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Home ›A quarant'anni dalla strage di piazza Fontana
Terrorismo di stato, neofascismo, democrazia borghese - I padroni non disprezzano nulla
La strategia della tensione parte nel 1969 con la strage di piazza Fontana a Milano per proseguire con una serie impressionante di episodi e si conclude con la strage di Bologna dell'agosto 1980 e la strage del Rapido 904 nel 1984. Alla base di questa strategia ci sono stati i servizi segreti, Sismi e Sisde, le forze politiche di governo, mentre la manovalanza, quella che operativamente ha messo in atto tutte le stragi, è stata assunta tra i membri di varie organizzazioni neofasciste.
Lo scopo era quello di creare le condizioni psicologiche e politiche perché fosse giustificabile una politica repressiva - all'epoca qualcuno ventilò la possibilità di emettere leggi eccezionali - e, in via subordinata, di fare quadrato attorno alle istituzioni democratiche che sembravano essere messe in discussione da quei terribili avvenimenti.
Anche per reazione al terrorismo di stato, nacque il terrorismo brigatista, che politicamente aveva le proprie radici nel tradizionale antifascismo di origine stalinista e che - soprattutto - nulla ha mai avuto a che fare con la lotta di classe proletaria. Governo e servizi segreti, negli anni Settanta, una volta individuate le Br, le gestirono dall'interno, in modo da alimentare l'idea del “mostro” politico da combattere, come se fosse l'unica emergenza da prendere in considerazione. In questo quadro va inserito il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro.
In realtà la vera emergenza era rappresentata dalla crisi economica che, a partire dalla fine degli anni Sessanta / inizio anni Settanta, iniziava a manifestarsi con pesanti ripercussioni sul mondo del lavoro. È stato il periodo delle prime ristrutturazioni industriali - finalizzate all'aumento dei ritmi di produzione - dell'uso massiccio della cassa integrazione e, poi, dei primi grandi licenziamenti di massa. La risposta operaia, pur non intensa, si andava manifestando nei settori trainanti dell'economia italiana. La paura della borghesia era che queste lotte potessero sfuggire di mano ai sindacati ed assumere un livello politico tale da scompaginare il quadro di potere.
La coincidenza cronologica tra l'inizio della crisi, le paventate lotte operaie e la strategia della tensione, non è certamente casuale. Quest'ultima prende le mosse appena le prime avvisaglie della crisi e delle lotte operaie si sono presentate sullo scenario politico italiano.
In più va sottolineato come l'Italia si trovasse all'epoca ancora al centro della “guerra fredda” con tutto il suo carico di valenze strategiche internazionali, per cui la salvaguardia dell'apparato politico in carica al momento era una priorità che andava assolutamente perseguita, anche a colpi di stragi e di presunti colpi di stato.
Fare quadrato attorno alle istituzioni “democratiche”, salvare la “democrazia” e il governo che le rappresentava dalle spinte eversive era la struttura dorsale della strategia della tensione, per contenere le lotte proletarie che l'incipiente crisi poteva gettare sulle piazze e per garantire l'allineamento del governo italiano verso l'alleato americano in chiave anti-Pci e anti-Unione Sovietica, anche se il partito di Berlinguer e gli Zar del Cremlino non avevano nulla a che vedere con il comunismo e la rivoluzione di classe.
Oggi si celebra la strage di piazza Fontana con una cerimonia rituale che ha completamente rimosso e nascosto le vere ragioni che ne sono state alla base. La borghesia di ieri ha fatto il lavoro sporco, quella di oggi lo celebra ben sapendo che, in caso di necessità, farebbe altrettanto, se la situazione lo imponesse.
Tenere in piedi in ogni caso il sistema economico capitalista, questo è l’interesse della borghesia. Difendere il proprio dominio in ogni modo, con qualsiasi strumento. I padroni stanno scaricando sul proletariato i costi della crisi globale ma nonostante tutto oggi bastano i servili - o inutili - sindacati a tenere buoni i lavoratori. Oggi la borghesia si accontenta dell’ordinario lavoro svolto dai governi democratici di vario colore - che comunque quando si tratta di manganellare certamente non si tirano indietro - i quali in questi anni hanno saputo ben soddisfare le esigenze dei padroni: leggi antisciopero, contratti precari, riforma delle pensioni, tagli allo stato sociale, le schifose leggi contro gli immigrati, ecc. La guerra fredda è lontana, ma la crisi è ben presente e, qualora si riempissero le piazze di disoccupati, cassa integrati, immigrati, disperati che non hanno di che sfamare la famiglia, il potere borghese saprebbe ancora una volta ripetersi, con personaggi e modalità esecutive diverse, ma di egual contenuto repressivo e magari racimolando ancora una volta manodopera tra il neofascismo…
La ripresa della lotta di classe - sul territorio, sui luoghi di lavoro, fuori dai sindacati, contro i padroni - e la battaglia politica rivoluzionaria questa deve essere in ogni caso la risposta proletaria e comunista.
Contro il fascismo, contro la democrazia borghese, contro il capitalismo. Per la rivoluzione proletaria
Battaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
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