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Home ›Condizioni e lotte operaie nel mondo - Grecia, Turchia, Corea, Processo Ethernit
Grecia
Mentre il debito pubblico greco viene declassato come livello di affidabilità, ad Atene grandi falò hanno illuminato le strade intorno al Politecnico. Le proteste si stanno susseguendo da diversi giorni e non è stato difficile per i manifestanti trovare il combustibile per i roghi, infatti la zona è sepolta sotto migliaia di tonnellate di rifiuti a causa dello sciopero che continua da alcuni giorni degli addetti municipali. Gli spazzini ateniesi chiedono all’autorità municipale un miglioramento delle condizioni contrattuali ed un adeguamento del salario al costo della vita. Il governo, pressato anche dalla banca centrale europea che chiede a forza un raddrizzamento dei conti pubblici, non ha nessuna intenzione di accettare le richieste degli scioperanti. Il presidente Papandreou ha chiesto al sindaco di Atene di intervenire ed oggi un tribunale dovrà decidere se dichiarare o meno illegale lo sciopero, come avvenne per quello dei mesi scorsi al porto del Pireo. Anche se nelle ultime settimane la propaganda borghese sta cercando di farci credere che la crisi sia finita, episodi come quello di Atene, nel cuore dell’area euro, sono chiari esempi di come invece si sia ancora in una fase estremamente critica.
Turchia
Almeno 40 morti in Turchia sono state correlate alla pratica della sabbiatura nella lavorazione di tessuto denim - una pratica che, oltre alle persone già morte, ha finora provocato a centinaia di lavoratori in appalto la malattia polmonare della silicosi. In particolare, questa lavorazione può portare ad una rapida insorgenza della malattia, anche dopo sole poche decine di giorni di lavoro. A seguito dell’esplosione di decessi e malattie, una circolare del governo ha proibito la sabbiatura manuale di tessuto denim con materiali contenenti silice in povere, sabbia o cristalli di silice. La crescente domanda di jeans trattati con sabbiatura ha favorito attività artigianali effettuate senza le necessarie protezioni per i lavoratori e le lavoratrici tessili. Recentemente queste lavorazioni sono state dichiarate illegali. Ma i controlli e l’applicazione della normativa sono tutti da venire e la maggior parte dei padroni, c’è da scommetterci, proseguirà imperterrita a produrre ed ammazzare.
Corea
Uno sciopero dei ferrovieri coreani ha causato danni economici pari a circa 4 milioni di dollari. Nonostante la KORAIL, azienda statale del trasporto ferroviario, abbia fatto ricorso a crumiri, macchinisti in pensione e ai genieri dell’esercito per cercare di mantenere il servizio attivo, il 60% del servizio passeggeri e il 70% del servizio merci è rimasto bloccato. Inoltre una parte consistente dei camionisti si è mossa in solidarietà con i ferrovieri, rifiutandosi di trasportare le merci bloccate dallo sciopero.
A seguito dello sciopero, la polizia di Seoul il 30 novembre ha fatto irruzione nella sede della KRWU, il sindacato dei ferrovieri, per arrestare 15 dirigenti con l'accusa di aver istigato ad uno sciopero nazionale definito illegale. I dirigenti sono scappati prima dell’arrivo della polizia. Contro 182 sindacalisti è stata presentata denuncia per “interferenza con l’azienda”. I lavoratori chiedono il reintegro di alcuni loro compagni licenziati durante lotte precedenti e protestano per la cancellazione immediata degli accordi vigenti da parte dell’azienda, dopo le prime avvisaglie di difficoltà al tavolo delle trattative, dove sono in discussione scorpori, tagli salariali, riduzioni di sussidi e licenziamenti.
È chiaro che lo Stato intende dare un ulteriore giro di vite alle organizzazioni sindacali coreane, che pure negli anni scorsi si sono dimostrate docile strumento nelle mani della classe padronale (diversi importanti episodi sono stati documentati in vari numeri del nostro giornale). Ma evidentemente la crisi che morde sempre di più la profittabilità del capitale impone da parte dei sindacati una risposta ancora più immediata rispetto alle esigenze del capitale, non importa quanto le misure richieste risultino poco digeste alla loro base tra i lavoratori. Il governo si sente anche imbaldanzito dalla repressione violenta e crudele che è riuscito ad imporre alla pur coraggiosa e tenace lotta dei lavoratori della Ssangyong, che quest’estate avevano occupato per diversi mesi una fabbrica vicino Seoul, resistendo eroicamente a diversi tentativi di sgombero prima di capitolare. L’attuale capo della KORAIL, un ex ufficiale della polizia, ha affermato chiaramente di non voler cedere alle “irragionevoli” posizioni dei sindacati e di voler imporre “una sonora lezione al sindacato, questa volta”.
A dimostrazione di una situazione veramente decisiva per il capitalismo coreano, e non solo, c’è da notare come l’attacco non sia diretto solo contro i ferrovieri, ma anche contro i dipendenti pubblici. Circa 600 dipendenti del governo sono accusati di aver partecipato ad una manifestazione lo scorso 8 novembre, in cui avrebbero distribuito materiale stampato contenente critiche rispetto alle politiche del governo (per i dipendenti statali, criticare il governo è considerato reato penale in Corea). Inoltre sono in discussione nuove normative che dal prossimo anno modificheranno radicalmente le modalità di rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro. Anche se sarà possibile la presenza di sindacati diversi in uno stesso luogo di lavoro, solo ad uno di loro sarà dato il potere di negoziare; inoltre saranno abolite le rappresentanze sindacali a tempo pieno retribuite dalle stesse imprese.
Processo Ethernit
Il 10 dicembre è cominciato il processo contro la Ethernit, multinazionale dell’amianto responsabile della morte di più di 2000 persone. I vertici dell’azienda - il miliardario svizzero Stephan Schmidheiny, 62 anni, e il nobile belga Jean Louis Marie Ghislain De Cartier, 88 anni - sono accusati di disastro doloso e rimozione volontaria di cautele antinfortunistiche. La multinazionale da loro guidata gestiva in Italia quattro stabilimenti: Casale Monferrato, Rubiera, Cavagnolo e Bagnoli. Ma ha provocato per decenni migliaia di malattie e decessi in tutti i paesi in cui era presente, colpendo non solo all'interno degli stabilimenti, ma anche all’esterno; dato che per gli indumenti da lavoro non era prevista alcuna precauzione, le fibre arrivavano perfino nelle abitazioni dei lavoratori. L’attenzione sul “processo dei record” - che conta 2100 persone che intendono costituirsi parte civile e 200 mila pagine di atti raccolti finora - è alta. Ma, anche se la sentenza risultasse la più dura possibile, difficilmente sarà applicata, visto che gli imputati risultano contumaci. E sicuramente sarebbe tardiva, non potendo in alcun modo risarcire le morti causate da una produzione che già da lungo tempo si sapeva essere ad alto rischio e su cui, tuttavia, le istituzioni tutte - ligie esclusivamente al profitto - hanno preferito chiudere entrambi gli occhi.
Tom, MicBattaglia Comunista
Mensile del Partito Comunista Internazionalista, fondato nel 1945.
Battaglia Comunista #1
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