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Home ›Capitalism: a love story - Di M. Moore
Guardando l'ultimo film del regista americano M.M. non ci si può astenere dal commentare il contenuto politico dello stesso, rilevando ciò che di buono viene detto (quasi niente) ma soprattutto la grande confusione che viene proposta, figlia di una impostazione religiosa - avete capito bene - e moraleggiante.
Come capita spesso nell'area democraticista, socialisteggiante ma nient'altro che riformista, si confonde il neoliberismo (la sfrenata deregolamentazione dell'economia), quindi una politica economica, con ciò che essa deve regolare, il sistema economico, quindi l'economia politica (l'insieme delle forze produttive e dei rapporti di produzione di un dato modo di produzione), capitalistico.
Si confonde un prodotto con la sua causa, poiché qualunque politica economica un governo vari (liberismo, protezionismo, keynesismo, neoliberismo) essa è fatta per assecondare l'esigenze e le istanze del capitale in una data fase del suo divenire storico. Ciò non fa altro che generare confusione e focalizzare l'attenzione sugli aspetti più degenerativi e moralmente criticabili del capitalismo: la speculazione finanziaria.
Questo genere di critica porta l'attenzione non sulle contraddizioni intrinseche e la logica del capitalismo, che induce gli individui ad agire di conseguenza alla ricerca del massimo profitto, ma sull'avidità dell'uomo che vuole sempre di più. Tale atteggiamento è dovuto anche ad una impostazione cristiana della questione sociale che viene esaltata più volte nel corso del film e che conduce a quella carità cristiana, quale unica arma da contrapporre all'ingordigia capitalistica.
Tutto ciò fa sorridere poiché a definire, nel film, come male assoluto il capitalismo non è un operaio licenziato o un lavoratore a cui stanno pignorando la casa ma un prete e anche un cardinale! Che con le loro parole vuote e ipocrite condannano questo sistema sociale. Tutto questo quando il primo comandamento sancisce la sacralità della proprietà privata! E la chiesa, oggi come ieri, come già detto in un altro articolo apparso su questo giornale, è un enorme parassita finanziario e una società a scopo di lucro e di inganno.
Sembra quasi che M.M. voglia difendere la sacralità della parola di dio ormai presa in prestito dai fedeli dell'economia per giustificare l'esistenza e la moralità del capitalismo; "la libera concorrenza, la logica del profitto , la proprietà privata sono moralmente giusti, compatibili con le leggi di dio e con gli insegnamenti della bibbia". Tutto ciò non è poi così strano, dato che la religione, da quando esiste storicamente, non ha fatto altro che giustificare moralmente l'ordinamento sociale dal quale scaturiva costituendone una fondamentale impalcatura ideologica.
Secondo la visione di M.M. la deriva speculativa, accentrando grandi ricchezze in poche mani, conduce alla morte della democrazia e alla nascita della plutomania?!?. Questa impostazione è sbagliata poiché è la tendenza del capitale a concentrarsi - dovuto al suo sviluppo monopolistico che di fatto nega il libero mercato (e per vederlo basta aprire il frigo di un bar e vedere quante aziende ci sono, sotto tanti nomi ce n'è due se non una), ad esigere un potere centralizzato che oggi va oltre i confini dello stato nazionale per assumere le sembianze di un potere mondiale - ad indurre questa deriva speculativa, nient'altro che un prodotto delle contraddizioni capitalistiche (la ricerca continua e sfrenata di nuovi e maggiori profitti) che non hanno nessuna possibilità di essere risolte. Tutto ciò perché è lo sviluppo economico, la natura stessa del capitale a determinare le trasformazioni politiche, e non il contrario. La democrazia non è altro che un involucro statuale asservito alle necessità di accumulazione del capitale.
Affermare che "la democrazia muore perché il capitalismo ha trionfato su di essa" significa non conoscere la natura della democrazia quale orpello politico del capitalismo. Stato liberale, fascismo e democrazia non son altro che forme dello stesso stato borghese, ovvero dell'ordinamento sociale dove vige il dominio del capitale sul lavoro. Gridare allo scandalo perché il parlamento è completamente asservito al potere finanziario, le poltrone dei ministri economici sono occupate da rappresentanti delle grandi banche, significa non comprendere il ruolo dello stato e delle sue strutture politiche di rappresentante degli interessi borghesi.
Altra confusione viene data dall'idea che ciò che è in mano allo stato (stato della borghesia, e non conciliatore dei diversi interessi di classe, ma anzi strumento di dominio di una classe sull'altra) non risponda alle stesse logiche di profitto e alle dinamiche del mercato, quindi alle leggi del capitalismo, che seguono gli investimenti e le aziende private. In regime capitalistico qualunque impresa, sia essa pubblica, privata o cooperativa, per continuare ad esistere deve piegarsi alle sue leggi. Per tale motivo e alla luce di tale analisi, la sua proposta di autogestione delle fabbriche come alternativa al mondo delle merci e del profitto all'interno del capitalismo risulta ancora più impraticabile.
Per finire non manca un elogio di Obama quale messia del socialismo, inteso naturalmente in senso sovietico (capitalismo di stato) - poiché durante il film appare anche il faccione di Stalin - e un nostalgico richiamo a Roosvelt, quale simbolo di un'America paladina della democrazia e della libertà (pensate), che purtroppo, secondo lui, morendo non è riuscito a creare quella seconda carta dei diritti che avrebbero segnato la svolta per la classe operaia americana garantendo il "diritto" al lavoro, alla casa, all'assistenza sanitaria. Noi che quei diritti ce li abbiamo scritti sulla costituzione possiamo dire quanto essi valgano per il proletariato nostrano: meno di niente, perché avremo pure il diritto al lavoro, alla casa e alla sanità, ma tanti di noi, tanti proletari, nella realtà non hanno un lavoro, non hanno una casa e non si possono permettere di pagare ticket e medicinali a dimostrazione che il diritto è cosa loro ed è un espediente giuridico per farci stare buoni. Noi non lottiamo per diritti giuridici che ci sono, noi lottiamo per il soddisfacimento di quei bisogni che sostanzialmente ci vengono negati. Tali bisogni potranno essere soddisfatti solo nella società dell'abbondanza: "il comunismo è abbondanza, l'abbondanza sarà il comunismo" e secondo il principio "da ogni uno secondo le sue possibilità ad ognuno secondo le sue esigenze".
L'unica cosa buona che dice M.M. nel film è l'invito a rivoltarsi contro il dominio di una minoranza sulla stragrande maggioranza del popolo affermando che "non si può regolamentare il male (il capitalismo), si deve sostituire con qualcos'altro: la democrazia", apprezziamo la consapevolezza dell'impossibilità di riformare un sistema marcio qual è il capitalismo ma purtroppo M.M. non capisce che la democrazia non è altro che una manifestazione politica dello stesso capitalismo che sarà superata insieme ad esso dal movimento reale che abolisce lo stato di cose presenti... il Comunismo.
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