. è infinitamente al di sotto della mia fiducia che un sedevacantista possa capire ed accettare la messa in italiano.
Non si può che constatare che l'errore metodologico che sta a fondamento della vostra errata concezione delle questioni su citate è che voi considerate il tutto ponendovi dal punto di vista del comunista che è già cosciente, e non dal punto di vista del proletario, della classe, che cosciente non lo è affatto, e MAI E POI MAI lo sarà se per "propagandare i principi del comunismo" si fa astrazione di tutto in nome di una assai malintesa "chiarezza". Consiglio una ripassatina urgente dell'Ideologia tedesca (1846).
Continuo a non capire quali sarebbero le prospettive rivoluzionarie dell'astensionismo e i modi in cui un partito rivoluzionario potrebbe intervenire allo stato attuale presso chi non vota, se non facendo già quello che il PCL fa, cioè "intervenire dove è possibile, in base alle proprie forze, nella classe, lì dove si sviluppano le contraddizioni e magari anche le lotte, denunciando i misfatti del sistema e allo stesso tempo dando una prospettiva politica". Cerchiamo comunque di inserire i nostri discorsi in situazioni di potenziale lotta che siano realistiche! Se c'è solo un lavoratore che ha coscienza della sua condizione di sfruttato e tenta di portare avanti una lotta sul posto di lavoro per non far sì che la sua ditta, per esempio, chiuda, ed è lui da solo a portarla avanti, noi possiamo intervenire quanto ci pare ma tutti gli altri suoi colleghi non ci ascolteranno, non si vorranno organizzare con lui. Risultato? Lui probabilmente verrà licenziato e gli altri verranno messi in cassa integrazione nella migliore delle soluzioni. Mi sembra che voi ignoriate (o, peggio, non vi interessi) tutto il lavoro che c'è da fare prima che tali situazioni si vengano a verificare, cioè prima della lotta, cioè, ignoriate che il nostro compito è far emergere le cause che capaci di portare a galla le contraddizioni. Tanti lavoratori nemmeno ci credono più nella lotta, perché non sanno che esistono ancora formazioni politiche che rivendicano il potere ai lavoratori, perché non sanno che la loro rabbia può ancora avere una valenza politica, e sulla scheda elettorale bisogna esserci perché loro trovino quel simbolo che gli ricordi che ancora c'è chi pensa che la loro battaglia può avere un senso. Se loro la iniziano, noi allora (e solo allora!) possiamo inserirci lì dove loro decidono di sviluppare lotte perché sentono di non poter più reggere le contraddizioni del capitalismo. Le condizioni per la rivoluzione si creano nella democrazia borghese, non è che vengono calate dall'alto da chissà chi.
Sergio scrive: «I bordighisti non hanno scoperto niente, ma più semplicemente hanno preso in prestito dalla rivoluzione russa il principio della dittatura del proletariato, per poi contrapporlo, al di fuori di qualsiasi realtà storica, come una verità assoluta contro l'errore assoluto della democrazia. Ciò dimostra quanto essi non abbiano capito assolutamente niente della teoria e della pratica della rivoluzione russa o, a questo riguardo, del marxismo in generale. Essi non si sono presi la briga di spiegare cosa intendono oggi per democrazia. Apparentemente, solo parlamentarismo.»
Premesso che gli "isti" o "ismi" non li ho mai condivisi, e premesso che il bordighismo (soprattutto nei suoi tardi epigoni) ha troppo spesso preso pieghe (teoriche e tattiche, dunque "pratiche") che non condivido altrettanto, ricordo semplicemente al compagno Sergio che la definizione di democrazia abbracciata dai comunisti è contenuta nell'intera opera di Marx, Engels e Lenin e si chiama socialismo prima (fase di transizione), comunismo poi, passando attraverso la dittatura del proletariato intesa come democrazia proletaria. E posso rassicurarlo che nei suddetti non vi è affatto alcuna concezione assoluta della democrazia, come invece ho - credo ben evidenziato e rimproverato - dimostrato esservi nelle dichiarazioni di Ferrando: bensì storica e riferita alle classi sociali in cui la società è divisa.
Ecco perchè i comunisti "usano" aggettivare il termine democrazia, proprio per metterlo in relazione alla classe sociale dominante che la pratica: ed ecco perchè è esistita una democrazia ateniese, una democrazia borghese ed esisterà una democrazia proletaria che darà vita ad una organizzazione economica e sociale comunista.
Mi sa, dunque, che la lista di scritti marxiani, engelsiani, leniniani e persino trotskiani - che suggerisco al compagno Sergio di riprendere in mano - si fa molto più lunga...
Quanto all'aver "preso a prestito il principio della dittatura del proletariato", ricordo al compagno Sergio che tale necessaria "fase di gestione del potere rivoluzionario" (e niente affatto "principio"!), se a prestito è stata presa lo è stata da Marx, e non dalla rivoluzione russa, che se ne è giustamente servita valutandola - con e da Marx - come l'unica possibile strada per piegare la resistenza borghese al procedere di un processo rivoluzionario proletario, che dovrà essere espropriativo di ogni diritto e di ogni proprietà privata capitalistica.
Rispondo infine al compagno Navitt semplicemente invitandolo a visionare tutto il lavoro teorico e pratico svolto da decenni dai comunisti internazionalisti circa le modalità e gli obiettivi politici di intervento concreto nelle lotte della classe, prima di sostenere che essi "ignorano (o, peggio, non interessi loro) tutto il lavoro che c'è da fare prima che tali situazioni si vengano a verificare, cioè prima della lotta, cioè, ignorino che il nostro compito è far emergere le cause che capaci di portare a galla le contraddizioni.». Magari avrà le idee un po' più chiare circa la necessità non sono dell'intervenire, ma del farlo nella maniera corretta, ossia quella che si addice ad una avanguardia politica di classe. Il cui compito - aggiungo e chiudo - non è affatto quello di "far emergere le cause capaci di portare a galla le contraddizioni" quanto piuttosto quello di far comprendere le cause di quelle contraddizioni che sono le infernali dinamiche (economiche, sociali e politiche) capitalistiche a generare e a portare a galla.
«Tanti lavoratori nemmeno ci credono più nella lotta». Esatto, compagno Navitt: oltre ottant'anni di stalinismo e di penetrante, ossessiva ideologia borghese vincente hanno svolto egregiamente il loro lavoro. Come iniziano anche a non credere più, però (e nelle elezioni di ieri lo hanno ancora una volta urlato a gran voce, direi) nella "farsa" della falsa democrazia borghese: e non perchè in linea di principio non ci credano, ma perchè hanno capito che essa non risolve i loro problemi. Piuttosto pragmatici i lavoratori, eh?! Guarda un po'. A questo punto la questione è e resta: torniamo ad alimentare in loro l'eterna illusione della delega (sindacale, politica), magari a "sinistra della sinistra" (borghese, ovviamente), o piuttosto li aiutiamo a ritrovare in se stessi e nella loro unità la loro forza e in se stessi e nelle proprie capacità la piena fiducia che solo attraverso la lotta e la loro autonoma iniziativa di classe prima, attraverso la loro gestione politica di classe dopo, essi saranno capaci di emancipare finalmente se stessi e l'intera società?
Karl vladimir, ma se non c'è coscienza di classe, come diavolo pensate che i lavoratori credano nella lotta e nella loro autonoma iniziativa di classe? Allo stato attuale, se vi interessa parlare di realtà, nella stragrande maggioranza dei casi questa autonoma iniziativa si riduce a deleghe di lavoratori che, in "stato d'emergenza", non avendo coscienza di classe si ritrovano ad elemosinare ciò che spetta loro di diritto (secondo lo stato borghese stesso) presso il padrone! So che non volete questo, che la autonoma iniziativa di classe che auspicate è un'altra, ma vi chiedo: come intendete svilupparla presso chi non ce l'ha (e, per favore, non mi si risponda ancora che intendete intervenire in quelle situazioni di lotta già in corso perché sennò il discorso diventa un ripetere le stesse cose, perché mi costringereste a replicarvi: "e come si creano le condizioni di lotta se non c'è coscienza di classe", e così via all'infinito)? Mi pare che non parliate di situazioni reali. Mi pare che non vogliate vedere la realtà, compagni, e mi sembra anche che state usando il dato astensionista per calare tutto ciò che vi piacerebbe ci fosse ma non c'è (coscienza di classe, lotte...) in questa realtà qui.
solo tre rapide considerazioni:
come si sviluppa coscienza di classe presso chi non ce l'ha? denunciando il ruolo delle istituzioni borghesi (sindacato, stato, partiti borghesi), spiegando che la sinistra riformista non è l'ala destra del movimento operaio ma l'ala sinistra della borghesia, denunciando in ogni franngente l'inconciliabilità degli interessi delle classi in campo, esponendo con chiarezza il programma rivoluzionario, inquadrando le esperienze di uscita dagli steccati istituzionali borghesi (comitati di lotta e sciopero, ma anche l'astensionismo), come un primo, necessario, passo ma in sè non sufficiente, quindi intervenirvi dall'intendo denunciandone i limiti e spiegando la prospettiva internazionalista...
cosa ha fatto il pcl? ha invitato a votare un partito borghese, capitanato da un borghese (piccolo si, ma pur sempre borghese) da almeno un decennio inserito nel sistema istituzionale borghese romano... sostenendo che questo si poneva "in contrapposizione alla borghesia". la questione non è tattica qui, tattica la, tattica trallalà, ma in che modo può "l’indicazione di voto a Sandro Medici [andare] in contrapposizione alla borghesia e ai suoi partiti"? così, di sicuro non creiamo coscienza di classe ma solo confusione... passi pure pure candidarsi direttamente, ma invitare a votare un borghese, è proprio fuori da ogni logica.
e come si creano le condizioni di lotta se non c'è coscienza di classe? le condizioni di lotta non le creano i comunisti ma il capitale con le sue crisi. i comunisti devono intervenire nelle lotte ma per organizzarle nella direzione della rivoluzione proletaria. se pensate che i comunisti possano "creare le condizioni di lotta" state proprio fuori! i comunisti hanno un altro compito: "costituzione del proletariato in classe, annientamento del dominio della borghesia, conquista del potere politico da parte del proletariato." ossia denuncia continua ed implacabile dell'inconciliabilità degli interessi tra le classi, rafforzamento del partito nel vivo dello scontro di classe quando, se, dove, come, questo si manifesti. Le scorciatoiette servono solo a confondere le idee alla nostra classe (i comunisti sprezzano di nascondere le proprie idee e le proprie intenzioni) e ad aprire così le porte alla reazione (adeguatamente preceduta e preparata dal riformismo). non scherziamo, NON VOTARE PER NESSUN PARTITO PERCHè OGNUNO DI LORO RAPPRESENTA INTERESSI BORGHESI, di diversi settori, ma pur sempre borghesi e, quindi, a noi irriducibilmente ostili.
Non ti sembrano reali queste situazioni? nel pianeta dove tutti i giorni viviamo questi sono i problemi reali: la riaffermazione del programma comunista, le scorciatoiette tattiche invece, amano smussare gli angoli, limare le asprezze, perchè se no i lavoratori non capirebbero. Ma ci avete presi per una massa di imbecilli??? farebbero bene a rispondervi i lavoratori.
Noi non vogliamo vedere la realtà? noi la realtà la vediamo bene bene, purtroppo, per quella miseria che attualmente esprime. allo stesso modo vediamo tanti compagni, generosi, che perdono tempo appresso ad idee "tattiche" che si contorcono su loro stesse, a dichiarazioni altisonanti che contengono tutto ed il contrario di tutto, a pratiche di alleanza con settori borghesi e a contorsioni, fuoriuscite, denuncie e ritorno sempre sulle medesime questioni "tattiche" tante energie sprecate che se si ponessero sul terreno della chiarezza, della denuncia seria, della afformazione del programma di classe potrebbero aiutare veramente settori di classe a maturare, invece di incastrarsi in ragionamenti piroettanti e fantasiosi che lasciano tutto com'è. energie sprecate e problemi creati ad arte per non affrontare l'unico vero problema: la denuncia senza pietà dei limiti del capitalismo e delle sue istituzioni (stato, sindacato, partiti borghesi, scuola...) affermando che solo in un mondo nuovo noi potremo finalmente soddisfare i nostri interessi, MAI PRIMA.
dall'interesse per la politica a quello per i politici....bel modo di rendere coscienti "le masse".
Per rispondere a lotusflower:
come si sviluppa coscienza di classe presso chi non ce l'ha? La denuncia delle istituzioni borghesi è sacrosanta. Senza questa non ci si può nemmeno chiamare comunisti. Ma il punto è: la denuncia è possibile soltanto "dal di fuori" di esse? Cioè soltanto rifiutandosi per principio di avere a che fare con contesti che ti mettono a contatto con istituzioni borghesi? Non si può essere "contro" senza essere "fuori"? Secondo voi sì, secondo il PCL no. Secondo il PCL ciò non è possibile perché è la classe stessa ad essere DENTRO le istituzioni borghesi. E' la classe stessa a stare in massa nei sindacati. E' la classe stessa, sebbene in numero via via decrescente, a stare nei partiti riformisti nostri avversari (PRC, PdCI e simili. Di passaggio, faccio notare che sebbene sia ai suoi minimi storici, il PRC può ancora contare, ahinoi, su 30.000 iscritti. Vogliamo ignorarli tutti? Vogliamo abbandonarli a loro stessi?). Pensate che i lavoratori, fosse pure in minima parte, possano disfarsi e abbandonare coscientemente le istituzioni borghesi (che per quanto borghesi, essi riconoscono erroneamente come proprie) semplicemente per il fatto che ci sia qualcuno, "dal di fuori", che con ottimi argomenti spiega loro che devono uscire da esse e "autorganizzarsi"? (Sorvoliamo, poi, su quanto il mito della cosiddetta "autorganizzazione" puzzi di anarchico...)
Per noi, i suddetti partiti riformisti non sono l"ala sinistra della borghesia", ma, come li definiva Lenin, "partiti operai-borghesi", cioè partiti le cui direzioni difendono gli interessi borghesi, ma lo fanno rivolgendosi alla classe operaia e richiamandosi (a loro modo) ad essa. Ecco perché nel nostro comunicato su Medici abbiamo usato la formula "in _contrapposizione_ alla borghesia e ai suoi partiti": non certo perché crediamo che questi partiti siano autonomi dai partiti borghesi - ne sono anzi sempre alla coda - ma perché per noi l'unico senso possibile di quel voto poteva essere SOLO "in contrapposizione" alla borghesia. Il senso del nostro appello è: "Possono i vostri partiti, CHE VOI CREDETE AUTONOMI E CHE PER QUESTO VOTATE, assicurare contrapposizione alla borghesia, cari compagni riformisti? No, non possono! La può assicurare solo un partito rivoluzionario. La possiamo assicurare solo noi." Chiaro il ragionamento? E', questo metodo, una scorciatoietta che serve solo a confondere le idee alla classe? Secondo noi no, perché il fine di questo metodo è precisamente quello di far vedere le differenze fra noi (rivoluzionari) e i loro partiti di riferimento (riformisti). Spingendo la classe ad illudersi in essi? Sì, esattamente, anche spingendo la classe ad illudersi in essi. Lasciando che la classe passi attraverso quella che il "Che fare?" definisce la "coscienza dei propri errori", ma facendo sì che essa ne prenda, appunto, coscienza. E quindi invitandoli a sbagliarsi, ma *indicando* l'errore (prima che venga compiuto, mentre viene compiuto, dopo che è stato compiuto). Noi non abbiamo la certezza che con questa tattica la classe abbandonerà le posizioni riformiste, ma non pensiamo nemmeno che con questa tattica si confondano le idee, si diano armi al nemico, o peggio, come ci accusi, di allearci (nientemeno!) con settori borghesi. Insisto inoltre sul fatto che il PCL, proprio perché ritiene l'utilizzo strumentale delle elezioni un'espediente tattico (fra tanti altri), si è espresso in molti casi (nella maggior parte) per l'astensione, dando esplicita indicazione di non voto.
L'"uscita dagli steccati istituzionali borghesi" è possibile senza un lavoro "a monte", che preveda - di nuovo - l'entrare a contatto diretto con la classe, ovunque essa si trovi? Senza un lavoro che vada a preparare, ad indirizzare, a gettare le basi per questa benedetta "uscita dagli steccati"? Secondo noi no. Ecco perché ci sembra assurdo stare per principio fuori dai sindacati o, ancor peggio, invitare le avanguardie ad abbandonarli e a non utilizzarli strumentalmente (di nuovo: tattica!) per propagandare nella classe (che per quanto la cosa possa affliggerci si trova in gran numero, in massa nei sindacati) il programma rivoluzionario. Di nuovo: pensate che questa tattica equivalga a legittimare fra i lavoratori l'idea che il sindacato sia uno strumento di liberazione nelle loro mani? Per noi no. Perché vi rifiutate di distinguere i contenitori (istituzioni borghesi) dal contenuto (la classe, in una sua parte più o meno consistente)? Attenzione: la natura borghese del contenitore non implica che la natura del contenuto sia di per sé borghese o irrimediabilmente legata all'essenza e ai ruoli del contenitore. Sarebbe fuori da ogni logica pensarlo.
Per noi, compagno, il "rafforzamento del partito nel vivo dello scontro di classe" è primario obbiettivo, da perseguirsi sempre e comunque, A PRESCINDERE, e non solo "quando, se, dove, come" lo scontro si manifesti. Che razza di idea di partito abbiamo, se pensiamo che esso abbia una funzione solo "quando, se, dove, come" le cose vanno nella nostra direzione?!
gc com, scusa ma la tua osservazione è falsa e pretenziosa. evidentemente il senso della frase era: "invitare a votare [un partito] borghese è fuori da ogni logica". poi che marx non fosse figlio di operai non lo scopriamo oggi, ma di sicuro non ha fondato partiti borghesi, d'altra parte se leggi due righe sopra è scritto "da almeno un decennio inserito nel sistema istituzionale borghese romano" quindi non si sta criticando l'origine sociologicamente intesa di tizio e caio, ma il suo ruolo, la sua funzione il suo posizionamento nello schieramento istituzionale borghese. si prega di avanzare critiche con cognizione di causa... o non avanzarle proprio.
sergio, tu domandi:
Pensate che i lavoratori, fosse pure in minima parte, possano disfarsi e abbandonare coscientemente le istituzioni borghesi (che per quanto borghesi, essi riconoscono erroneamente come proprie) semplicemente per il fatto che ci sia qualcuno, "dal di fuori", che con ottimi argomenti spiega loro che devono uscire da esse e "autorganizzarsi"?
e io ti faccio notare che sei totalmente fuori tema, capisco che è difficilmente giustificabile la "tatticaaa" adottata dal tuo partito, ma qui non si sta ragionando sul dentro, fuori, dove sono lemasse etc. no. qui si sta affermando che il PCL ha dato indicazione di votare un partito borghese perchè, imbevuto com'è di tatticismo e di democratismo (senza aggettivi) nel momento in cui non ha avuto un suo rappresentante è andato in crisi e, pur di dare l'indicazione di votare (quando più del 50% dei proletari disertava le urne) ha preferito indicare di votare un partito borghese, sostenendo che fosse in contrapposizione alla borghesia. dal mio punto di vista questa presa di posizione svela con chiarezza cristillina l'essenza opportunista dell'impostazione tattico-metodologica del PCL e con esso di tutto quel pasticcio eclettico che passa sotto il nome di trotskismo e che fa della "tatticaaa" il cuore del problema, in vece del programma rivoluzionario.
poi 1) qundo e dove sandro medici si è rivolto alla classe operaia?
2) chiaro il ragionamento? no, contorto come una radice d'ulivo, ma debole come una foglia di insalata.
3) "Spingendo la classe ad illudersi in essi? Sì, esattamente, anche spingendo la classe ad illudersi in essi." Questa perla spiega più di mille ragionamenti perchè il trotskismo ha sempre avuto la funzione storica di gettare i compagni tra le braccia della reazione invece che alla conquista della rivoluzione. Il partito comunista spagnolo ancora ringrazia di avergli offerto la gola per farsi sparare senza opporre la minima resistenza (1936).
4)Lasciando che la classe passi attraverso quella che il "Che fare?" definisce la "coscienza dei propri errori", ma facendo sì che essa ne prenda, appunto, coscienza. una cosa è lasciare che la classe attraversi i propri errori, un'altra è il sadismo di spingercela con la rincorsa.
etc. etc. etc.
sergio, tu domandi:
Pensate che i lavoratori, fosse pure in minima parte, possano disfarsi e abbandonare coscientemente le istituzioni borghesi (che per quanto borghesi, essi riconoscono erroneamente come proprie) semplicemente per il fatto che ci sia qualcuno, "dal di fuori", che con ottimi argomenti spiega loro che devono uscire da esse e "autorganizzarsi"?
e io ti faccio notare che sei totalmente fuori tema, capisco che è difficilmente giustificabile la "tatticaaa" adottata dal tuo partito, ma qui non si sta ragionando sul dentro, fuori, dove sono lemasse etc. no. qui si sta affermando che il PCL ha dato indicazione di votare un partito borghese perchè, imbevuto com'è di tatticismo e di democratismo (senza aggettivi) nel momento in cui non ha avuto un suo rappresentante è andato in crisi e, pur di dare l'indicazione di votare (quando più del 50% dei proletari disertava le urne) ha preferito indicare di votare un partito borghese, sostenendo che fosse in contrapposizione alla borghesia. dal mio punto di vista questa presa di posizione svela con chiarezza cristillina l'essenza opportunista dell'impostazione tattico-metodologica del PCL e con esso di tutto quel pasticcio eclettico che passa sotto il nome di trotskismo e che fa della "tatticaaa" il cuore del problema, in vece del programma rivoluzionario.
poi 1) qundo e dove sandro medici si è rivolto alla classe operaia?
2) chiaro il ragionamento? no, contorto come una radice d'ulivo, ma debole come una foglia di insalata.
3) "Spingendo la classe ad illudersi in essi? Sì, esattamente, anche spingendo la classe ad illudersi in essi." Questa perla spiega più di mille ragionamenti perchè il trotskismo ha sempre avuto la funzione storica di gettare i compagni tra le braccia della reazione invece che alla conquista della rivoluzione. Il partito comunista spagnolo ancora ringrazia di avergli offerto la gola per farsi sparare senza opporre la minima resistenza (1936).
4)Lasciando che la classe passi attraverso quella che il "Che fare?" definisce la "coscienza dei propri errori", ma facendo sì che essa ne prenda, appunto, coscienza. una cosa è lasciare che la classe attraversi i propri errori, un'altra è il sadismo di spingercela con la rincorsa.
etc. etc. etc.
Lotusflower, posto che il PCL denuncia senza pietà (de)i limiti del capitalismo e delle sue istituzioni (stato, sindacato, partiti borghesi, scuola...) da sempre, continuo a chiedermi come pensiate sia possibile farlo da fuori, continuando ad auspicare un "mondo nuovo" al quale giungere senza usare nessuno degli strumenti che lo stato borghese mette a disposizione. I vostri ragionamenti sono deleteri per gli sfruttati di tutto il mondo, perché portano inevitabilmente a confrontarsi solo con chi certe cose le ha già capite (lavoratori in lotta, lavoratori che sanno che il sistema capitalistico è basato sullo sfruttamento del proletariato, ecc. ecc.) e sono tra le cause per cui i lavoratori, soprattutto i più giovani, non lottano (sia chiaro, non è colpa di Battaglia Comunista e basta, ma di tutte quelle forze politiche che non si interessano di interloquire con la classe. Cioè quasi tutte, praticamente.) Per questo a voi non vi si pone nessun problema di tattica: perché nella realtà non vi ci calate, se non dicendo che la democrazia borghese è brutta, sporca e cattiva (e fin qui siamo d'accordo) e noi si parla solo con chi ha già capito tutto (ecco, su questo no). Parlare bene di astensionismo è strumentale a giustificare la vostra totale assenza presso i lavoratori senza coscienza di classe e la vostra mancanza di contatto diretto con la stessa (che è una scelta consapevole e, di conseguenza, una responsabilità politica che vi state prendendo), classe alla quale non basta dire: "Fai bene così, non votare", quando non vota per disaffezione alla politica borghese e non le è chiaro che è meglio partecipare col voto borghese se è l'unico modo che conosce per lottare, per poi dirottare la propria lotta in senso rivoluzionario (e qui dovrebbero intervenire i comunisti, dopo un lungo lavoro di presenza continua e costante). Cavalcare l'apatia del proletariato è chiaro segno del fatto che nelle vostre lotte non c'è nessuna volontà di essere nel mondo, di essere presenti, intendo. La vostra tattica? Aspettare sperando che un giorno qualcuno si accorga che avete ragione voi.
Attenti che se continuate così arriverà il giorno in cui vi rifiuterete di stare accanto ai lavoratori che coscienza di classe non ce l'hanno... Ah, no, giusto, già lo fate!
NaVit,
sei andato a scuola da Gino Bramieri per cacciare battute così datate? Voi trotskysti siete una garanzia: quando c'è da sparare sciocchezze riformiste mascherate di sinistrismo non mancate mai.
Saluti,
Smirnov
In assenza di un proprio candidato, il PCL ha dato indicazione di votare un "partito operaio borghese" (Lenin) perché ha voluto gettare un ponte e dare un segnale di presenza a quei compagni e quei settori, militanti e non, che vedevano erroneamente in Medici il proprio candidato di riferimento. E facendo questo ritiene, a torto o a ragione, di poter mostrare ad essi la natura opportunista e traditrice dei loro partiti nel momento stesso in cui questi ne forniranno ennesima infinita riprova. Punto. Dal mio punto di vista, non capire questa posizione svela con chiarezza cristallina l'essenza manichea e autistica dell'impostazione tattico-metodologica del PCInt e con esso di tutto quel sottobosco catacombale che passa sotto il nome di "sinistra comunista italiana" e che fa della "restaurazione della dottrinaaa" e dei "principiii" il cuore del problema invece del programma E DELLA TATTICA rivoluzionari.
Poi:
1) non Medici, ma i partiti che lo sostenevano si sono rivolti alla classe operaia. A loro modo, cioè da riformisti, ma l'hanno fatto.
2) non pretendo che il ragionamento sia chiaro a chi ha sempre coerentemente rifiutato, da quasi un secolo, la classica impostazione tattica (scusate la parolaccia) leniniana.
3) il trotskismo ha sempre avuto la funzione storica di demarcare e difendere il confine di classe all'interno degli scenari bellici, imperialisti e non. E lo ha fatto contro il campismo e il patriottismo frontepopolarista controrivoluzionario stalinista e contro l'inerzia antidialettica e anarcoide bordighista (e discendenti vari).
Poi:
"più del 50% dei proletari disertava le urne". Considerata l'astensione al 50%, sostieni forse che quel 50% corrisponda solo a proletari? Come fai a dirlo? Come fai ad indicare con tanta precisione la percentuale di proletari astenuti? Qual è la fonte di questo dato? Avete fatto accurate ricerche statistiche in merito?
In aggiunta: avrei potuto replicare all'accusa di aver dato indicazione di voto a Roma dicendo che in molte altre città e comuni, come ho già scritto, abbiamo dato indicazione di astensione (Ancona, per esempio). Ma non è nostra abitudine nasconderci dietro un dito. Alla luce di questo, ti chiedo: il PCL è un partito opportunista e alleato della borghesia solo a Roma o l'accusa si estende anche a quei casi in cui invece abbiamo fatto campagna astensionista attiva? Il PCL è uno partito operaio o anch'esso un partito borghese, al pari di tutti gli altri? E in questo caso, per curiosità, esistono partiti operai, a parte il vostro, s'intende?
Sergio,
come dicevo, quando si tratta di spararle grosse, voi trotskysti non vi tirate mai indietro. In ogni caso, documentati, perché noi non abbiamo mai sostenuto che il compito principale dei comunisti è la restaurazione della dottrina marxista: questo è un tratto distintivo del bordighismo.
Per quanto riguarda la guerra, purtroppo durante il secondo conflitto mondiale Tortsky, che pure era o era stato un gigante, tocco il punto più basso della sua parabola teorica, sostenendo lo sforzo bellico in funzione della difesa dell'URSS, a meno che gli scritti pubblicati da Monadori tanti anni fa non siano un falso.
Se si parla di catacombe e necrofilia, non è certo da sacerdoti vudù quali voi siete che dobbiamo sorbirci lezioni: ripetete ossessivamente formule e formulette, come gli ebrei ortodossi al Muro del Pianto, come se gli anni non fossero passati. Siete voi a dover essere esposti come pezzi d'archeologia, e messi anche un po' male, per giunta.
Saluti,
Smirnov
Caro Sergio, mi duole rivelarti che parli per "partito" preso, se capisci cosa intendo. Due cosette: allora sappi anzitutto che Battaglia non è una congregazione religiosa, o una catacomba, o un anfratto polveroso dove le persone si piegano sul Capitale-Talmud in adorazione estatica. No. E ti parlo da "simpatizzante", sappilo. Battaglia è frequentata da molti simpatizzanti che, se anche solo lontanamente sentissero odor di "incenso", fuggirebbero a gambe levate. No, io mi sono avvicinato a Battaglia perché, oltre a ritenere valida l'impostazione teorico-tattica, ho avuto al mio fianco nel 2011 tra gli indignati diversi di loro che hanno passato mesi con me in occupazione nelle piazze romane, in tenda, con l'afa e col gelo. A lottare insieme, a discutere e dialogare in assemblea con TUTTI, dal riccone al poveraccio, senza nessun tipo di spocchia. Quindi: cosa vai cianciando? Altro che "dialogare solo con chi ha la coscienza di classe". Se non sai di cosa parli, taci per cortesia. Se c'è UNA cosa che apprezzo proprio in Battaglia, è l'umiltà.
Per finire non entro nel merito di tutto lo scambio di battute finora prodottosi (tra l'altro, per onor di verità, faccio un appunto a lotusflower relativo alla percentuale di proletari, in effetti il 50% di astenuti contiene quanto di più variegato a livello di estrazione sociale), perché sinceramente, e te lo dico in maniera molto schietta, me ne importa ben poco. Vedi, queste diatribe tipiche fra "comunisti", dove si va a rivangare il passato, chi ha spaccato il capello a chi, le lascio a chi a voglia di fare storia. Io giudico il presente, e nel presente io posso dire che il PCL, per quanto fatto di compagni molto generosi e onesti, ha fatto un errore grossolano proponendo Medici. E non mi importa ancora nulla della tattica e di quello che VOI pensavate di generare nella mente dei proletari, e se Lenin in passato aveva fatto così, ecc... Voi, dando come indicazione Medici, vi siete dati la zappa sui piedi, dal mio punto di vista (ma non solo, credetemi). Ma di brutto proprio. E non volete ammetterlo e continuate a incartarvi ancora e ancora. Ma chi ve lo fa fare?
Saluti
Smirnov, prendo atto del fatto che non avete più argomenti a sostegno delle vostre tesi.
Jecko666, a dir la verità nel 2011 tra gli indignati c'erano anche alcuni militanti del PCL. E si può dire quello che si vuole sulla composizione di classe di quella piazza, ma quelli che erano lì avevano già iniziato una lotta, per cui forse non avevano coscienza di classe, ma sicuramente avevano già capito che c'era qualcosa che non andava (non sapevano dove, come, ecc. ecc., insomma, non si faceva un'analisi di classe della società, però avevano intuito che c'era qualche problema). Ecco, il PCL fa anche quello, cioè parlare con chi ha iniziato una lotta, proprio come Battaglia, che abbia coscienza di classe in senso stretto o abbia solo intuito che c'è qualcosa di sbagliato nel sistema in generale, perché ne risente delle contraddizioni. Ma non solo ed esclusivamente quello: il PCL si rivolge anche a chi una lotta non l'ha ancora iniziata perché non è nelle condizioni di poterlo fare (per tutti i motivi possibili ed immaginabili), e ancora esprime la propria volontà col voto. Si rivolge, insomma, anche a chi proprio coscienza di classe non ce l'ha, a chi ancora non si è deciso a scendere in piazza; insomma: il PCL parla alla classe tutta, Battaglia Comunista solo a quella parte di classe che ha intuito che c'è un problema, andando in piazza a ripetere come le preghiere del rosario (sempre per restare sul tema religioso) che bisogna fare la rivoluzione, il che è vero, di per sé, però mi chiedo: come ci si arriva? Il lavoro di dialogo con la classe per intero loro lo fanno? No.
Per l'indicazione di voto a Medici: il punto è che non c'è nessuna volontà da parte di Battaglia di dialogare su tattica e strategia (l'astensionismo di Battaglia in che strategia si innesta ancora non si è capito, e glielo sto chiedendo dall'inizio della discussione) - addirittura sono diventate parolacce, per loro! Mi pare che il compagno Sergio ed io si sia spiegato in maniera esauriente la posizione del PCL riguardo l'astensionismo, il voto, il suo utilizzo nella democrazia borghese ecc ecc (è da più di trenta commenti che ne parliamo!), ma è evidente che non c'è volontà di dialogare, ma solo di accusarci di essere riformisti.
Eh, no... aspetto ancora risposte al mio ultimo commento! Spero, di non esser tornato troppo tardi!!
Sì, NaVitt, c'erano anche compagni del PCL. Con molti di loro sono rimasto in ottimi rapporti. Ma non è un caso se, in quella determinata esperienza, l'influenza politica dominante (insieme all'ala umanista) fu proprio quella di Battaglia. Ecco, lo dico proprio se vogliamo parlare di tattica e di capacità di dialogare con la classe, cosciente o meno che sia. Sia i compagni del PCL che quelli di Battaglia dialogavano con tutti, ma dal mio punto di vista le argomentazioni più solide da un punto di vista teorico e di approccio al problema particolare e generale, erano quelle di Battaglia. Per questo sono simpatizzante, non perché Battaglia ha infuso in me la coscienza di classe magicamente. E poi: ancora con questa cosa della religione? Ma andiamo, piantiamola con queste illazioni, sono assolutamente false e tendenziose. Se ci sono compagni che rifiutano le frasi fatte e le formulette sono proprio quelli di Battaglia. Ripeto: andate a fare queste critiche ai bordighisti mummificati.
Da ultimo: non è concepibile una tattica che indichi il voto verso un candidato di una formazione avversa. Non sortisce alcun effetto, tranne quello di confondere ulteriormente le acque e la testa dei proletari e di tutti coloro che iniziano a riflettere seriamente sull'alternativa socialista. E tutto questo per cosa? Per mantenere fino in fondo la vostra "tattica". Bell'affare, davvero!
Sergio,
ma erano vere le posizioni di trotsky durante l'inizio della seconda guerra mondiale o no? Siamo noi ad aver parlato della restaurazione della dottrina come attività prinipale del partito?
Su questo non hai detto niente, perché o non sai le cose e parli tanto per parlare o sei in malafede; in ogni caso, ignoranza e arroganza vanno spesso insieme.
Smirnov
Jecko666, no, infatti: Battaglia non ti ha infuso magicamente la coscienza di classe, probabilmente avevi molta più coscienza di altri lì presenti per poter capire certi discorsi senza dover partire da molto più lontano. Altri, invece (e sono parecchi), credono ancora nel voto, e noi anche a quelli ci siamo rivolti; non mi pare affatto contraddittorio, anzi. Comunque, ribadisco, il punto non è essere d'accordo o meno su Medici di per sé. E' legittimo essere in disaccordo; non è tanto corretto, invece, accusarci senza se e senza ma di essere riformisti senza ragionare su questioni tattiche e strategiche importanti (in questo caso il voto e l'astensionismo).
MA07, io in realtà ho risposto al tuo ultimo commento, implicitamente. Scrivi:
"Non esistono mezzi speciali per raggiungere i lavoratori astensionisti. Non esistono scorciatoie e tantomeno miracoli.
Si deve procedere come gli antichi, intervenire dove è possibile, in base alle proprie forze, nella classe, lì dove si sviluppano le contraddizioni, e magari anche le lotte, denunciando i misfatti del sistema, e allo stesso tempo dando una prospettiva politica.
Nel periodo delle elezioni, abbiamo potuto notare che una battaglia astensionista suscita ormai grande interesse, ed il contenuto di classe che attribuiamo a questa indicazione suscita curiosità per molti."
Come tattica mi pare un po' deboluccia: non possiamo intervenire soltanto in situazioni dove si sviluppano le contraddizioni, dobbiamo fare un lavoro preliminare denunciando sempre e comunque le schifezze del sistema capitalista e dello Stato borghese. Non è possibile parlare solo a chi ha già capito, e quindi a chi ha coscienza di classe: dobbiamo parlare con tutti (anche a chi vota). Ovviamente suscita interesse l'indicazione di astensione, ma non perché i lavoratori abbiano coscienza del fatto che sono sfruttati, quanto perché tu gli stai dicendo che il loro disinteresse per la politica (che non sanno essere disenteresse per la politica borghese, attenzione!) è sacrosanto. Questo lo trovo deleterio, perché calato nella realtà questa tattica ha degli effetti disastrosi a lungo termine, perché nei fatti si lava le mani di tutto ciò che inevitabilmente va a scontrarsi con la democrazia borghese. Per fare un esempio sugli effetti a lungo termine di questa tattica, già visibili, molte persone nemmeno iniziano a lottare perché dicono che "i sindacati fanno schifo" (il che è vero, ma la critica non viene articolata e quindi resta sterile) e le lotte autorganizzate che portano avanti (a parte rarissimi casi) si riducono a delegazioni di lavoratori che, per paura di perdere il posto, rinunciano a molti dei diritti che lo Stato borghese in persone già gli garantiva. Ovviamente non sto dicendo che è colpa di Battaglia se i lavoratori non lottano, ma di tutti coloro che hanno deciso che siccome la democrazia borghese è il male (il che è vero), allora è inutile stare dentro le sue istituzioni denunciandone la natura reazionaria.
Jecko666, tu chiedi:
Non è così. Lo ripeto per l'ennesima volta: non è questione di indicazioni elettorali, è questione (generale, generalissima) di come i rivoluzionari si devono porre nei confronti dei riformisti e in generale della classe (nei sindacati, nelle lotte, nei movimenti, nelle esperienze di unità d'azione... e nelle elezioni). Secondo il PCL bisogna sempre e comunque restare a contatto con la classe, tanto con le masse non politicizzate e non sindacalizzate quanto con la sua componente già più o meno cosciente. Puoi crederci o no, ma ti assicuro che l'indicazione a Medici ci ha permesso, direttamente o indirettamente, di incontrare, di parlare, di confrontarci, di avere un rapporto, e persino di militare attivamente, con un certo numero di lavoratori e militanti CHE ALTRIMENTI NON AVREMMO MAI INCROCIATO. E' nei confronti di questi lavoratori e militanti, in particolare, che noi oggi siamo ancor più in grado di avanzare la proposta di rompere con i loro partiti e di unirsi a noi. Altrove è successo l'opposto: abbiamo ritenuto (per una serie di circostanze che a Roma secondo noi non c'erano) che per approcciare quei militanti e lavorartori fosse necessario dare indicazione per l'astensione. E così abbiamo fatto. Ecco perché PER NOI qualsiasi tattica elettorale da noi contemplata (presentazione autonoma, indicazione di voto, indicazione di astensione, non indicazione) è sempre e comunque subordinata a quell'obbiettivo, cioè intervento e presenza nella base riformista e nella classe, ovunque possibile. Sono i compagni del PCInt, al contrario, che invece assolutizzano e mantengono fino in fondo la loro "tattica" (e accusano noi di far questo!).
Smirnov, non ho intenzione di trasformare questa discussione in una dissertazione sulla storia del trotskismo. Mi farà piacere parlare con calma di tutte le posizioni di Trotsky in vita sua davanti ad un caffè, se vuoi. Non abbiamo la pretesa di presentare il trotskismo come una teoria in sé conclusa, sfericamente integrale (e integralista), come molti invece intendono il marxismo all'interno della "sinistra comunista italiana".
sergio,
La ripetizione talmudica di formule attraversa tutti i vostri interventi su questo forum voglio riassumere in quattro righe quello che dite:
1) dobbiamo stare anche tra i lavoratori meno coscienti.
2) per stare tra i lavoratori meno coscienti dobbiamo partire da quello che capiscono
3) quindi dobbiamo stare nelle istituzioni, dare indicazione di voto etc.
4) ma denunciando il carattere borghese di queste istituzioni e preparando le condizioni rivoluzionarie.
Ok, abbiamo capito, ma è una fesseria. Non sono fesserie invece le calunnie sistematiche che avete scritto nei nostri confronti. avete sistematicamente falsificato le nostre posizioni ed esperienze e questo è un atteggiamento un po' infametto. nella vostra colata di menzogne havete falamente affermato (affibbiandoci spesso posizioni che invece sono dei bordighisti, ignoranza?) che:
1) voi volete discutere solo con i proletari che già hanno coscienza di classe
2) quindi per preservaare i vostri principi e dogmi finite per isolarvi
3) a voi non interessa stare nella classe ma solo recitare il rosario del marxismo garantendone la purezza
4) così facendo non vi ponete problemi di tattica e di fatti non avete nessuna tattica.
Miseria della deformazione delle posizioni altrui senza averle minimamente capite. sono 10 interventi che ripetere queste 8 baggianate.
Codismo divertente la posizione vostra per la quale per stare tra i lavoratori meno coscienti (sempre rigorosamente trattati come fessi) bisogna accoglierne la posizioni più arretrate. Spacciare sta roba per leninismo è veramente coraggiosi, non è il coraggio acrobatico che vi manca.
e giù con posizioni borghesi: "solo la scuola pubblica difende gli interessi dei lavoratori!" (e noi fessi che credevamo che la scuola pubblica fosse scuola borghese e che solo la lotta di classe poteva difendere gli ineressi dei lavoratori).
la cosa che vi sta tanto cara è dentro o fuori? compagni, noi non ci facciamo nessun problema: interveniamo dentro i sindacati (assemblee sindacali, cortei sindacali, lotte dirette dai sindacati), nelle istituzioni (nelle scuole, negli ospedali, nelle elezioni), nei settori di proletari privi di coscienza (diffusione della stampa per strada, banchetti, volantinaggi e megafonaggi di quartiere). solo che, anche i proletari con meno coscienza non li pigliamo per fessi.
Un trotskista: "visto che sei troppo rimbambito per capire che il sistema ti fotte, vai a votare un borghese di sinistra, così poi quando vince le elezioni ti rendi conto che in realtà lui non difende i tuoi interessi allora il tuo cervellino forse si sveglia e capisci che le istituzioni ti sono contrarie e ti organizzi nel pcl"
Uno di battaglia:"visto che dalla tua esperienza quotidiana sai benissimo che le istituzioni ti sono avverse ti spiego perchè: sono istituzioni della classe dominante create per schiacciarci e sfruttarci. organizziamoci per iniziare a cambiare veramente le cose"
2 vie diverse che portano al medesimo obiettivo? no. la prima si perde nei meandri di una tattica senza principi e causa, puntualmente, fratture e scissioni (quanti sono i veri partiti trotskisti nel mondo?)
la seconda pone con serenità e chiarezza, nonostante l'immensa mole di falsificazioni, menzogne e bassezze prodotte nei nostri confronti dai nostri avversari (pratica nella quale in questi scambi sergio e navit si sono miseramente distinti) una serie di problemi, un metodo, una tattica, una strategia che possono portare ad un processo rivoluzionario.
ai militanti politici scegliere se gettare il loro tempo in una esperienza, il trotskismo, che nelle sue 100000 manifestazioni ha sempre evidenziato limiti immensi, o con un organizzazione che, forte del suo metodo, strategia, programma e tattica, da 70 anni segna, senza giravolte, la rotta. e la segue.
Lotusflower, non nego affatto che voi discutiate con proletari che non hanno coscienza di classe, è che lo fate in maniera disastrosamente sbagliata, cioè dicendo, in sostanza: "Il capitalismo fa schifo, la borghesia ci opprime, uscite in massa da sindacati e partiti (tutti indistintamente borghesi) e prendete il potere!" Il proletario (con o senza coscienza di classe) sentitamente ringrazia per la chiara, serena ed efficacissima segnalazione della rotta. Siamo noi che trattiamo i proletari come fessi o voi?
Ti prego di specificare quale commento contenga questa frase. Cosa impossibile, perché questa posizione non è mai stata espressa, né da me né da NaVitt. Chi è che falsifica? Chi è l'infametto?
Intervenire nei sindacati non significa volantinare nei cortei o nelle assemblee sindacali, ma star dentro i sindacati (da rivoluzionari). Chiara la differenza? Sì, chiara, ma la vostra posizione è di non stare nei sindacati per principio. O no?
Il vostro discorso è:
Voi pensate che per dire (non dico fare, ma semplicemente dire) "organizzaziamoci" basti "spiegare"? Perché è questo il problema. La differenza fra voi e noi è che noi ci sforziamo - senz'altro sbagliando, ma ci sforziamo - di riempire lo spazio che c'è fra lo "spiegare" è l'"organizzare". Di costruire pezzo per pezzo la strada che porta dalla propaganda all'organizzazione. Voi no. Ecco perché il movimento trotskista, pur con "limiti immensi", caro lotusflower, ha raggruppato e raggruppa molte centinaia (e in molti casi migliaia) di avanguardie in tutti i paesi del mondo, mentre la "sinistra comunista italiana" è sempre e ovunque rimasta tristemente relegata ai margini della classe.
P.S. Sulla questione del conteggio delle percentuali, si consiglia il ricorso ad un qualsiasi sussidiario di matematica di scuola primaria.
1) non si tratta di uscire in massa dai sindacati: si tratta di costiruire gruppi internazionalisti sui luoghi di lavoro di modo da veicolare le parole d'ordine e le indicazioni del partito nei luoghi di lavoro.
2) non tutti i partiti sono borghesi, ci sono anche alcuni partiti ultra minoritari che, pur avendo posizioni diverse dalle nostre, comunque si richiamano alla classe proletaria. tra questi sicuramente non c'è rifondazione (ha mai letto un volantino di rifondazione appellarsi ai proletari, alla lotta di classe contro classe, alla rivoluzione? io mai, nemmeno nel 95 quando in quel partito militavo).
3) specifico: "l'indicazione a Medici ci ha permesso, direttamente o indirettamente, di incontrare, di parlare, di confrontarci, di avere un rapporto, e persino di militare attivamente, con un certo numero di lavoratori" Evidentemente, per noi, l'indicazione di votare il partito borghese di Medici era piuttosto arretrata, come quella di votare un qualsiasi altro partito borghese.
4) sempre sul tema, almeno la metà dei proletari non ha votato (il dato, per quanto approssimato è realistico ed in difetto in ogni caso, fossero anche gli astenuti proletari solo il 20%, la cosa non cambia): quale posizione ha permesso di entrare in contatto con il maggior numero di prolet? anche con quelli privi di coscienza di classe?
5) ti sconvolgerà ma alcuni di noi hanno anche avuto la tessera sindacale. il problema non è mai stare nel sindacato, ma stare in mezzo ai lavoratori. il problema del sindacato è quello di denunciarne i limiti stando all'interno delle dinamiche di lotta.
6) falsificazione. dove io scrivo organizziamoci, tu hai bisogno di precisare "non dico fare, ma semplicemente dire" questo lo devi aggiungere perchè se no la falsificazione della posizione altrui non ti riuscirebbe. ribadisco quindi che la nostra posizione è "organiziamoci per iniziare a cambiare realmente le cose" facciamolo, non diciamolo e basta, che non serve. noi organizziamo. non ci limitiamo a spiegare. sergio, colpo fuori bersaglio.
7) dove sono le centinaia di migliaia di lavoratori raggruppati dai trotskisti? in larga parte dispersi dalle delusioni e dalle batoste subite nell'applicare una tattica assurda: entrare nei partiti borghesi di sinistra e rimanervi schiacciati, appoggiare i fronti delle guerre invece del disfattismo, illudersi di poter arrivare al governo operaio senza spazzare via il parlamento, etichettare per "socialiste, degenerate si, ma pur sempre socialiste" le peggiori forme del capitalismo di stato. No grazie, preferiamo continuare sulla nostra strada che, nonostante i tentativi di falsificarla, rimane chiara e forte verso l'organizzazione del proletariato in lotta nella prospettiva non di un non meglio definito governo operaio ma del potere dei consigli dei lavoratori.
8) mi fa molto piacere che alcuni sezioni del pcl abbiano indicato l'astensione, so che avete ricevuto anche vibranti critiche per la vostra tattica opportunista a roma, questo significa che non tutti i militanti del pcl sostengono posizioni così grossolane, opportuniste e fuorvianti come quelle sostenute dalla direzione del pcl a roma.
1) Cosa sarebbero questi non meglio specificati "gruppi internazionalisti sui luoghi di lavoro"? Cellule di partito? Strutture parasindacali? La cosa mi ricorda vagamente le proposte in campo sindacale della KAPD all'inizio degli anni Venti, proposte sonoramente bocciate tanto da Lenin quanto da Bordiga.
2) Mi pare di capire che per voi sono partiti operai solo i partiti rivoluzionari appartenenti alla vostra corrente "allargata" (al massimo, ci mettete dentro l'ex "campo politico proletario", ma neanche tutto). Non solo non ammettete che ci siano partiti rivoluzionari a parte questi, ma non ammettete nemmeno l'esistenza di partiti operai non rivoluzionari, cioè partiti operai riformisti, centristi, ecc. Per voi questi sono semplicemente e completamente partiti borghesi. Bell'analisi, davvero!
3) Il PCL non ha mai dato indicazione di voto per partiti borghesi, né mai lo farà. Certo, se voi considerate borghesi tutti i partiti tranne il vostro, cioè se per voi il PCL ha la stessa natura di classe di SEL, del PdL o di Forza Nuova, per esempio, è ovvio che il vostro atteggiamento nei nostri confronti sarà identico all'atteggiamento che avete nei confronti di tutto il resto.
4) continui a sbagliare il calcolo della percentuale dei proletari astenuti. Ma, ammesso e non concesso che si siano astenuti il 50% dei proletari, la tattica per noi non cambia: siamo venuti in contatto tanto con i proletari che votavano tanto con i proletari astenuti.
5) Appunto. Alcuni di voi "hanno avuto" la tessera sidacale. Ora non ce l'hanno più, perché siete per principio fuori dai sindacati.
6) Il senso della domanda era chiaro. Anche cambiando verbo, il discorso è lo stesso: voi pensate che per organizzare basti "spiegare"?
7) Non ho parlato di centinaia di migliaia, ma di "centinaia (e in molti casi migliaia)". In larga parte sono stati guadagnati a posizioni rivoluzionarie grazie al lavoro di raggruppamento e di frazione nei partiti operai riformisti; tentando strenuamente di trasformare in guerra di classe i conflitti imperialistici (contro il criminale ponziopilatismo che nulla ha a che fare con il disfattismo); lottando per governi operai, cioè governi nati da rivoluzioni; criticando gli Stati operai degenerati (NON "socialisti", lotusflower, ma "operai"!! C'è la stessa differenza che passa tra un melone e una zucca! Apoteosi della fasificazione! Leggete "La natura di classe dello stato sovietico" e "La Terza Internazionale dopo Lenin"!)
8) A dire il vero, vibranti e terribili condanne ne abbiamo ricevute solo dai compagni del PCInt (che noi giudichiamo rivoluzionari, a differenza di quanto facciate voi con noi).
Grazie Sergio per questa risposta punto su punto, utilisima per mettere in evidenza l'inadeguatezza del trotskismo nell'affrontare i porblemi dell'oggi:
1)sarebbe bene prima di sparare a zero su un gruppo, nel suo sito, documentarsi almeno minimamente sulle sue posizioni. I Gruppi Internazionalisti di Fabbrica e Territorio sono il cardine della nostra tattica di intervento tra i lavoratori. ti invito a leggere qualcosina in merito onde evitare di essere costrettoa falsificare continuamente.
2) ancora si parte dalla falsificazione: io affermo "ci sono alcuni partiti ultra minoritari che, pur avendo posizioni diverse dalle nostre, comunque si richiamano alla classe proletaria." tu leggi: "per voi sono partiti operai solo i partiti rivoluzionari appartenenti alla vostra corrente "allargata"". No, sono proletari i partiti che si riferiscono agli interessi di classe proletaria. I partiti riformisti sono l'ala sinistra della borghesia, così come il sindacato oggi non è un organismo proletario ma borghese, indipendentemente dal numero di proletari iscritti (quanti proletari stavano nel sindacato fascista? era un organismo proletario o borghese?). Un organismo è proletario o meno in base agli interessi che difende. Rifondazione un partito operaio??????????? in base a cosa?
3) vai con la falsificazione: noi sosteniamo che medici è pienamente inserito nello schieramento borghese. Ci sono differenze sostanziali tra lo schieramento che sostiene medici e sel? No. IL PCL ha dato indicazione di votare un partito borghese.
4) passi per il conto, ma invitare un proletario estenuato che ha già iniziato a rompere, a livello istitntivo, con il democraticismo, a votare medici, significa recuperarlo nelle logiche e nei metodi della democrazia borghese, di cui rifondazione costituisce l'argine sinistro. io credo che il lavoro da fare sia molto diverso.
5) parlare senza sapere, solo per infamare... brutto vizio. Ti sorprendo, alcuni di noi hanno avuto la tessera, altri la hanno oggi, altri la prenderanno domani, poi la stracceranno. PROPRIO PERCHè è UNA QUESTIONE CHE DERIVA DALLE CONTINGENZE TATTICHE, E NON DI PRINCIPIO. chi è che non ha un approccio tattico ma di principio? Pensa, alcuni sono attualmente addirittura RSU, ma se non hai mai letto una riga dei nostri documenti sulla tattica di intervento, è ovvio che non puoi che sparare cose senza senso, con il solo intento di denigrare la coerenza tattica e strategica del nostro partito.
6) No, non pensiamo che per organizzarsi basti spiegare, per organizzarsi bisogna organizzare. scusa ma in questo punto non ho proprio capito come vuoi cercare di uscire fuori dalla palese falsificazione avanzata nel post precedente. spiegati meglio.
7) mi fai un elenco di questi stati operai nati dalle rivoluzioni (operaie immagino)? così poi è più chiaro di cosa stiamo parlando. Se ti va puoi anche dirmi dove siete riusciti a trasformare in guerra di classe (ossia in rivoluzione proletaria) i conflitti imperialistici? (sempre come elenco)
8) giusto che tu ti difenda in questo modo, non potresti fare diversamente.
1) Delle due l'una: o questi vostri Gruppi Internazionalisti di Fabbrica e Territorio sono semplici cellule di fabbrica del PCInt (con qualche simpatizzante annesso), e allora stiamo parlando di un'attività che fa anche il PCL (e molti altri partiti); quindi non avete inventato niente. Oppure - seconda ipotesi - questi Gruppi sono lo strumento attaverso il quale voi tentate (vanamente) di sostituire il sindacato (non in quanto sindacato ma in quanto strumento), facendolo però nei fatti diventare ciò che non è e che non può essere. E' questo il punto: vi illudete di poter convincere astrattamente il lavoratore che ciò di cui egli ha bisogno nel suo posto di lavoro è un qualcosa di diverso dal sindacato, ma nel momento stesso in cui vi inventate questi fantomatici "Gruppi" non fate altro (e neanche ve ne accorgete!) che mettere in piedi una struttura parasindacale (anche se non la chiamate così, per carita!) con compiti politici, facendo tragicamente confusione fra il ruolo del partito e quello del sindacato. Roba vecchia, tendente all'anarcosindacalismo, già a suo tempo demolito da Lenin.
2) Quali sarebbero questi partiti ultraminoritari che si riferiscono agli interessi di classe proletaria? Se "i partiti riformisti sono l'ala sinistra della borghesia", vuol dire che a rigor di logica sono partiti proletari solo i partiti rivoluzionari. O no? Ti pare un'analisi accettabile? Allora era "la sinistra della borghesia" anche la socialdemocrazia tedesca all'inizio del Novecento? Erano "la sinistra della borghesia" anche i tutti gli altri partiti socialisti e laburisti della Seconda Internazionale? E lo erano anche i menscevichi? Allora Lenin non aveva capito un cazzo, definendoli tutti partiti operai! Era "la sinistra della borghesia" il PCI del secondo dopoguerra? E lo era anche, a questo punto, il POUM? Ma che razza di analisi di classe fate?
3) Vedi punto 2.
4) Ripeto per la novecentesima e spero ultima volta:
Non "recuperiamo" un bel tubo, stai tranquillo.
5) Effettivamente sì, mi sorprende che abbiate iscritti nei sindacati, "addirittura RSU". Buon per voi. Questo a conferma del fatto che ogni opzione antisindacale di principio è una boiata pazzesca.
6) Non c'era alcuna fasificazione, ma solo una critica al vostro metodo, basato sulla pretesa che la costruzione del partito e la propaganda rivoluzionaria eludano ed escludano completamente alcune pratiche, ritenute da voi riformiste, compromissorie, borghesi, controrivoluzionarie ecc.
7) Per "Stato operaio" Lenin, Trotsky e noi con essi intendiamo semplicemente uno Stato in cui sia stata estirpata la proprietà privata dei mezzi di produzione, cioè si sia verificata la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Né più né meno che questo. Lo "Stato operaio", quindi, NON E' sinonimo di "Stato socialista", né di Stato in transizione al socialismo (Chiaro? Non fate il solito giochino furbetto di confondere le due cose!).
In base a quanto sopra, quindi, l'unico Stato operaio nato da rivoluzione è l'Unione Sovietica (1917). Gli Stati dell'Est Europa sono Stati in cui la proprietà statale totale dei mezzi di produzione è stata ottenuta non tramite rivoluzione, ma tramite un'imposizione militare e politica.
Ho mai detto che siamo "riusciti" a trasformare in guerra di classe i conflitti imperialistici? (A parte la Russia del '17-'18, ovviamente.)
8) Non mi sto difendendo, sto solo dicendo che le "vibranti critiche" non le ha sentite nessuno, te lo assicuro. Boh... forse vibravano troppo!
1) non hai letto le tesi che ti ho segnalato. prima leggile e poi continuiamo il discorso, perchè la risposta che hai dato non ha nessuna attinenza con la nostra impostazione del problema "intervento nei luoghi di lavoro".
2) giri intorno all'argomento, il punto è chiaro: In base a che cosa definisci rifondazione un partito operaio?
3) Quali sono le differenze tra PRC e SEL?
4) presenza nella base riformista... e nella classe... per ricondurre la seconda alla prima. ok. ho capito.
5) non esistono opzioni di principio, ma analisi concrete della fase capitalista e delle situazioni contingenti. A proposito di tattica e di "principi": come mai il PCL prova sempre a presentare le proprie liste elettorali? come mai il PCL è sempre a favore della permanenza nel sindacato? io parlerei di elezionismo e di sindacalismo di principio, fuori da qualsiasi analisi del capitalismo contemporaneo (anche perchè citare Lenin per sostenere una posizione tattica oggi è una delle cose "più di principio che si possano fare").
6) giri ancora intorno all'argomento: "...una critica al vostro metodo [che stai abbondantemente dimostrando di non conoscere], basato sulla pretesa che la costruzione del partito e la propaganda rivoluzionaria eludano ed escludano completamente alcune pratiche" Quali sono le pratiche che noi escludiamo di principio? votare rifondazione. Ok, la escludiamo non per principio ma per analisi, poi?
7) La questione più succosa di tutte, anche perchè è dal non aver capito cosa è successo in Russia che sono derivati tutti gli errori di trotski, inalzati a sistema dai trotskisti.
"tentando strenuamente di trasformare in guerra di classe i conflitti imperialistici" dove? come? risultati? 0. Sia chiaro, anche i nostri risultati sono 0 in questo campo, ma la nostra posizione è sempre stata quella di un coerente disfattismo rivoluzionario, a partire dalla II GM.
"lottando per governi operai, cioè governi nati da rivoluzioni" un governo operaio nasce da rivoluzioni, perfetto, quindi escludi l'est europa.
"Per "Stato operaio" Lenin, Trotsky e noi con essi intendiamo semplicemente uno Stato in cui sia stata estirpata la proprietà privata dei mezzi di produzione, cioè si sia verificata la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione." Grande!! Adesso per favore mi citi il passo di Stato e rivoluzione - la più significativa opera del marxismo sullo stato fino ad oggi - dove questa cosa viene affermata?
Né più né meno che questo Quindi anche il Fascismo, il nazismo, l'egitto di nasser ed in generale tutti gli STATI BORGHESI dove sono state avanzate nazionalizzazioni tendevano ad avere aveva i caratteri dello Stato operaio. Uno stato borghese che arrivi a nazionalizzare tutta l'economia diventa uno stato operaio. Capitalismo di Stato=Stato opersaio. Bene. In questo caso noi di battaglia comunisti siamo fermamente contrari alla formula non solo ambigua, ma addirittura reazionaria di "Stato operaio".
Quindi il governo operaio nasce da rivoluzioni non meglio definite, mentre lo stato operaio (che non è assolutamente stato di transizione al socialismo, nè con il socialismo ha nulla a che vedere) è lo stato che ha raggiunto la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Chiarissimo. Chi può, capisca.
Meraviglioso, e noi che pensavamo che stato proletario o borghese (le due classi sociali) dipendesse dalla natura dello stato stesso, dalla classe ivi dominante... fantastico. Definire operaia una economia dove il capitale nazionale ne ha nazionalizzato i tratti principali o tutto. meraviglioso. IL fascismo, il nazismo, il new deal etc... quanto meno, se anche non sono arrivati a nazionalizzare tutto... tendevano allo stato operaio! Quindi anche le economie di guerra, dove la nazionalizzazione totale avviene, sono stati operai. Incredibile: la guerra interimperialista borghese trasforma gli stati borghesi in stati operai! eccezionale! per questo il trotskismo nella II GM si è schierato, tatticamente, si intende, con Baffone.
Sergio, ti ringrazio tantissimo per questa tua delucidazione, hai chiarito il nodo metodologico alla base dell'allontanamento delle posizioni politiche del trotskismo da marxismo in generale.
Cioè il fatto di definire la natura di uno stato non sulla base dei rapporti di classe che questo stato esprime ma sulla base del livello di nazionalizzazioni da questo raggiunto.
Giusto per chiarire il quadro, ti chiederei ancora di rispondere alla domanda 2 che, ovviamente, è strettamente legata a quanto - con, per me, inedita chiarezza - è emerso un questo stupendo punto. Grazie.
Lotusflower,
l'unica utilità di questo dibattito coi trotskysti è che le loro posizioni, anche reazionarie, emergono con chiarezza cristallina; per il resto, non c'è peggior sordo... A me deve ancora rispondere sul fatto che noi, a differenza dei bordighisti, non facciamo della "restaurazione della dottrina" uno dei nostri obiettivi principali e neppure sugli scritti di Trotsky sul comportamento da tenere nella II guerra mondiale appena cominciata, che sono di una grande tristezza, perché espresse da chi era stato il creatore dell'Armata Rossa.
Ma con me fa lo sdegnosetto, perché così è più comodo non rispondere, prendendo a pretesto il fatto che avevo qualificato il suo comportamento come arrogante e ignorante. D'altronde, in tanti sentenziano su cose che non conoscono, ma che tuttavia pretendono di conoscere e sulle quali, appunto, sentenziare. Non capisce un'ostia dei gruppi di fabbrica e di territorio, anche perché non ha mai letto i documenti relativi, ma ciò nonostante vuol dire la sua... Sia chiaro, non è che leggendoli (i documenti) "vedrebbe la luce" per forza, ma almeno parlerebbe con cognizione di causa. Che vuoi farci, così va il mondo...
Saluti,
Smirnov
1) "veicolare le parole d'ordine e le indicazioni del partito nei luoghi di lavoro" è lavoro politico, non sindacale. Il marxismo ha sempre ritenuto il sindacato e i suoi compiti come un ambito autonomo e diverso (autonomo perché diverso) dal partito e dai suoi compiti. Le strutture sindacali o parasindacali (organismi di lotta, di sciopero, ecc.) non possono mai essere o diventare, per la loro stessa funzione, strutture rivoluzionarie. Scrivete:
Bene, ecco, finalmente lo avete ammesso. A differenza vostra, è esattamente questo il nostro obbiettivo strategico principale. Da sempre.
2) definisco il PRC un "partito operaio borghese", secondo la corretta definizione marxista, in base alla sua politica e in base alla sua composizione sociale. Il fatto che la sua politica non sia una politica rivoluzionaria non ne fa un partito borghese. Il fatto che il PRC pratichi alleanze con forze borghesi e liberali (PD) non ne fa un partito borghese. Questo è l'abc dell'analisi marxista e leninista di un partito, se non l'avete ancora imparato state messi molto male.
3) SEL è un partito semi-operaio borghese. E' un partito riformista di destra. Vedi sopra.
4) No, non hai capito. Riproviamo. Presenza nella base riformista e nella classe per far sì che la prima rompa con la propria dirigenza e la seconda entri in contatto con posizioni rivoluzionarie.
5) Non siamo sempre per la presentazione di liste elettorali e non siamo sempre per la permanenza nel sindacato. Lo siamo in questa fase storica, con questa di coscienza di classe, in questa situazione economico-sociale, con un partito di queste dimensioni, in questo Paese ecc. Ti sembrano posizioni di principio?
6) Le pratiche che voi escludete per principio sono tutte quelle alla base del programma transitorio, che voi identificate erroneamente con il programma minimo, mentre invece si tratta dell'unico mezzo che permetta una mobilitazione concreta, pratica, a partire dai bisogni e dalle esperienze odierne dei lavoratori, contro "le basi stesse del regime borghese".
7) Ciò che spacciate per "disfattismo rivoluzionario" è in realtà il vostro indifferentismo nei confronti delle forme politiche che i vari Stati assumono. Per voi non c'è differenza politica (non sociale, ma politica!) fra uno Stato borghese democratico e uno stato borghese fascista. Andatelo a spiegare ad un proletario oppresso dal fascismo, che non c'è differenza politica! Andatelo a spiegare a Marx che fra la Prussia autocratica e l'Inghilterra liberale non c'è differenza politica!
Lenin analizza la natura di classe dello Stato sovietico non in "Stato e rivoluzione", ma in vari scritti e interventi successivi alla presa del potere.
"Uno stato borghese che arrivi a nazionalizzare tutta l'economia" non è MAI esistito, caro lotusflower. Sai farmi un solo esempio? A differenza di quanto tu credi, nella Germania nazista, nell'Italia fascista e nell'Egitto di Nasser la proprietà privata esisteva! Eccome, se esisteva! Ma lo leggete ogni tanto qualche libro di storia?
Lo "Stato operaio" è lo Stato che ha raggiunto la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione E - aggiungerei - in cui le forze produttive sono organizzate e dirette in maniera pianificata. Ti pare che ciò avvenisse sotto il nazismo o il fascismo o il new deal?
Cito da Trotsky: "La natura di classe dello Stato si definisce non attraverso le sue forme politiche, ma attraverso il suo contenuto sociale, cioè attraverso il carattere delle forme di proprietà e dei rapporti di produzione che lo Stato in questione protegge e difende." "Soltanto l'intervento nei rapporti di proprietà può modificare questa natura."
"Forme di proprietà" e "rapporti di produzione". Ne avete mai sentito parlare? Avete mai aperto, per pura curiosità, il Capitale?
Far discendere la natura di classe di uno Stato dalla "classe ivi dominante" (a parte l'ambiguità della formula, ma vabbè) significa fare un'analisi politico-sovrastrutturale e non economico-sociale di questo Stato. Se le classi esistono solo in presenza di capitale, dove sarebbero le classi in uno Stato che ha eliminato al suo interno le forme di proprietà e i rapporti di produzione che sono alla base del capitale (marxianamente inteso)?
lotusflower, sono io che ringrazio te per avermi dato occasione di dimostrare quanto sia fuori da ogni scientificità la vostra analisi. Certo, correttezza vorrebbe che ogni tanto anche tu rispondessi alle molte domande che ti ho posto, ma mi rendo conto delle difficoltà cui andresti incontro.
Per quanto mi riguarda, questo scambio di vedute può ritenersi chiuso qui. Lascio ai lettori trarre le conclusioni sul gruppettarismo impotente e autocompiaciuto di una teoria antimarxista e confusionaria unita ad una pratica inefficace, anarcoide e movimentista. Gruppettarismo che risplende inalterato in settant'anni di totale inesistenza.
Bel Guazzabuglio. Accetto la levata di bandiera bianca, ma mi prendo un paio di giorni per mettere ordine a questo intervento che hai fatto dimostrandone i limiti e le implicazioni.
Nel frattempo un saluto.
Le differenze son venute fuori abbastanza chiaramente, nonostante il linguaggio "polemico" adoperato dalle parti :-)
Non ho avuto il tempo per partecipare, ovviamente - essendo un militante del PCinternazionalista - puoi immaginare, Sergio, per quale parte io propende. Solo una cosa, sulla solita storiella dei settanta anni... Una organizzazione politica non può essere valutata dall'età, non è una scatola di cioccolatini che quindi rischia di scadere... Una organizzaizone ovviamente si valuta per le poszioni politiche che esprime. Non so tu quanti anni abbia e ovviamente anche questo non ha importanza, ti faccio solo notare che il PCL è sì una organizzaizone nuova (una "scatola" nuova) ma il contenuto è vecchio almeno quanto quello del PCinternazionalista, se non di più. Così come ti faccio notare che il fondatore del PCL è sulla scena politica da quasi 40 anni, non è certamente una "cosa nuova". In 40 anni è stato, ha fondato e ha disfatto non so quante organizzazioni...
Nessuna levata di bandiera bianca, ma solo la triste constatazione che con gruppuscoli come il vostro è sinceramente impossibile fare un serio discorso, pur da punti di vista differenti, che si tenga sui binari del marxismo e del leninismo, perché da questi binari ne siete abbondantemente al di fuori.
Un saluto.
Lotus,
si potrebbe fare un bel manualino col campionario riformista e antirivoluzionario dell'arrogante Sergio, che svicola e non risponde. Fa dell'ironia da baraccone sulla nostra assai presunta ignoranza del Capitale, ma è il trotskysmo, anche se il Capitale lo ha letto, a non campanarci niente, tant'è vero che il trotskysta in questione non può far altro che appellarsi alle professioni di fede del suo movimento, che avrebbe fatto venire il voltastomaco anche a Trostky, se lo stalinismo non lo avesse assassinato. Non per niente, la sua (di Trotsky) compagna Natalia Sedova si distaccò da quel movimento ormai degenerato e approdato definitivamente sulle sponde del riformismo antirivoluzionario. D'altra parte, sono decenni che abbiamo messo il trotskysmo là dove merita di stare; per chi fosse interessato, Montaldi pubblicò su Prometeo del 1953 un articolo interessante dal titolo "Curva discendente: Trotsky, trotskysmo, trotskysti".
Vai, Sergio, continua a fare il portatore d'acqua al più smaccato riformismo borghese: è il tuo ruolo.
Smirnov
PS Lotus, non si potrà dire che il trotskysmo sia coglione, perché è un'espressione che non si deve usare nella discussione politica, però duro di comprendonio sì, ammessa la buona fede. Quando noi diciamo che il nostro obiettivo IMMEDIATO, OGGI, non è quello della direzione del proletariato, perché siamo coscienti della sua arretratezza politica, ma riteniamo che siamo ancora nella fase della conquista politica di singoli elementi in rottura ideologica con la borghesia, dentro e fuori il proletariato, ebbene, il trotskysta pensa che rinunciamo, per una specie di gradualismo, all'obiettivo strategico della direzione rivoluzionaria della classe proletaria. Non capisce la differenza, al che si può dire, appunto, che sia duro di comprendonio.
Premetto che ritengo la discussione tra soggettività appartenenti al campo politico proletario positive,anche se ovviamente non possono di per sè stesse annullare le enormi distanze politiche tra gli interlocutori stessi, d altra parte da marxisti riconosciamo nelle condizioni materiali della vita umana l elemento scatenante il processo di acquisizione della coscienza di classe. Alcune questioni poste , tra le tante,dal dirigente del pcl meritano a mio parere una risposta se pur sintetica,nella chiosa finale all ultimo commento sottilinea giustamente che il metodo di analisi sulla struttura econmico-sociale deve partire dall analisi dei rapporti di produzione , e direi io da marxista, dalla analisi delle categorie economiche che lo contraddistinguono e ne costituiscono l elemento fondativo.Il capitalismo si caratterizza per le sue precipue categorie sconomiche , presenza della merce, mercato, danaro, salario, quindi estorsione di plusvalore, ebbene in urss ,e nei paesi satellliti, tutte queste categorie economiche erano presenti,possiamo quindi dire che in urss persisteva una forma di capitalismo affatto particolare ,cioè capitalismo di stato, propio in base ad un analisi materialista....capitalismo di stato peraltro riconosciuto, senza mai fare un bilancio di quell esperienza,anche da noti troskisti a scala internazionale come tony cliff( tanto per sottolineare la frammentazione del troskismo anche se basterebbe ricordare al compagno l esistenza del PDAC, altro che 52).Altra questione,annosa , quella sindacale nella quale il compagno ci invita a valutare l esigenza feticistica del sindacalismo,di feticcio si deve parlare in quanto la questione sindacato non è mai valutata alla luce di quel metodo che egli stesso ci indica per l analisi dell ex-urss, metodo fatto proprio dallo stesso trosky e utilizzato in una delle sue ultime lettere ,è del 40 un ottima analisi che ti invito a leggere sulla natura del sindacato nella fase monopolista del capitalismo, da questa analisi potremmo partire per discutere se abbia o meno senso,e utilità dal punto di vista di classe,il sindacalismo nella fase capitalistica attuale.........saluti internazionalisti.
Smirnov, ma che dici? In realtà non ho fatto altro che rispondere alle vostre domande, siete voi che non rispondete alle mie. E capisco che non rispondiate, visto che non avete risposte da dare.
Fai un riepilogo delle domande alle quali non rispondiamo?
Volevo ancora concludere, come promesso, questo intenso scambio con sergio.
Prima di tutto emerge chiaramente un errore di fondo proprio nella impostazione tattica generale:
Gli scopi che si perseguono devono essere chiari ed i mezzi corrispondere agli scopi stessi.
Ossia è evidente che l'obiettivo del PCL era quello di recuperare alle proprie fila i militanti sempre più allo sbando di rifondazione, per questo ha dato indicazione di votare medici. Pratica opportunista sì, ma se fosse stata presentata in questo modo sarebbe stata cristallina e chiara, da condividere o meno, senza tanti giri.
In realtà per giustificare questa pratica opportunista si è arrivati a scomodare Lenin, ad affermare che Rifonda è un partito operaio, a sviluppare ragionamenti generali, tacciandoci di non capire un acca di tattica, pur di raggiungere lo scopo molto terreno e banalmente opportunista di allisciare il pelo a qualche migliaio di elettori che ancora rifondazione si ritrova, nella speranza che qualche decina di questi aderiscano al PCL.
Ora svendere il programma, mercanteggiare sui principi, elevare a metodo e teoria "comunista" una mera svolta opportunista finalizzata ad accrescere di qualche unità le proprie fila è il genere di politica "tattica" che, da sempre, ha piano piano allontanato i comunisti dal terreno della rivoluzione per portarli ad impantanarsi nelle paludi della riforma del capitale (verso il socialismo, si intende!) e li annegarne lentamente nelle sabbie mobili.
Detto questo voglio toccare altri due aspetti degni di nota:
1) stato operaio
sergio afferma
Engels, antiduhring:
"Lo Stato era il rappresentante ufficiale di tutta la società, la sua sintesi in un corpo visibile, ma lo era in quanto era lo Stato dei cittadini padroni di schiavi, nel medioevolo Stato della nobiletà feudale, nel nostro tempo lo Stato della borghesia. Ma, diventando alla fine [a partire dalla rivoluzione e attraverso l'affermazione dei nuovi rapporti di produzione socialisti NdR] effettivamente il rappresentante di tutta la società, si rende, esso stesso, superfluo.Non appena non ci sono più classi sociali da mantenere nell'oppressione [...] Lo Stato [...] si estingue"
Mi sembra ben dimostrata la lontananza del metodo di sergio dal metodo adottato da Engels e noi. che fine fanno le classi e lo stato quando il capitale è svanito? si estinguono! Ma sergio, con il trotski deteriore, hanno perso per strada la lezione marxista secondo la quale lo stato nasce dal conflitto di classe e si immaginano possibile che le classi sociali in lotta e lo stato seguano percorsi storici separati ed indipendenti tra loro, anche la sinistra borghese dice lo stesso.
"Per "Stato operaio" Lenin, Trotsky e noi con essi intendiamo semplicemente uno Stato in cui sia stata estirpata la proprietà privata dei mezzi di produzione, cioè si sia verificata la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione. Né più né meno che questo" [...] "Lo "Stato operaio" è lo Stato che ha raggiunto la completa nazionalizzazione dei mezzi di produzione E - aggiungerei - in cui le forze produttive sono organizzate e dirette in maniera pianificata"
engels, antiduhring:
Insomma, per sergio ed il trotski deteriore il proletariato non deve conquistare il potere politico attraverso i suoi consigli e il suo partito per via rivoluzionaria, o almeno, non è questo il fulcro della strategia rivoluzionaria (il che equivale a negare la necessità del potere proletario). per sergio l'obiettivo strategico intermedio è il governo operaio, ossia il capitalismo di stato, raggiunto questo poi, ma solo in questa condizione!!, è possibile passare al socialismo. Insomma prima il capitalismo (ma di stato) deve risolvere i problemi e poi, solo poi, [leggi mai]si può prendere in considerazione la possibilità di passare al socialismo. anche queste cose le afferma la sinistra borghese.
2) partiti operai
sergio così definisce un partito operaio:
Apparte l'ossimoro, mai presente nei classici, di accostare con tanta noncalanche in una sola proposizione i termini "operaio-borghese".
vediamo il metro che utilizza il vecchio marx per vedere se un partito è proletario o no:
lavora il prc per costituire il proletariato in classe? no.
lavora il prc per annientare il dominio politico della borghesia? no.
lavora il prc per la conquista del potere politico da parte del proletariato? no.
Quindi il prc è un partito borghese, se vuoi della piccola borghesia, ma pur sempre borghese.
Invece il PCL può essere un partito proletario, di destra, ma proletario. IL problema è che le sue imbarazzanti prese di posizioni tattiche, che oggi fanno poco danno, domani potrebbero facilmente portarlo nelle braccia dell'avversario di classe, appoggiandone fronti di guerra, governi, politiche (magari di nazionalizzazione) e partiti (operai-borghesi?). il rischio è forte e si estenderà con l'importanza delle situazioni che andremo ad affrontare. purtroppo il nodo sta nel metodo che il PCL ha fatto proprio, quello che portò la IV a schierarsi in difesa della russia sovietica, ad allinearsi nella II GM e che la moglie di trotski, nel 1951, con tanta veemenza denunciò:
Dopo ben cinquanta commenti e passa, possiamo esultare: Lotusflower è finalmente arrivato a capire "l'obiettivo del PCL": "recuperare alle proprie fila i militanti sempre più allo sbando di Rifondazione". Ebbene sì, lo ammettiamo, siamo dediti da sempre alla meschina "pratica" di conquistare alle posizioni rivoluzionarie i militanti dei partiti riformisti, e non solo essi. Spero che Lotusflower e il PCInt vorranno scusare la subdola ambiguità di chi, "pur di raggiungere lo scopo molto terreno e banalmente opportunista" di avere l'egemonia delle avanguradie proletarie, si ostinano ad intervenire tra i lavoratori e la base dei riformisti. Sugli altri aspetti degni di nota: 1) Stato operaio Il ragionamento di Lotusflower è chiaro e lineare: se il capitale è svanito, lo stato e le classi che fine fanno? Si estinguono! Di che stato operaio andate parlando, quindi, voi trotskisti? Se gli stati nascono dal conflitto di classe, e se il proletariato ha messo fine alla lotta di classe, eccovi dimostrato che lo Stato non può esistere. Elementare, Watson! Peccato che Lotusflower dimentichi un piccolo particolare: lo stato di cui stiamo parlando (Unione Sovietica) non è uno stato borghese, ma neanche uno stato in cui sia giunta a conclusione la transizione, cioè una società comunista (in cui lo stato si sia appunto estinto). Non è uno stato borghese – e qui mi sembra fin troppo ovvio e superfluo argomentare, ma evidentemente non lo è - perché nel 1917 il proletariato russo ha guidato e portato a termine vittoriosamente una rivoluzione socialista. Non so se la banale notiziola vi sia giunta a conoscenza. Ragion per cui la citazione di Engels c'entra come i cavoli a merenda, parlando egli di capitalismo collettivo riferendosi allo stato BORGHESE (e nello specifico ad uno stato borhese tendente alla concentrazione dell'apparato produttivo, come ad esempio le monarchie autocratiche europee) e non di certo ad uno stato venuto fuori da una rivoluzione proletari! Per voi non c'è nessuna differenza fra uno stato borghese che accentra nelle sue mani il capitale (ma che non elimina mai del tutto la proprietà privata!) e uno stato che, in seguito ad una rivoluzione comunista, accentra nelle sue mani i TUTTI I mezzi di produzione e che li organizza e dirige? Per noi c'è una differenza notevole. Se questa differenza non vi fosse, saremmo costretti a definire l'Unione Sovietica come uno stato pienamente e perfettamente borghese, e non a partire dalla controrivoluzione staliniana, ma da sempre, cioè dal 1917. Il punto è proprio questo: o in Unione Sovietica il capitalismo non è stato mai eliminato, e quindi quello stato non ha mai smesso di essere borghese e capitalista, oppure in Unione Sovietica i rapporti di proprietà sono cambiati per via rivoluzionaria nel 1917 e non sono stati ristabiliti com'erano in precedenza (ritorno alla proprietà privata). Delle due l'una, con tutto ciò che ne derivi. 2) partiti operai L'espressione "partito operaio borghese" non è affatto un ossimoro ed è presente eccome nei classici. La utilizza Engels, già a partire dagli anni '80; la riutilizza Lenin attualizzandola e applicandola ai partiti revisionisti della II Internazionale; ricorre nei documenti della III Internazionale; la utilizza Trotsky. Ora, capisco che non siate leninisti, ma non far rientrare nei classici nemmeno Engels mi sembra un po' troppo!La definizione propagandistica del Manifesto sta a significare che a nessun partito che non fosse il partito comunista potesse essere dato quel programma. Questo significa forse che per Marx non esistessero altri partiti proletari? Certo che no: significa che solo i comunisti potevano scientificamente adempiere a quei compiti (il passo successivo, che non hai riportato, lo spiega bene). Se la domanda diventa quindi: "il PRC è un partito comunista?" è ovvio che la risposta non può che essere negativa. Ma resta il fatto che, esattamente come per Marx esistevano, oltre ai partiti comunisti, partiti operai dentro (o fuori) la I Internazionale, anche per noi, oggi, esistono partiti operai (e operai-borghesi) oltre i partiti comunisti.