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Home ›La disoccupazione giovanile e le bugie dell'avanspettacolo borghese
Ogni borghesia fa della bugia uno dei pilastri del proprio dominio, ma quella italiana, forse, ha una marcia in più. Non a caso, alla guida del governo c'è un personaggio - lo sappiamo tutti - che in quanto a cialtroneria batte di parecchie lunghezze i più spudorati televenditori di filtri d'amore. È più di un anno che il capocomico di Arcore e trista compagnia ci bombardano dai teleschermi vantando una specificità, in positivo, dell'Italia, rispetto ai restanti paesi europei. Con rara abilità imbonitrice - bisogna riconoscerlo - il capocomico di cui sopra e la sua spalla Tremonti assicurano, un giorno sì e l'altro pure, che “noi” siamo messi meglio di tutti, che “nessuno verrà lasciato indietro” e cose del genere, che, se fossero dette in un bar, sarebbero compatite come le esternazioni alcoliche dei soliti sbruffoni.
Però, perché non credere a due tipi del genere? Bando ai pregiudizi e, infatti, conti alla mano, conveniamo che, sì, l'Italia è un paese speciale, ma non nel senso che gli attuali primi attori del laido avanspettacolo borghese ci vogliono far credere. E non siamo noi, perfidi comunisti, a dirlo, ma le statistiche ufficiali che la borghesia, in qualche modo (spesso non limpido), deve dare. Intanto, la disoccupazione è arrivata all'8,5% e se è al di sotto della media europea (10% area euro, 9,9% nei ventisette paesi UE), è solo perché in Italia non vengono conteggiati i cassaintegrati (disoccupati, forse temporanei, a tutti gli effetti), i quali la farebbero salire all'11%.
Secondo, ma non per importanza, il tasso di attività è al 56,8% (al Sud, va da sé, è ancora più basso), decisamente inferiore a quello dei più importanti paesi dell'UE, e, se non bastasse, questo dato si è aggravato da un anno e mezzo in qua. Certo, si potrebbe controbattere che il tasso di attività non corrisponde alla realtà, perché ignora l'enorme diffusione del lavoro nero, ma la pezza sarebbe peggiore del buco. Terzo, e non da ultimo, la disoccupazione giovanile (sotto i venticinque anni) è - altro dato che distingue il Bel Paese - di oltre sette punti superiore alla media europea, raggiungendo la “bella” cifra del 28,2%. Meglio, naturalmente, del 41% della Spagna, ma un giovane disoccupato che si accontentasse di questa differenza statistica, godrebbe ben poco. Né possono essergli di aiuto le paterne sollecitazioni del ministro Sacconi - il cui amore, persino smodato, per i lavoratori è notorio - ad accettare qualunque tipo di lavoro, anche non inerente al titolo di studio conseguito, perché è esattamente quello che fanno centinaia di migliaia di giovani, ma i risultati sono piuttosto deludenti. Benché siano costretti ad accettare lavori in genere precari (secondo certi studi, il 75% delle assunzioni giovanili avviene con contratti un tempo detti atipici), il cui costo, per i padroni, è fino al 39% più basso rispetto a quelli “fissi”, i giovani sono anche quelli maggiormente toccati dalla crisi: a ottobre 2009,
“quasi 300 mila degli occupati in meno nell'anno, sono lavoratori precari [...] di cui il 25% ha meno di 25 anni e il 60% meno di 35%.” (Crisi: CGIL, i giovani pagano il prezzo più alto, in rassegna.it 15-10-09)
Molti di essi, anche perché “atipici”, non godono (per così dire) degli ammortizzatori sociali, dunque, il peso del licenziamento ricade, in ultima istanza, sull'ammortizzatore sociale per eccellenza (in Italia), cioè la famiglia. Ma la miscela - potenzialmente esplosiva - di salari in calo o stagnanti, e comunque bassi, fa sì che il 42% delle famiglie faccia una gran fatica ad arrivare a fine mese, senza andare in rosso. Se anche quel bastione di stabilità sociale verrà compromesso, la borghesia può cominciare davvero a tremare. Le masse proletarie giovanili, ora spesso preda inconsapevole dei meccanismi di sfruttamento/condizionamento della società, che le tratta come docili “animali da consumo”, potrebbero svegliarsi e togliersi di dosso la spazzatura ideologica borghese che le condanna, da una parte, a un malessere profondo, incapace di manifestarsi in maniera diversa da un'inquietudine passiva e, non di rado, autolesionista, o, dall'altra, ad assorbire i più torbidi veleni ideologici, quali il razzismo. Solo così troverebbero un significato vero alla propria vita, riaprendo la strada a quella indispensabile saldatura tra le sparute avanguardie rivoluzionarie e le ribollenti energie giovanili, da sempre punta di lancia delle trasformazioni radicali.
Non possiamo sapere se ciò accadrà e se accadrà in tempo, ma sappiamo di certo che è l'unica via per dare un futuro all'umanità e a tutti gli esseri viventi.
CBBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #5
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